È una riflessione che mai è stata abbandonata nel mondo sindacale, quella sulla forma dell’organizzazione dei lavoratori e del rapporto che questa ha con l’azienda.
Sempre più spesso, però, si registrano spaccature e fuoriuscite dai più grandi, e datati, sindacati italiani. Quella in corso in questi giorni, una centinaia di lavoratori che passano da Cgil a Usb, è solo uno dei casi.
E tale “operazione” pare oramai necessaria per quei lavoratori che non più si sentono difesi dalla propria organizzazione o, peggio, questa palesemente si prostra al proprietario di turno.
Forse è proprio questo ciò che avranno pensato i lavoratori della logistica laziale, che stanno lasciando la Filt-Cgil per passare con l’Unione Sindacale di Base, ma a circoscrivere più dettagliatamente quanto sta avvenendo è una nota ufficiale fatta circolare nelle scorse ore da Usb:
“All’origine di questo terremoto, l’accordo che Amazon e Assoespressi cercano di imporre ai driver, introducendo la domenica lavorativa e l’allungamento del nastro giornaliero di lavoro. Accordo che le segreterie laziali di Cgil, Cisl e Uil sono pronte a firmare, nonostante l’evidente peggioramento che si aggiunge all’aumento delle ore di lavoro da 39 a 44 previsto nel rinnovo del CCNL della logistica (le cui trattative sono già iniziate), proprio in un settore in cui si stanno facendo profitti a palate grazie alla pandemia
I delegati Filt-Cgil nei posti di lavoro e un dirigente hanno protestato e chiesto un confronto con la segreteria regionale, perché se un accordo passa in Amazon sarà preso a modello nel rinnovo del CCNL. Amazon nel settore è infatti quello che un tempo la Fiat era nella metalmeccanica: le altre aziende si adeguano alle sue regole.
Dalla Cgil però fanno muro: l’accordo va firmato e anzi va trasferito sul piano nazionale. Il modo perfetto per dare fondamento alle voci, sempre più fitte, secondo cui nella segreteria di Piazza Vittorio c’è gente pronta a trasferirsi armi e bagagli alla direzione del personale di una grande azienda del settore.
Si scatena il terremoto. Non solo nelle aziende collegate ad Amazon, ma anche alla SDA, alla GLS, a TNT e in altre società comincia la burrascosa fuoriuscita di centinaia di lavoratori dalla Filt-Cgil, al grido di “basta con i sindacati di comodo”.
Non è servito a ostacolare l’esodo nemmeno l’intervento delle varie direzioni aziendali in soccorso dell’alleato sindacale in difficoltà: minacce di vario tipo, dal licenziamento al trasferimento, fino alla classica formula “non trattiamo con USB, che non è firmataria di contratto”, sono rimaste inascoltate.
E non è servito ai dirigenti Cgil materializzarsi improvvisamente nei magazzini, dove nessuno li conosce né vuole sentirli parlare, aggiungendosi ai dirigenti delle aziende per spiegare che USB non potrà sedere ai tavoli di trattativa.
Più si sono agitati e più hanno spinto all’esodo, perché ha fatto breccia un ragionamento tanto semplice quanto logico: se USB è il loro problema, allora USB è il nostro sindacato. Il sindacato che serve per impedire gli aumenti di orario e della flessibilità giornaliera e settimanale.”