È dai primi di maggio che in molti attendono il varo del cosiddetto Decreto Rilancio, che il Governo Conte solo oggi è riuscito a varare. In ogni caso, la tensione ed il disorientamento continuano a crescere, amplificati anche dall’avvio della Fase 2 dell’emergenza, la quale sta mettendo a nudo le più disparate criticità. Un Decreto veramente importante? Al vaglio degli esperti del Governo vi sono state misure di spesa pari a 55 miliardi di Euro, che nelle intenzioni dell’establishment, fortemente influenzato dagli industriali, dovrebbero essere capaci di rilanciare l’economia italiana, dopo la grande sosta forzata dei mesi scorsi.
Il testo è composto da 258 articoli contenenti tutti i provvedimenti, che dovrebbero sostenere l’economia italiana nella prima fase del rilancio, ovvero fino al prossimo settembre. Qui, vengono riconfermate alcune misure già presenti nel Decreto “Cura Italia” e adottati nuovi e onnicomprensivi provvedimenti, apparentemente più incisivi per contrastare la difficile congiuntura. Ed ecco che, per la Sanità come per la Scuola e la Ricerca sono previste risorse capaci di dare un respiro più lungo a questi comparti dello Stato, con l’erogazione e dunque l’immissione nel sistema economico rispettivamente di 3,2 miliardi e 1,4, che consentiranno anche l’assunzione di personale medico e docente. Il Turismo, poi, uno dei settori più colpiti e critici, vedrà destinarsi un fondo di 4 miliardi per l’attuazione di numerosi interventi, quali l’esenzione dall’Imu, il credito di imposta per gli affitti e il rafforzamento delle indennità per le categorie dei lavoratori stagionali, fino ad arrivare ad un bonus alle famiglie per le vacanze.
Ma il tema più caldo rimane tuttavia quello del lavoro e del sostegno alle famiglie e alle imprese. È qui che si concentra gran parte dell’impegno del Governo, che tradotto, però, risulta essere condizionato dall’influenza dei grandi imprenditori, oltre che soggetto a numerose critiche nel merito da parte di osservatori privilegiati e competenti. I proclami della Maggioranza (Pd e M5s) nelle scorse settimane pare vadano a scontrarsi con la realtà dei fatti, la quale necessita di non pochi provvedimenti a sostegno delle classi sociali isolate e meno abbienti, che invece da tale Decreto risultano a tutti gli effetti penalizzate. Ed infatti, la possibilità di ricorrere alla cassa integrazione è stata prorogata solo di poche settimane, rispetto invece ai sacrifici richiesti in termini temporali; insomma, insufficienti, a coprire almeno la parte più difficile della crisi. D’altra parte, il nuovo strumento di tutela verso i nuclei familiari in difficoltà, ovvero il reddito di emergenza, pare risulti privare le dignità fondamentali del cittadino, risultando appena di un miliardo di Euro (a fronte dei 3 previsti e auspicati) da destinarsi all’erogazione di una cifra che oscilla dai 400 agli 800 euro per famiglia. Inoltre, le numerose manovre di taglio alle tasse (impattanti per circa 4 miliardi) e gli sgravi fiscali, tra i quali la sospensione dell’IRAP, risultano essere un vero e proprio “regalo” a quelle imprese che, nel periodo di crisi, invece che registrare forti difficoltà hanno visto aumentare il loro fatturato ed il loro giro d’affari. Dall’altra, invece, tale impostazione va soprattutto a discapito di alcuni settori portanti e strategici per il nostro assetto socio-economico, trai i quali in primo luogo si colloca la sanità. Il sostegno alle partite IVA rimane a 600 euro a fronte degli 800 annunciati, mentre le risorse a fondo perduto per le pmi verranno erogate prendendo come discriminante la diminuzione del fatturato, penalizzando molte tipologie di esercenti.
Al centro di quello che viene definito “Decreto Rilancio” troviamo le grandi imprese. Per i grandi gruppi, infatti, si prevede un credito di imposta fino al 60% delle richieste, al quale si aggiunge un ulteriore 30% di garanzia per gli aumenti di capitale. In più, quelle imprese che fatturano oltre 250 milioni di Euro, grazie all’ennesimo intervento di Cassa Depositi e Prestiti (CdP), lo Stato potrà acquistare un certo numero di pacchetti azionari delle aziende in difficoltà. A tale acquisti da parte dello Stato, però, come sarebbe anche lecito aspettarsi, non corrisponderà alcun inserimento di un uomo delle istituzioni all’interno dei Consigli di Amministrazione delle aziende che accederanno a questa agevolazione. A proposito di soldi pubblici alle imprese, poi, un marchio in particolare ha fatto richiesta, per l’ennesima volta nella storia, di esser garantito dalle casse dello Stato: la Fiat Chrysler Automobiles, o FCA, della famiglia Agnelli-Elkan. L’ex azienda torinese, infatti, ha chiesto garanzie statali per un prestito di circa 6,3 miliardi di Euro alla Sace – società per azioni del gruppo CdP –, facendo montare critiche e proteste. Infatti, bisogna chiarire, la FCA versa in Italia solo contributi Inps ed Inail, ma non paga tasse sui dividendi, ovvero sui guadagni. Da ciò, pare evidente, come il capitalismo anche questa volta cerchi di risollevarsi con gli aiuti statali, brandendo l’arma dell’occupazione.
A proposito di lavoro, poi, in questa crisi caratterizzata dalla quarantena, è emersa una categoria di lavoratori, che oltre ad essere invisibile, non possiamo che considerare tra quelle più sfruttate, dal capitalismo e dalla criminalità organizzata, ovvero quella dei braccianti. Proprio per loro, il Ministro Teresa Bellanova ha fatto approvare quella che assume le sembianze di una sanatoria temporanea e stagionale, per “rendere meno invisibili gli invisibili”, ma soprattutto per non arrestare la raccolta di verdura e frutta, la cui produzione e consumo sembrano essere strategici per il nostro Paese.
Se da una parte l’intento è quello di stimolare la fiducia degli operatori economici, ma anche dei cittadini tutti, dall’altra però i numeri di Confesercenti recitano come 2 su 5 attività non hanno ancora riaperto: troppe le spese, l’insicurezza, e l’assenza di veri aiuti da parte dello stato. Le stime al ribasso per quanto riguarda la produzione di Bankitalia suggeriscono una rivisitazione profonda della struttura del paese, ma quel che si ha tra le mani sembra essere più un “cerotto” che una “dose sapiente” per un’efficace ripresa. Al tavolo delle trattative si son seduti in tanti, ma la preoccupazione è quella di avere tra le mani una forbice sociale ancor più marcata, con gli ultimi che saranno ancora più ultimi ed emarginati dal gioco sociale.
Francesco Cavallo