Il futuro apparterrà, molto probabilmente, ai robot, in molti aspetti della vita umana. La tecnologia influenzerà la nostra esistenza ancora più di quanto non lo faccia già oggi. Sempre più sviluppati, i robot saranno in grado di compiere azioni e svolgere mansioni solitamente attribuite alle “braccia umane”, oltre che interagire con gli umani. Tuttavia, spiegano negli ambienti della cosiddetta robotica che lo sviluppo di questi strumenti non dovrà necessariamente significare una totale sostituzione dell’uomo con la macchina, ma, piuttosto, un affiancamento.
In prima battuta va detto che, come è semplice osservare, lo sviluppo della tecnologia, o delle tecnologie, come sarebbe più corretto affermare, ormai da qualche decennio sta registrando un’accelerazione costante e sostenuta, in virtù dei miliardi di dollari che soprattutto le superpotenze mondiali investono in questo campo e nella applicazione dei robot. Nell’applicazione di queste macchine, appunto, negli ultimi anni, si assiste ad un passaggio dalla robotica industriale, pesante e statica, a quella che viene definita “cobotica”, ovvero robotica collaborativa. Insomma, sarà sempre più frequente vedere l’inserimento, anche nella vita quotidiana, di automi che lavorano accanto all’essere umano, e che con lo stesso interagiscono e lavorano, aiutandolo e non sostituendolo. Praticamente, dovrebbe rendere più semplice tanto la vita dell’operaio in fabbrica, tanto quella del cuoco in cucina.
Ma cos’è, in sintesi, la robotica? La robotica è quella scienza interdisciplinare che si occupa della progettazione e dello sviluppo di robot. In origine, è nata come branca dell’ingegneria meccatronica, sviluppatasi successivamente come disciplina in cui informatica e psicologia, linguistica e automazione, meccanica e biologia si intrecciano e si influenzano. Il nome ha origini letterarie e fu Isaac Asimov – il padre delle tre leggi della robotica e dei robot positronici – il primo a parlare di robotica in un racconto fantascientifico, nel lontano 1942. Asimov è, infatti, ritenuto il profeta della robotica. E cos’è un robot, invece? A darne una definizione è il Robot Institute of America, che lo identifica come un “manipolatore polifunzionale”, capace di eseguire diversi compiti attraverso una serie di movimenti programmati. È solo nel 1961, però, che lo sviluppo di queste macchine ha il suo effettivo start, ovvero quando la General Motors introduce nella sua fabbrica di automobili, nel New Jersey, il primo robot industriale della storia. Si trattava di un braccio meccanico progettato solo alcuni anni prima da Joseph Engelberger e George Devol. Nel 1970, poi, in Giappone, il salto di qualità: la robotica umanoide fa il suo debutto con Wabot-1, robot dalle sembianze umane, progettato dalla Waseda University di Tokyo. Come per tutte le innovazioni moderne, da internet in poi, una delle principali e originarie applicazioni della tecnologia avviene nel campo militare. Infatti, mentre si sviluppavano umanoidi da affiancare all’essere umano, negli Stati Uniti, e non poteva essere altrove, nasceva il primo drone militare capace di decollare da solo, rivoluzionando il concetto stesso di “bellum”, ovvero di guerra e modalità di battaglia.
È proprio la possibilità di esser guidati a distanza e quella di assistere l’essere umano che spingono Paesi come il Giappone a sviluppare robot in grado di interagire con noi e con i nostri ambienti, o i cosiddetti avatar. Il Paese nipponico, si sa, è tra gli Stati con la media di età più alta nel Mondo, ovvero con il maggior numero di anziani, che necessitano un sostegno costante, specifico e, ancora, particolareggiato. Quelli che vengono definiti “umanoidi”, infatti, devono in primis affiancare e non essere in alcun modo pericolosi per l’essere umano, proprio come sostengono le leggi sulla robotica del padre e profeta di questa materia, Isaac Asimov. Nella prima metà dello scorso secolo, effettivamente, si parlava di fantascienza e macchine automatizzate sfruttate in ristretti ambiti, come quello militare. Ma, oggi, abbiamo esempi, esperimenti, dati e prototipi, in grado di dialogare e interagire con l’essere umano: un esempio su tutti è l’umanoide Sophia della compagnia Hanson Robotics Limited, con sede ad Hong Kong, capace di sostenere una conversazione anche di alto profilo. E così abbiamo robot che sostituiscono le badanti, i giornalisti, i cani da guardia, i cuochi e via dicendo, il cui costo già oggi è accessibilissimo al consumatore medio. Ancora, è sorprendente osservare come i robot così sviluppati riescano a riprodurre una mimica facciale umana e riescano a sostenere dialoghi di alto profilo, capacità legate non soltanto ai software e hardware di cui sono dotati, tanto da essere considerati degli “androidi sociali”. A prima vista, un po' di paura la mettono, però!
E nel futuro, cosa possiamo aspettarci? Se è semplice intuire che in un domani ormai prossimo sempre più lavori umani pericolosi e ripetitivi saranno rimpiazzati da attività automatizzate e robotizzate, ciò che dovrà essere gestito con cura è il livello sociale, etico e legislativo di questo rapido cambiamento. Non solo! Un altro problema da amministrare sarà quello della distribuzione di queste tecnologie, potendo già osservare quali nazioni, come Cina, Giappone e USA, investono grosse somme di denaro nella robotica, dominando praticamente il progresso scientifico. Per quanto riguarda l’Italia, fortunatamente, sebbene si debbano fare molti passi in avanti, siamo pienamente in gioco direttamente e indirettamente, con componenti e robot, l’R1, progettato e realizzato dal nostro Istituto di Tecnologia, che sta perfezionando anche iCub, il robot bambino.
Massimiliano Lorenzo