Il concerto di Max Pezzali, denominato 3.0, quasi a indicare una nuova “versione” del popolare artista, comincia “a palla”, con uno dei primi e maggiori successi di quando il cantautore era uno degli 883: “Sei un mito”. E il pubblico, dalle età più disparate, va in visibilio. Il Palaflorio di Bari accoglie Max Pezzali con un doppio “tutto esaurito”, nelle due serate del 9 e 10 maggio, quando non si è ancora spenta l’eco della grande festa di san Nicola.
Ed è una grande festa di musica quella che va in scena sul palco, nel parterre e sulle gradinate di un Palazzetto dello Sport che, seppure non abbia un’acustica ottimale per gli eventi musicali, si riempie di suoni, colori ed emozioni che partono a mille. Il gigantesco ledwall, maxischermo tecnologico di ultima generazione, assume in partenza l’aspetto del cruscotto di un’automobile, una sorta di DeLoeran, attraverso la quale Max Pezzali e la sua band conducono il pubblico in un vero e proprio viaggio nel tempo e nelle emozioni. E’ sorprendente, ma non troppo, vedere come l’età anagrafica dei presenti si azzeri mentre scorrono note e immagini che viaggiano dagli anni ’80 a oggi attraverso i grandi successi che tutti cantano a squarciagola, sfidando la serata un po’ umida ma ad alto contenuto di adrenalina.
Un concerto dei grandi successi, insomma, tra ballate d’amore, discomusic, rap e brani che fanno l’occhiolino agli eroi di fumetti non solo della Marvel, dal mitico Uomo Ragno che hanno ucciso ma che attraverso il brano ormai immortale di Max risorge dalle ceneri ogni volta come l’araba fenice. Con la sua metrica molto personale Max Pezzali racconta avventure e disavventure di generazioni diverse, ma che vivono le stesse emozioni e gli stessi sentimenti in maniera del tutto simile. L’appuntamento al bar, le corse in motorino, le scorribande in autostrada alla ricerca di un autogrill aperto, gli amori che nascono e quelli che muoiono, le grandi delusioni e le gioie immense, tutto va “così come deve andare”.
C’è spazio anche per la commozione quando vanno le note de “Gli anni”, brano che già nel 1996 era nostalgico, e lo è oggi ancora di più, con le immagini di Max bambino e ragazzo che scorrono e che cantano con lui il ritornello, animate dai moderni software di animazione. Sono gli anni del “tranquillo siam qui noi”, dell’affidarsi a chi ti stava vicino e che continua a vivere nei pensieri e nei ricordi. Nel tempo della cosiddetta Friendzone, Max ricorda come in tempi non sospetti si parlava già della “Regola dell’amico”, di quella per cui “se sei amico di una donna non ci combinerai mai niente”, o della “Dura legge del gol” che sembra premonitrice dell’attuale VAR, la tecnologia che strozza in gola l’urlo di gioia quando sembrava di avercela fatta, o al contrario ti esalta quando invece credevi di non farcela più. Il concerto è tutto un susseguirsi di sensazioni che difficilmente possono passare attraverso le parole scritte, e l’immagine del pubblico che, grazie alla moderna tecnologia, accende gli spalti con migliaia di luci ad accompagnare le ballate d’amore più famose, quelle che hanno riportato i lenti in discoteca, quali “Come mai” o “Nessun rimpianto”, richiama immagini d’altri tempi, pur essendo tremendamente moderna.
Perché ...anche se i tempi sembrano cambiare, in realtà le emozioni non cambiano mai. Bisogna soltanto saperle riconoscere, accoglierle, e tirarle fuori senza paura di cadere nella retorica. Che poi, a volte, non è che faccia poi così male, la retorica delle belle emozioni.
Matteo Gentile