Istruzione popolare ed economia – Ignazio Del Gaudio

Istruzione popolare ed economia – Ignazio Del Gaudio

            In questi giorni è venuta alla ribalta la questione attinente all’istruzione pubblica, nei suoi tre gradi, primaria, media ed universitaria, con riferimento alla sua inadeguatezza ai nostri tempi e al depotenziamento finanziario da parte dello Stato.

            È sotto gli occhi, se non di tutti, sicuramente di molti, il venir meno in maniera progressiva del supporto dello Stato in favore di questo importante settore della società, inquadrandosi il suo incedere all’interno di un evidente processo di smantellamento dello Stato Sociale, per dar perfettamente corso ad uno Stato spiccatamente Liberale, in una prospettiva turbocapitalistica.

            Il cambiamento in atto, da più parti, ha posto serie preoccupazioni, non solo sociali, ma anche individuali, da una parte perché non si riescono ad intravedere le possibili evoluzioni del Pianeta Istruzione, dall’altra si gradisce poco che quest’aspetto della vita pubblica venga gestito in pienezza da poche famiglie, che detengono l’intero sistema bancario nazionale, attraverso il quale orientano la vita italiana e dunque anche i processi formativi della popolazione.

            Che la formazione stia cambiando pelle, questo oltre che noto è anche evidente in maniera molto chiara, ma non solo per l’arretramento dello Stato, ma in più per la Rivoluzione Informatica, nel cui mezzo si trova la nostra generazione. Circostanze queste che cambieranno il tradizionale paradigma sul quale si fonda ancora oggi, ma per non più di un lustro, l’istruzione popolare.

            Per intravedere le possibili traiettorie di quest’aspetto sociale, che ha connotato fortemente il Novecento sino ai nostri giorni, è necessario comprenderne la funzione sociale ed economica, di ieri, di oggi e di domani.

            I primi input per la nascita dell’istruzione di massa si hanno intorno a metà Settecento, in uno dei territori più evoluti economicamente del Vecchio Continente, ovvero il Regno di Napoli (peraltro qui videro la luce i primi trattati scientifici di economia che l’Umanità conosca: noto è il trattato della moneta di Antonio Serra del 1613). In particolare, coloro che diedero il maggior contributo in tale direzione furono l’abbate Ferdinando Galiani ed il filosofo Antonio Genovesi. Quest’ultimo istituì a Napoli, in assoluto, la prima Facoltà di Economia.

            I due intellettuali napoletani, studiati ancora oggi in tutto il Mondo Occidentale, sostenevano in sintesi che lo sviluppo economico e la potenza di uno Stato erano possibili solo in presenza di un’istruzione diffusa nella popolazione. Il loro, di certo, non era un capriccio o un vezzo della loro erudizione, ma la necessaria deduzione di quello che presto sarebbe stato il futuro dell’Europa, che da lì a pochi decenni, infatti, visse con grandi turbolenze, politiche, economiche e sociali, la Prima Rivoluzione Industriale, proprio come sta accadendo oggi con l’incipiente Prima Rivoluzione Informatica, che ridisegnerà anche questa tutti gli ordini politici, economici e sociali.

            Era chiaro ai due filosofi che lo sviluppo dell’industria richiedesse, come precondizione necessaria, personale alfabetizzato e una cultura economica di taglio alto. Tali motivazioni hanno sorretto l’istruzione popolare sino ad oggi, dove il sistema economico e lo sviluppo della tecnologia, per la loro stessa sussistenza, non ammettono l’ignoranza. Anzi, più il sistema di produzione e scambio si presenta evoluto, più alto deve essere il livello di istruzione della popolazione che lo sostiene. A tali motivi, soprattutto in Italia, se n’è aggiunto un altro, ovvero quello della lotta politica tramite proprio la leva culturale, progettata da Gramsci e inaugurata con forza nel primo dopoguerra da Cesare Luporini, filosofo del direttivo centrale del P.C.I.

            Tutto questo sistema, con l’avvento dell’intelligenza artificiale e della robotica, si presenta, oggi, oramai privo di un preciso significato. Si prevede che in Italia il corpo docente, nel suo complesso, si dimezzerà nel giro di un decennio e saranno introdotti gli umanoidi, già attivi da tempo in molti ambiti produttivi e dei servizi soprattutto in Giappone ed in Cina, in grado di sostituirsi nella somministrazione delle conoscenze tradizionali e di base, sino all’università.

            Al riguardo, va sottolineato che in Italia, con un ritardo di dieci anni rispetto agli USA, è già presente, da almeno vent’anni, la didattica a distanza nell’università. Numerose sono oggi, infatti, le università telematiche, con decine di migliaia di iscritti e laureati in tutte le discipline, da quelle umanistiche a quelle scientifiche.

            In tale quadro l’istruzione, come fonte di occupazione e formazione, di fatto si trova di fronte ad un cambio di passo sotto i profili tecnici e metodologici, oltre che di contenuti, dove il Pubblico, soprattutto per l’esistenza di forti cristallizzazione di sistema, non può, da un lato presentare l’agilità nei processi di cambiamento, e dall’altra, sviluppare nuovi saperi, soprattutto quelli su piani diversi da quelli fissati dall’Illuminismo, i quali possono essere azionati in un contesto non di Regime, ma lasciati alla libera creatività della società nel suo complesso.

            In tale direzione non poche strutture di formazione di taglio alto (notevoli iniziative sono state prese in Israele) producono ricerca ed effettuano formazione, e con grande successo, non più nella soluzione legata “al banco e alla cattedra, con il relativo esamino”, ma attraverso processi di apprendimento e somministrazione delle conoscenze in forme diffuse e autonome tra la gente e sul territorio, in virtù soprattutto delle nuove tecnologie informatiche, dove non più il vecchio professore detta le regole del gioco, ma il giovane figlio dell’informatica in autonomia esplora, conosce e plasma il Suo Mondo: quello del Bit! Qui sono ammessi solo dei tutor…

            Ecco che, lo sviluppo richiede un arretramento dello Stato, sì per favorire le grandi famiglie italiane capitalistiche, ma soprattutto perché la formazione non può reggere il suo sviluppo e il suo ruolo sociale ed economico in soluzioni di Regime, quale è quello che si è perpetrato sino ad oggi.

Ignazio Del Gaudio

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