“Ragazzi mi dite che cosa significa snitchare?” Rivolgo questa domanda ai mieli allievi di terza media, mentre durante l’ora di italiano leggiamo il libro di narrativa “La guerra dei like” di Alessia Cruciani (Piemme). Sento una risatina, un’ombra di stupore si disegna per un attimo sui loro volti. “Significa rivelare un segreto prof!” “Ah! Grazie ragazzi, era difficile da comprendere” commento prima di riprendere la lettura.
Durante le lezioni lo faccio spesso, chiedo loro di spiegarmi il significato di alcune parole, cerco di essere coinvolta nel loro mondo senza criticarlo e ho bisogno del loro aiuto, perché tutto cambia molto rapidamente e costantemente nell’era digitale.
Anche il linguaggio dei “figli di Internet” che è sinonimo del loro modo di essere, segue questo ritmo frenetico. La comunicazione degli adolescenti è influenzata dalle tendenze che diventano virali nelle reti. Utilizzano un linguaggio che a noi adulti è del tutto estraneo ma che forse come educatori è opportuno non ignorare. Perché ogni linguaggio non è mai neutrale: nasconde una narrazione e la narrazione è fatta di parole che formano l’identità dei soggetti, proprio di quei soggetti come i figli e gli alunni che desideriamo conoscere.
Con loro non a caso ho scelto di leggere il romanzo “La guerra dei like” che sin dal titolo riproduce una parola chiave del mondo giovanile e dei social, Instagram ne è un esempio, che rendono possibile l’associazione di un’immagine all’identità. Il commento positivo degli altri a tale immagine, espresso attraverso il like, (ossia: mi piace), definisce il valore di un soggetto.
Per un adulto ignorare il significato della parola like significa estromettere un universo relazionale in cui il giovane si riconosce, si confronta e cresce. Infatti, su Instagram, attraverso le immagini, i ragazzi narrano la loro storia, l’idea che hanno di sé, imitano gli altri, si fanno notare, proseguono conversazioni che hanno avuto incontrandosi nella realtà. Nella loro vita realtà e virtuale si fondono, al punto che non è possibile delinearne nettamente i confini.
Le loro modalità espressive sono molto sintetiche perché fanno riferimento ad un contesto semantico, quello virtuale, che noi ignoriamo ma che loro intuiscono immediatamente. Esse sono sintetiche in quanto riproducono la tendenza espressiva culturale di canali comunicativi come le canzoni giovanili, le video clip, i giochi online e la comunicazione mediata dal computer da cui deriva l’uso di abbreviare segmenti di parole o parole intere (xché: invece di perché) – (dgt: per da dove digiti?) o di aggiungere faccine (emoticons).
Sapete ad esempio che cosa vuol dire la parola “cringe”? Per la prima volta io l’ho sentita pronunciare da mia figlia che ha 12 anni, e lei stessa me ne ha svelato il significato: letteralmente significa “imbarazzante”. Questa espressione è molto usata dai giovani, il cui successo è dovuto principalmente al web. Il termine è infatti utilizzato dai più giovani per commentare video e immagini imbarazzanti da quando, tra il 2015 e il 2016, sono diventati molto noti alcuni video intitolati “Try not to cringe” - letteralmente “prova a non cringiare” - che mostrano scene ridicole e imbarazzanti. Su Tik Tok, all’hashtag #cringe sono associate 6,5 miliardi di visualizzazioni, su Instagram 23,3 milioni.
In questo contesto di impoverimento lessicale nel mondo degli adolescenti appare chiaro come l’uso del linguaggio corporale acquisti maggiore rilevanza, quando le parole sono scarse. Infatti, quando comunicano tra loro, i ragazzi usano solitamente saluti, gesti e espressioni facciali per trasmettere il loro messaggio all’interlocutore, senza la necessità di parlare o scrivere. Ad esempio, quando i giovani si salutano “si danno il cinque” battendo i palmi delle mani in varie maniere, non dicono buongiorno o buonasera, ma: salve, hi! o ciao che apre le email ed anche le conversazioni telefoniche.
Per chi volesse conoscere l’universo del linguaggio giovanile proporrei la lettura del libro-glossario “Bella ci. Piccolo glossario di una lingua sbalconata!” a cura degli studenti di “Scienze della Comunicazione, Informazione, Marketing” dell’Università LUMSA di Roma che raccoglie e definisce parole, locuzioni e modi di dire del linguaggio giovanile corrente, una fonte di prima mano per conoscere meglio modelli di riferimento condivisi, mode e gusti (la musica, la rete, i social media, la tv, la pubblicità, i videogiochi) delle classi generazionali più giovani, anche se il vero campo di battaglia restano sempre il nostro ascolto e la nostra volontà di comprendere il modo in cui gli adolescenti si raccontano.
Queste alcune parole più ricorrenti nel linguaggio giovanile riportate nel glossario "Bella ci! Piccolo glossario di una lingua sbalconata"
ACCHITTARSI: vestirsi in maniera elegante
A PALLA DE FOCO: Velocemente
CEPPA: Brutto
CHARMARE: Incantare, affascinare
FAILARE: sbagliare
FLAMMARE: litigare animosamente tramite messaggi
LOVVARE: amare
MA CHE NE SANNO I 2000: espressione adottata per indicare l'ignoranza di coloro nati nel XXI secolo
RINCO: imbecille
SCIALLA: tranquillo
STARE SOTTO UN TRENO: essere distrutto fisicamente e/o psicologicamente ("Da quando ti ha lasciato stai sotto un treno")
Pamela Serafino