Ottobre è il mese dei ritorni definitivi nei luoghi urbani: così il “tema” di questo mese del Nostro giornale ci induce a riflettere sul tempo della vita cittadina e il suo rapporto con la natura. La città addomestica la natura. La rende abitabile, adatta alla vita dell’uomo, più rispondente ai suoi bisogni, alle sue comodità. La natura permane sotto di essa, in modo selvatico, come dimostrano, le erbacce che si insinuano tra la ghiaia e le lastre dei giardini o le più devastanti radici degli alberi che affondano sotto la pavimentazione dei marciapiedi fino a sollevarli creando piccoli dossi che ostacolano le passeggiate di noi cittadini, soprattutto quando sono mal progettati e inseriti al centro del marciapiede.
Questa “diatriba” tra mattone e natura è una caratteristica che ha sempre accompagnato la storia delle città, che infatti possiamo leggere come un percorso di continue trasformazioni nel tempo e nello spazio.
Quello che è del tutto nuovo in questa fase storica è il ritmo incalzante delle trasformazioni e l’emergere di nuovi bisogni, come quello di proteggersi dagli effetti dei cambiamenti climatici nelle città: l’inquinamento atmosferico, le inondazioni seguite dalle piogge intense, la diminuzione della biodiversità, le isole di calore, ossia un clima più caldo all’interno delle aree cittadine.
Per rispondere a questi bisogni è nato il movimento dei “tetti verdi” diffuso in tutto il mondo soprattutto negli ultimi anni tanto che alcune città li hanno messi al centro dei loro piani di sostenibilità. I “tetti verdi” contribuiscono all’abbattimento delle polveri sottili e degli inquinanti nelle zone urbane e riducono gli effetti delle ondate di calore e dei nubifragi attraverso l’assorbimento dal 50 al 90% di acqua piovana, regolandone il deflusso nel sistema idrico cittadino. Inoltre sono aree di compensazione ecologica che trasformano deserti di cemento in oasi verdi.
Tra le primissime esperienze di tetti giardino ricordIAMO la copertura del Parlamento a Canberra che risale al 1988; di grande effetto anche il Prefectural International Hall a “Fukuoka” in Giappone: è un tetto terrazzato che raggiunge un’altezza di circa 60 metri con circa 35.000 piante e l’Academy of Science in California, disegnata dal famoso architetto genovese Renzo Piano nel 2008, un edificio che ruota attorno a una corte centrale su cui si estende un parco di più di 35.000 metri quadri con 1.700.000 piante endemiche.
Più recentemente anche in Italia troviamo esempi di questo genere. A Milano l’abbondanza di “tetti verdi” è stata una cifra architettonica dell’EXPO del 2015: un vero tripudio di prati e piante sulle coperture dei padiglioni, attenzione che si è protratta con l’ideazione del piano comunale del Governo del Territorio per il 2030. A Bolzano, in occasione della ristrutturazione del tetto della fiera, è stato realizzato il primo 'tetto verde' con le api di tutta Bolzano Sud. Sul tetto ampio 500 metri quadri è stata posta una vegetazione favorevole con tre fonti d’acqua e circa 5 tonnellate di mattoni, tegole e legno di scarto che le api selvatiche possono usare come materiale per i loro nidi. Le aree verdi, infatti, sono anche habitat per uccelli, piccoli animali e insetti, che favoriscono quindi la biodiversità. Per non parlare dei benefici delle verdure coltivate a casa e al valore ricreativo del giardinaggio.
A Torino è stato da poco inaugurato l’incantevole giardino pensile, lungo la pista di collaudo in cima all’ex stabilimento ristrutturato da Renzo Piano. Si tratta dell'area pensile più grande d'Europa, un vero e proprio polmone verde in città, fra poco tempo accessibile a tutti i cittadini. E ancora, gli spazi verdi posizionati in punti strategici sulle strade, possono favorire una guida più lenta senza contare che strade più verdi stimolano le persone a camminare o ad andare in bicicletta, abitudini che giovano alla salute e all’ambiente. E non ultimo, di fronte alla pandemia appare quanto mai necessario puntare a una rigenerazione urbana, poiché oltre a esserci una presunta relazione fra l’inquinamento ambientale e la diffusione del virus, aumentare gli spazi verdi potrebbe essere una strategia per migliorare la salute pubblica.
Lo sviluppo globale che ha portato ricchezza, ma anche conseguenze insostenibili dal punto di vista sociale e ambientale segnando il volto delle città, comincia a ripensare a se stesso a partire dal riequilibrio dell’ecosistema. Tutti noi cittadini possiamo anticipare il futuro nel presente ricreando una personale “alleanza” con la natura, affrontando con consapevolezza la transitorietà dei cambiamenti, a volte anche con piccole azioni quotidiane come, ad esempio, coltivando i funghi in casa, facendo ben attenzione a scegliere un posto non esposto al sole come un garage o una cantina. Ci riappropriamo così del ritmo lento e naturale di antiche tradizioni lasciandoci ispirare dal tempo autunnale. . .
Pamela Serafino