Il report dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio intitolato Cambiamenti nelle proiezioni di medio-lungo termine della spesa pensionistica in Italia ha scatenato la reazione del segretario confederale della UIL, Domenico Proietti, che ha contestato un vizio di fondo nella strutturazione dei dati su cui si basa la valutazione della spesa pensionistica italiana.
“Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire” - sostiene Proietti - “Anche un Istituto autorevole come l’Ufficio Parlamentare di Bilancio commette l’errore di quantificare la spesa per pensioni in Italia al 17% del Pil. La Uil lo ha ripetuto urbi et orbi che per pensioni in Italia si spende intorno al 12% del Pil, dato confermato da molti Istituti accademici e anche dalla lettura del bilancio dell’INPS, una spesa perfettamente in media con quello che avviene negli altri paesi europei. La stima dell’UPB contiene tutta la spesa assistenziale che con le pensioni non c’entra nulla.”
Il “flash” pubblicato dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio il 28 ottobre è una comparazione tra la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (NADEF) 2020 e le previsioni effettuate dalla ragioneria dello Stato con i rapporti intitolati Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario degli anni 2018, 2019 e 2020, in cui si analizza l’incidenza della spesa pensionistica in relazione al Pil. Una comparazione da cui emerge che per l’anno in corso la spesa pensionistica è destinata ad aumentare in relazione al Pil rispetto a quanto previsto nei due anni precedenti.
L’aumento della spesa necessaria al pagamento delle pensioni raggiungerebbe la percentuale del 17% del Pil italiano a causa soprattutto di due elementi. Il primo è rappresentato dall’incidenza delle nuove possibilità di pensionamento anticipato, come “Quota 100”, mentre il secondo consiste nel peggioramento della situazione macroeconomica nazionale, devastata dalla crisi economica portata dal covid e dalla conseguente riduzione del prodotto interno.
L’aumento della spesa pensionistica previsto per il breve periodo sarebbe però destinato a ridursi, atterrando alla quota del 13% del Pil, nel lungo periodo, quando andrà ad esaurirsi la platea delle baby pensioni e dei pensionati in regime retributivo.
La spesa assistenziale, nonostante la diversa natura rispetto a quella di carattere prettamente pensionistico, rientra nelle rilevazioni della Ragioneria dello Stato, poi riprese dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio. Un problema che il governo avrebbe dovuto e voluto risolvere in vista di una nuova riforma pensionistica, da costruire in tempo per la prossima legge di bilancio. A gennaio di quest’anno, la Ministra del Lavoro Catalfo aveva istituito la commissione per individuare i lavori gravosi e quella dedicata alla separazione della spesa previdenziale da quella pensionistica.
Ed è proprio il lavoro di quest’ultima commissione ad essere invocata da Proietti: “È più che mai necessario insediare, a 10 mesi dall’approvazione della Legge, la Commissione Istituzionale per separare la spesa previdenziale da quella assistenziale. È un ritardo vergognoso che continua a penalizzare il nostro Paese e soprattutto i lavoratori e i pensionati”. Le incombenze generate dalla pandemia e i rallentamenti da essa causati a tutta la logistica istituzionale appaiono, però, variabili non ignorabili nonostante le necessità impellenti del sistema pensionistico italiano.