Il mondo social tra formazione, informazione e disinformazione

Il mondo social tra formazione, informazione e disinformazione

          Cosa si intente per agenzia formativa? È quel sistema che una società mette a disposizione di ciascun membro di una comunità, fornendo gli strumenti indispensabili affinché esso possa interagire e integrarsi con gli altri. Un processo che si realizza, pertanto, soprattutto nella famiglia e nella scuola, ma un contributo importante formativo lo forniscono anche un gruppo, una comunità, i mass-media, gli ambienti lavorativi, le associazioni, le istituzioni locali, che nel comlesso costituiscono un ampio sistema formativo, una rete di interventi sulla crescita e lo sviluppo dell’individuo.

         Tali agenzie, affinché il processo si realizzi in maniera efficace e organica, dovrebbero essere interconnesse tra loro, mescolando in un certo senso le proprie proposte formative, ma con un minimo comun denominatore che non crei disordine e confusione nel fruitore. In poche parole, dovrebbero parlare la stessa lingua, avere alla base gli stessi principi fondamentali, da sviluppare con modalità e strumenti differenti, inerenti i propri campi di interesse. Senza entrare nel merito di come, e se, questo avvenga per le agenzie formative tradizionali, proviamo a chiederci se, al momento attuale, tra queste agenzie sia lecito inserire anche i cosiddetti social media, quelle piattaforme digitali che, di fatto, danno voce a tutti, consentendo a ciascun fruitore di esserne anche produttore.

        Un utente di una qualsiasi piattaforma che viaggia in rete può infatti usufruire dei suoi contenuti, sotto forma di link a siti web, fotografie, contenuti informativi e, soprattutto, inserirne di propri, che siano i cosiddetti “post”, ovvero messaggi inviati, o “commenti” a post di altri utenti. Può in questo senso un social media essere definito come agenzia di formazione? In realtà sì, se si pensa che un post può essere inserito da una qualsiasi testata giornalistica che faccia informazione, da un’istituzione formativa per antonomasia, quale una scuola, un ente formativo o quant’altro, o dalle stesse istituzioni governative. Quindi può essere un luogo di informazione, con il rischio, tuttavia, non molto remoto, che diventi anche di disinformazione se non utilizzato correttamente, o se il fruitore non possiede tutti gli strumenti necessari per applicare i filtri opportuni utili a distinguere cosa è formazione e informazione, da cosa invece è disinformazione.

        Giusto per fare un esempio semplice e recente, alla notizia della morte del Presidente Emerito della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, diffusa da tutti i canali di informazione e dagli stessi social media, sono stati affiancati dei post, divenuti “virali”, come si usa dire per intendere che sono stati rimbalzati e condivisi da una grande quantità di utenti, secondo il quale gli eredi del defunto Presidente avrebbero continuato a percepire un vitalizio di 98mila euro per sette generazioni. Informazione, questa, che ha scatenato una miriade di commenti negativi da parte di chi ha difficoltà a sbarcare il lunario, mese per mese, ma anche da innumerevoli utenti, diciamo così, medi. In realtà, si tratta di una cosiddetta “bufala”, o “fake news”, ovvero notizia totalmente falsa, completamente inventata. Senza entrare nel merito della questione, sarebbe bastato eseguire un rapido controllo su un qualsiasi motore di ricerca per verificarne l’infondatezza, ma l’utente che reagisce “di pancia” ha pensato bene di prenderla per buona, senza verificarla, per “buttare” nei commenti astio e risentimento nei confronti di un presunto privilegio che appare già di suo abnorme e poco verosimile.

         Questo semplice esempio dimostra come il grande potere formativo che la rete mette a disposizione anche attraverso i social media è facilmente “corruttibile” da un uso superficiale dello stesso. La presenza dei cosiddetti “haters”, ovvero odiatori, o di “troll”, utenti anonimi che intralciano la discussione inserendo contenuti provocatori, contribuisce alla diffusione di commenti personali, spesso privi di fondamento, basati sul sentito dire o sulla falsa percezione di un argomento. Il grande potere formativo che può avere una piattaforma democratica, nel senso che pone tutti allo stesso livello nella comunicazione, viene vanificato nel momento in cui veicola un’informazione errata, distorta o strumentalizzata.

        Se le agenzie tradizionali hanno una propria struttura tale da essere sottoposte a un controllo dettato da regole deontologiche, i social media, allo stato attuale, sembrano sfuggire a tale verifica. Anche i cosiddetti algoritmi di controllo, basati sempre più sull’intelligenza artificiale, di cui oggi tanto si parla ma che affonda le sue origini nella nascita stessa dell’informatica, spesso creano blocchi fasulli, facilmente aggirabili da chi intenda artatamente manipolare le informazioni. A volte è sufficiente un asterisco messo qua e là per consentire il passaggio di un contenuto verbalmente violento, mentre una fotografia di un tramonto in cui predomini un colore assimilabile a quello della pelle umana può essere censurata perché erroneamente classificata come “pornografica”. Oppure l’invio di segnalazioni a raffica nei confronti di un post o di un profilo possono determinarne il blocco da parte di un sistema automatico che non entra nel merito.

        Come fare, dunque, affinché un potente strumento di formazione non si trasformi in uno di disinformazione? Evidentemente non c’è una ricetta pronta, un tutorial da condividere in rete o un classico libretto delle istruzioni. Girando in rete alla ricerca di qualcosa che possa suggerire una sorta di linea guida da seguire in questo difficile ma stimolante percorso dell’apprendimento continuo, ci siamo imbattuti in un famoso aforismo del pensatore orientale Confucio: “imparare senza riflettere significa sprecare energia”, che ci invita a usare il nostro senso critico, nell’apprendere in particolare, e nell’affrontare la vita quotidiana più in generale. Siamo esseri pensanti e forse, a volte, lo dimentichiamo. Teniamolo bene a mente…

Matteo Gentile

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