Gli anni d’oro della musica italiana, soprattutto quelli legati agli anni ’60, sembrano scomparire nell’ultimo decennio del secolo scorso. Eppure, molti fra i trentenni, oggi, quando pensano agli anni ’90, provano un senso di nostalgia. E questo perché sovente a quell’età non si ha una visione d’insieme della storia, ma si rimane legati ai fatti del proprio tempo, senza inserirlo nei processi più importanti e lunghi, e dunque senza grandi distinguo. Una circostanza, questa, legata alla complessità, alla crescita e al cambiamento molto rapido della nostra società. Una società, che richiede un’età più avanzata per lo sviluppo di una consapevolezza più o meno compiuta.
Gli anni ’90 sono gli anni della musica pop, che, quasi dimentica, il passato da cui viene, ossia quello della canzone cantautorale, madre della canzone moderna italiana. Così molti artisti, sebbene cantautori e quindi autori ed interpreti dei propri brani, vengono considerati autori pop. Non vogliamo star qui a discutere sull’origine della parola “pop” che, generalmente sta per popular music: musica popolare intesa non tanto come tradizione folkloristica, quanto musica vicina al popolo. I nostri anni ’90 ci raccontano una canzone fatta di “slang”, di refrain, di ritmi che dopo 30 anni sono ancora qui, tra noi.
Un esempio lampante della musica pop degli anni ’90 sono gli indimenticabili 883: ritmici nelle strofe, immediati nel linguaggio, frasi brevi, spezzate, appunto, slang di vari generi, sono il mix giusto che arriva direttamente alla “pancia” dei più giovani, che cantano le loro canzoni. Da “Hanno ucciso l’uomo ragno” ai sempreverdi “Gli anni”, del 1998, gli 883, in special modo, hanno saputo cogliere il mutamento in corso e trasfuso la melodia del pop nella canzone italiana.
Non di meno è Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti: mutuato dal genere hip hop e dalla sua esperienza di dj -come canterà poi in Gente della notte- Jovanotti è figlio della world music. Nei suoi brani troviamo, infatti, sia richiami allo stesso hip hop che al funky, ma anche alla musica afro, come si può ascoltare in L’albero, album del 1997. Jovanotti è positivo, immediato, non risparmia di esprimere posizioni ferme e il proprio giudizio circa la sua società e tutto quello che lo circonda. Un eterno ragazzo fortunato, in grado di raccontare non solo la realtà italiana, ma quella dell’intero mondo.
E proprio dalla musica mondiale e transoceanica, a questo punto, prende spunto il famigerato pop italiano: molti artisti del nostro Bel Paese, infatti, riscuotono successo anche all’estero. Ne sono un esempio Andrea Bocelli, Eros Ramazzotti, Luciano Pavarotti, Gianmaria Testa, Franco Simone. Artisti italiani, ma di fatto protagonisti di un mondo orami senza frontiere.
Anche le case discografiche italiane insieme ai loro esponenti, come quelle già citate nei precedenti articoli qui pubblicati, tra cui la Nanni Ricordi, tramontano, lasciando spazio a case discografiche straniere, che le inglobano, incorporandole.
Davvero, quindi, con l’avvento del 1990 e del pop, e per tutto il decennio, l’Italia perde contezza della musica cantautorale? Parrebbe davvero eccessivo ciò, giacché veniamo da una lunga tradizione musicale e stilistica e i cantautori restano nella memoria e nella voce di molti di noi. È opportuno, inoltre, sottolineare, che il cantautorato non tramonta affatto: Lucio Dalla (con Attenti al lupo del 1990), Francesco De Gregori, Fabrizio De André, Francesco Guccini permangono e continuano il loro percorso in questo decennio ed è lapalissiano scrivere che rappresentano uno zoccolo duro nella nostra storia della musica. In altre parole, la musica cantautorale, in questi anni, viene affiancata, prima e poi contaminata dalla musica pop e derivazioni
Gli anni ’90 sono padri di grandi album, dove l’album stesso inizia a non essere un consumo così ovvio nel mercato musicale: sono gli anni in cui internet e l’informatica in genere prendono piede. Questo porta ad una prassi di consumo musicale diverso dal passato, a tal punto che, la possibilità di gestire facilmente l’ascolto, fa identificare l’artista non con l’album, quanto con il singolo brano da lui eseguito. Sono gli anni in cui si prendono posizioni fermissime su chi segue Vasco e chi segue Luciano Ligabue. Proprio quest’ultimo avrà la sua consacrazione nel 1995 con Buon compleanno Elvis! da cui emerge chiara l’influenza rock nei “soliti tre accordi” (come dirà ironicamente lui stesso, il cantante emiliano).
Almeno credo -direbbe Ligabue, per citare un brano del suo album Miss mondo (1999) - che gli anni ’90 rappresentino, tutto sommato, uno spaccato significativo nella storia della musica italiana, probabilmente il vero trampolino di lancio verso un millennio nuovo. O forse, per altro verso, sono àncora di salvataggio verso la nostalgia musicale degli anni passati. Ad ogni modo, sta di fatto che di questa decennio si potrebbe dire tantissimo perché tanti sono stati i suoi interpreti e, ancora di più, sono i nostalgici…ma la musica è matura e pronta a percorrere nuove strade e nuove sperimentazioni, nuovi ed inusitati scenari. La musica, in definitiva, è pronta al nuovo millennio, gestato in pieno proprio negli anni ’90.
Francesca Greco