La scorsa domenica 24 ottobre si è svolto a Misano Adriatico, in provincia di Rimini, il Gran Premio Nolan del “Made in Italy” e dell'Emilia-Romagna e per Valentino Rossi, il pilota in sella alla Yamaha Petronas, è stata l’ultima gara corsa in Italia prima del suo ritiro definitivo.
Per questa occasione, ho preso in prestito il titolo del famoso documentario in onda su Netflix che narra dei retroscena dell’ultimo Campionato di Basket in NBA vinto dai Chicago Bulls, guidati in campo dalla “leggenda” Michael Jordan nel giugno del 1998, per scrivere del motociclista nativo di Tavullia che ha, da tempo, reso nota la volontà di smettere di gareggiare al termine di questa stagione sportiva che si concluderà il 14 novembre prossimo nel circuito di “Valencia” in Spagna.
A 42 anni compiuti nello scorso febbraio, infatti, il pilota 9 volte campione del mondo ha deciso di dire basta. Una decisione presa a malincuore conoscendo la passione e l’amore per questo sport di Valentino, come i tifosi chiamano, quasi fosse un loro parente. Perché in fondo lui un nostro parente lo è davvero! Lui che con il suo numero 46 giallo è entrato nelle case dei tifosi italiani nel 1996, nel suo esordio nella classe 125, la competizione per moto con un motore di 125 cavalli, ed è cresciuto davanti ed insieme a noi, diventando parte della nostra cultura sportiva e non solo. Da lì in poi un’escalation di podi e di vittorie hanno contribuito a farlo entrare nel cuore di tutti gli appassionati.
Lui che ha il cognome italiano più comune di tutti, Rossi, è riuscito a farsi notare fino a diventare unico. Perché a quel cognome comune, quasi piatto, neutro, ha saputo aggiungere Valentino con tutte le sue sfumature, che giocando col cognome, al rosso, si abbinano molto bene. Anche se il suo colore preferito è stato il giallo in assoluto.
Dici Valentino e pensi al giallo, con buona pace di quell’altro Valentino, lo stilista che del rosso ha fatto un marchio di stile. In realtà, sono pochi gli uomini di sport capaci di farsi ricordare in questa maniera ed entrare così prepotentemente nell’immaginario collettivo come lo dimostrano le canzoni a lui dedicate e gli innumerevoli gadget che riportano il suo numero.
È un destino riservato solo a pochi quello di diventare più grandi anche del loro sport stesso. Al termine del Gran Premio di domenica infatti, quasi a nessuno importava di chi avesse vinto perché la marea gialla che caratterizza il tifo per il pilota italiano, ha invaso d’affetto e riconoscenza il proprio beniamino, omaggiandolo di un tributo che esula dallo sport e dalla corsa stessa e confluendo nell’epica.
Una volta il cantautore romano Lorenzo Cherubini, più comunemente noto come Jovanotti, parlando di Pippo Baudo disse che era così famoso e amato dalla gente da essere ormai un sostantivo da leggere tutto intero. Ebbene si potrebbe dire lo stesso di Valentino Rossi. Un riconoscimento che i tifosi gli hanno riservato già nel pieno della sua carriera quando il 46 giallo era stampato sulle moto e sugli scooter di tutto il mondo. Perché VR46, utilizzando l’acronimo che lo contraddistingue in corsa, è un campione conosciuto in ogni latitudine ma che non ha mai dimenticato la sua Tavullia. La cittadina marchigiana infatti è la sede del suo fan club storico che lo ha seguito in ogni circuito in cui la sua moto gareggiasse. E da Tavullia vengono anche i suoi amici, Uccio uno tra tutti, sempre presente ai box e parte dello staff personale del pilota, a testimonianza che l’uomo Valentino non si è allontanato mai dal motociclista.
Valentino è stato anche l’ultimo grande campione dello sport che abbiamo potuto ammirare in Tv. Non possono essere citati i calciatori Messi e Cristiano Ronaldo perché il calcio è da sempre appannaggio dei network televisivi a pagamento. Il motociclismo infatti, era fino a pochi anni fa trasmesso esclusivamente dalla Tv generalista e, chiunque sia della mia generazione dei trentenni, la domenica pomeriggio è cresciuto con i sorpassi e le impennate di Valentino Rossi.
Sono tante le immagini, infatti, che ci porteremo al termine di questi 25 anni di carriera. È davvero impossibile sceglierne qualcuna, tra i sorpassi all’ultima curva che hanno deciso le sorti del Motomondiale ai danni dei suoi rivali, come quello allo spagnolo Gibernau sul circuito iberico di Jerez de la Frontera nel 2005 o un altro sul pilota americano Stoner nella pista di Laguna Seca nel 2008, fino alle rivalità storiche con Max Biagi e Loris Capirossi e più recentemente con Jorge Lorenzo e Marc Marquez.
Dimostrazione di un talento mai in discussione e di quel pizzico di follia che nello sport più che in ogni altro ambito della vita, distingue il campione dal professionista.
E campione Valentino lo è davvero, e non per le vittorie, quelle parlano da sole, ma anche per come ha affrontato forse il punto più basso della sua carriera quando il 23 ottobre 2011 nella pista di Sepang in Malesia, ha centrato in pieno il capo dello sfortunato collega e amico Marco Simoncelli già disteso per strada privo di vita.
Uno snodo emotivo di una carriera che sembrava già sul punto del tramonto ma da cui invece ha saputo rialzarsi, riuscendo a lottare ancora per una volta, l’ultima, per il decimo titolo nel 2015. Un titolo che però gli è sfuggito proprio all’ultima gara, e non senza polemiche, in favore del talento spagnolo Jorge Lorenzo.
Quella stagione fu suo malgrado l’ultimo canto del cigno del più grande talento della storia recente del motociclismo, e forse anche il più grande in assoluto per questo sport. Da allora infatti, l’avanzare della nuova generazione di piloti ha contribuito lentamente ma in modo inesorabile, ad allontanarlo dal podio del Motomondiale.
Fino ad arrivare a domenica, all’ultima gara italiana di Valentino Rossi, per tutti semplicemente “il dottore”.