25 Aprile: festa o monito per i tempi a venire? – di M. Lorenzo

25 Aprile: festa o monito per i tempi a venire? – di M. Lorenzo

          Sono passati 75 anni da quel fatidico 25 aprile 1945, giorno in cui iniziò la liberazione dell’Italia dai repubblichini di Salò e dagli occupanti nazisti. Da allora questo giorno, giorno di Vittoria, viene ricordato per la sua forza e carica simbolica. Lo si festeggia da Nord a Sud, nonostante, nel corso degli anni, vari e disparati sono stati i tentativi di camuffarlo o cancellarlo, soprattutto ad opera dei neofascisti.

          Quel giorno cominciò la liberazione dall’oppressione e dalla dittatura, soprattutto per chi era caduto in disgrazia o era stato in tutti i sensi confinato, perché non allineato al Duce. Oggi, però, gli oppressi sono altri e sono tanti, che vengono tecnicamente espulsi, emarginati dalla società. Oppressi e resi tali perché gli viene impedita qualsiasi forma di integrazione nella propria comunità, da un despota invisibile, immateriale, quasi impossibile da immaginare: il mercato ed i suoi burattinai. Ecco, l’immagine dell’oppressore ieri era chiara, inequivocabile, impossibile da non vedersi: Benito Mussolini! Oggi, invece? Che volto ha il Nostro oppressore? Quello che non consente ai giovani di lavorare, quello che ha ridotto a camerieri, commesse, inservienti alberghieri, laureati in tutte le discipline ed anche con voti eccellenti? Ovviamente, va tutto il nostro rispetto alle categorie menzionate! Di certo, si capirà che sono state citate perché esercitate da persone che hanno studi e alte qualifiche di altro genere, completamente opposte e fortemente stridenti. Ecco, forse, il gioco s’è complicato e non siamo pronti!

          Ed ancora, proprio in questo 25 aprile atipico, che ricorre durante l’emergenza coronavirus, con tutti i suoi risvolti economici e sociali che saranno devastanti per le classi meno abbienti, proviamo a ragionare su quale può essere oggi la Liberazione, il significato più profondo della Liberazione.

          Quel giorno nel 1945 i partigiani riuscirono ad abbattere il potere nazifascista, fecero giustizia per l’oppressione perpetuata per un ventennio, fecero respirare di nuovo l’Italia ed il suo popolo.

          Si diceva degli oppressi e dei poveri, ossia di coloro che oggi sono costretti a lottare contro questo virus nelle già precarie condizioni in cui vivono: case piccole, un lavoro fatto di espedienti, situazioni familiari difficili, per la miseria. Condizioni dettate per la maggior parte da questo Governo, che a detta di molti (vox populi vox Dei) ha esagerato, ha sconfinato i limiti imposti da molti principi sacri ed intangibili, anzi che non possono essere neanche negoziabili, e non solo secondo la Nostra Carta Costituzionale, ma anche, ad una attenta lettura, della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, emanata dall’ONU nel 1948. Un’azione a cui s’è sommato il Dio mercato, impietoso, che ama ed è disponibile solo con taluni prescelti, pochissimi individui. Se dal secondo, così sfrenato e così escludente, capriccioso, non possiamo fare molto, forse, è dal primo che si aspetterebbe la difesa degli ultimi. Perché proprio da quello Stato, da quella Repubblica, nata dal sacrificio, dal sangue dei partigiani di varia colorazione e degli antifascisti tutti, e dallo stupro di molte donne. Stato e Repubblica che hanno dimenticato da tempo chi dovrebbero aiutare, chi dovrebbero includere e difendere. Si sono dimenticati dei disoccupati soprattutto, di coloro che rendono possibile alti profitti, tramite il contenimento delle remunerazioni sul mercato, che rendono possibile la stabilità dei prezzi e dunque del valore del Debito Italiano, garantendo così più potere alla Germania e, ai governanti di turno, di fare ancora più debiti, per alimentare i fasti di certe classi sociali.

          Ritroviamo, dunque, una fetta per niente piccola di popolazione italiana che si ritrova ormai paralizzata, anche fisicamente, nello stato di indigenza, di povertà ed esclusione. I poveri e gli esclusi si ritrovano in un sistema capitalistico dai prezzi alimentari e dei beni di prima necessità sempre crescenti, senza che lo Stato riesca a calmierare quelli del paniere fondamentale o a trovare contromisure adatte. I poveri, ma non solo loro, anche milioni di giovani italiani, non riescono ad uscire da quella precarietà economica e lavorativa, non hanno la possibilità di agguantare un qualsivoglia progresso personale. Ed ecco, allora, che per vivere e per mangiare, alcuni scelgono vie parallele, per lo più illegali. Senza voler incitare all’illegalità, ovviamente, non si può far altro che constatare come le mafie e le organizzazioni criminali ci sguazzino in questi stagni, quelli della precarietà e della disoccupazione, che alimentano la prostituzione femminile a buon mercato.

          In tale direzione, in questa giornata di Liberazione, non possiamo che rinnovare, oltre alla memoria ed i valori di quella lotta contro il fascismo e il nazismo, l’invito ad uno Stato più presente e più forte, contro il mercato spietato e contro le organizzazioni mafiose, che pongono muri alti, approfondiscono le disuguaglianze e creano ostacoli, tra l’individuo ed il suo progresso. Proprio quegli ostacoli che dovrebbero essere rimossi dalla Repubblica e le sue istituzioni, come recita l’articolo 3 della Carta fondamentale. Durante la guerra furono i partigiani ad essere in prima linea contro il nemico, oggi, invece, abbiamo eroi in camice verde, mascherina e guanti, da una parte e dall’altra chi beve alcool per dimenticare il proprio stato di disoccupazione ed un orizzonte sempre più buio. Più in generale, non meno eroici però potremo considerare, finita questa crisi, anche tutti coloro che affrontano l’odierno mondo contemporaneo sulla soglia della sopravvivenza.

Dietro ogni articolo della Carta Costituzionale stanno centinaia di giovani morti nella Resistenza. Quindi la Repubblica è una conquista nostra e dobbiamo difenderla, costi quel che costi.” Sandro Pertini

Massimiliano Lorenzo

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