Trovarsi in classe la mattina e vedere entrare i bambini con un gli occhi sorridenti è davvero un buon inizio di giornata. Sentirsi dire “Buongiorno maestra!” accompagnato da… un bel sorriso sdentato mi mette allegria e mi fa cominciare con il piede giusto. Magari strada facendo i sorrisi si perdono, ma è più facile che si moltiplichino dato che i bambini colgono più degli adulti gli aspetti ironici della realtà e non trattengono la propria ilarità. A volte è sufficiente uno scivolone, come lo “scoppio” dell’inchiostro di una penna o uno strano verso per rompere l’incantesimo del silenzio appena conquistato.
“Ragazzi mi dite che cosa significa snitchare?” Rivolgo questa domanda ai mieli allievi di terza media, mentre durante l’ora di italiano leggiamo il libro di narrativa “La guerra dei like” di Alessia Cruciani (Piemme). Sento una risatina, un’ombra di stupore si disegna per un attimo sui loro volti. “Significa rivelare un segreto prof!” “Ah! Grazie ragazzi, era difficile da comprendere” commento prima di riprendere la lettura.
Il rientro a scuola, dopo le vacanze natalizie, nonostante le restrizioni è come lo avevo immaginato! I bambini sono arrivati euforici e incontenibili con tanta voglia di raccontare a tutti i costi aneddoti riguardanti le loro giornate di festività trascorse con parenti e amici, tra tombolate e cenoni, ma soprattutto con una grande voglia di descrivere i regali ricevuti da Babbo Natale e dalla Befana.
È tempo d’autunno, tempo di riflessioni, tempo di semina. L’idea della semina mi fa superare la visione nostalgica di questa stagione e mi rimanda ad un’immagine di speranza e di possibilità dove i semi diventano parole e le parole si fanno seme. Come il seme, se curato, cresce e ci regala il suo frutto, così le Parole, se coltivate, danno vita a storie coinvolgenti, sono fonte di bellezza, di poesia, di nutrimento per l’anima. Nutrimento che può essere leggero e divertente, per questo non posso fare a meno di parlare dei “Giochi di parole” che tanto mi appassionano e che spesso adopero nell’insegnamento della Lingua italiana.
Da poco più di un mese la Scuola ha aperto i suoi spazi vedendo alunni e tutto il personale scolastico, dai docenti, agli impiegati a vario titolo, tutti impegnati in un rientro alquanto entusiasmante, sebbene si presenti complesso e delicato. Ciò dovuto ad una certa confusione per le tante lezioni dello scorso anno tra modalità in presenza e modalità a distanza, che inevitabilmente, ha lasciato uno strascico importante.
L’esame di Stato, che vede in questi giorni impegnati ancora tanti ragazzi, rimane un momento di verifica importante nel processo di crescita e di formazione. Vissuto con stati d’animo diversi, si cristallizzerà per tutti in un ricordo che continuerà a riemergere nel tempo. Così, da docente che ha ricoperto più volte l’incarico di commissaria interna, lasciata da poco la scuola, ritorno con la narrazione a “rivivere” una giornata di esami con una mia classe…
Con gli Esami di Stato e di laurea, nella sessione estiva, molti saranno i giovani che affronteranno per la prima volta il gran problema del cercare lavoro. E così continuano gli esami, perché ancora una volta tutto dipenderà da questi e ovviamente dalle capacità di affrontarli, in termini di volontà e determinazione. Ma come affrontare questa prova? Questa, che potrebbe essere considerata la prova delle prove?
Il più delle volte, nella Scuola, il tempo da dedicare alle materie artistiche viene assorbito da quelle ritenute più importanti come l’italiano o la matematica. E nonostante l’Arte, insieme alla musica e al teatro, giochi un ruolo essenziale come strumento trasversale per tutte le discipline, è ancora relegata a una funzione piuttosto marginale.
La Scuola dove insegno da molti anni, ha la fortuna di avere un giardino che è situato proprio fuori dalla mia aula. Al centro troneggia, fiero, un albero di falso pepe che è lì da sempre, pronto a scandire il tempo delle stagioni e degli anni che passano. É un albero generoso, regala la sua ombra per tutta la mattinata e i suoi lunghi rami sembrano accogliere i bambini quando gli corrono incontro.
Maestra, ti posso portare a casa? È la domanda che Sofia, una mia alunna di sette anni, mi ha rivolto l’ultimo giorno prima di una delle tante chiusure della scuola poiché, abituata ad abbracciarmi e ad essere coccolata, non accettava l’idea di “stare ancora lontana dalla maestra e dai compagni”. Ed è sempre lei che, insieme ad un gruppo di bambini, continua ad indossare il grembiule anche durante la DaD nel tentativo di ricreare l’ambiente scolastico anche a distanza e, si sa, che attraverso uno schermo è davvero difficile!
È iniziato con la prima seduta di ieri il percorso del nuovo Senato Accademico dell’Università del Salento, composto dagli eletti nella tornata dello scorso ottobre.
Anche nel contesto della pandemia mondiale, gli universitari non dimenticano cosa significhi per tutti gli studenti il 17 novembre.
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03 Marzo 2024Esiste in ambito sociologico e antropologico un numero, detto di Dumbar, con cui viene teorizzata le quantità di persone con le quali un individuo è in grado di mantenere relazioni sociali stabili. Questo numero fu introdotto per la prima volta dall’antropologo inglese Dumbar, da cui prende il nome, e ha un fondamento legato principalmente alle dimensioni fisiche dell’encefalo dei primati sui quali il ricercatore eseguì i propri studi. Il numero di Dunbar oscilla da 100 a 250, e si tende a considerare mediamente che 150 siano le relazioni nelle quali un individuo possa conoscere l'identità di ciascuna persona con cui interagisce attivamente e con le quali sia in grado di relazionarsi con cognizione di causa. Non semplici conoscenti, quindi, ma soprattutto persone che formano una vera e propria rete sociale.
20 Settembre 2023