Turismo: Puglia al top, ma si può fare di più? - di Gianmarco Pennetta

Turismo: Puglia al top, ma si può fare di più? - di Gianmarco Pennetta

     Anche per questa stagione turistica l’Italia si conferma la meta preferita da milioni di vacanzieri che hanno scelto il Bel Paese per trascorrere in pace e serenità uno dei momenti dell’anno più amati in assoluto. Tra i punti di forza dello Stivale c’è sicuramente la varietà di tradizioni, usi, costumi e paesaggi che caratterizzano le venti regioni.

     Tra queste la Puglia ha fatto registrare un incremento di turisti del 10%, un attestato di stima che premia l’impegno e la caparbietà degli imprenditori locali i quali nonostante i diversi mesi di stop, e dovendo fronteggiare ancora oggi i pericoli del contagio, non si sono fatti scoraggiare continuando a puntare su qualità ed unicità di un prodotto turistico che fa dell’entroterra  un asset strategico allo stesso modo delle centinaia di chilometri di costa che la regione vanta.

    Un risultato che rappresenta il record di presenze per la Puglia, ma che non deve essere visto come un punto d’arrivo. Questo non vuol dire necessariamente fare di più, ma meglio. Come ha evidenziato la stessa crisi pandemica, questo settore più di ogni altro, è legato indissolubilmente a dei fattori endogeni che possono far modificare i flussi turistici. Occorre quindi diversificare, tralasciando la monocoltura più facilmente attaccabile.

    Non a caso precedentemente abbiamo parlato di entroterra.

   Un lusso che la Puglia non può permettersi se si vuole continuare a registrare questi numeri. Occorre, infatti, sviluppare la Cultura ai mesi tradizionalmente meno ambìti dal turismo di massa, quelli cosiddetti “spalla”, da un lato, e dall’altro ad un destagionalizzazione più spinta.

   In realtà, è ormai risaputo che il turismo rivolto alle masse sia deleterio per le destinazioni, innanzitutto dal punto di vista prettamente naturale: molte più persone ci sono, maggiore sarà la pressione sul territorio che quindi ne risulta deteriorato,                come, ad esempio, la  Grotta della Poesia, una delle insenature più belle del Salento, situata a 20 chilometri da Otranto, ormai chiusa al pubblico.

    Non sono tutte rose e fiori quindi le evidenze statistiche. Tuttavia un dato positivo c’è: l’Italia ha potuto fare affidamento meglio dei nostri competitor, sui turisti interni. L’Istituto Nazionale per le Ricerche Turistiche infatti, ha stimato un 68,3% di presenze italiane per la stagione in corso, un balzo in avanti notevole, rispetto al 49% del 2019.

    Ma come fa notare Ferruccio De Bertoli di Repubblica, “manca ancora una consapevolezza del ruolo strategico del turismo”, dove proprio un basso tasso di industrializzazione, maggiormente evidente nelle località balneari pugliesi, dovrebbe costituire il presupposto per una più pregnante riflessione politica ed imprenditoriale.

   La Puglia più di altre regioni sta raccogliendo negli ultimi anni l’approvazione e il consenso di turisti stranieri che sono i top spender,  a cui rivolgere maggiormente la propria attenzione, perché hanno in media un tasso di spesa giornaliera più alto rispetto ai turisti locali.

    Non a caso infatti, il prestigioso National Geographic ha assegnato alla Puglia il “Best Value Destination” come la regione più bella del mondo poiché – si legge tra le motivazioni – “vanta il meglio dell’Italia meridionale: i ritmi di vita, le tradizioni, la bellezza dei luoghi.” Un premio avvalorato anche dalla guida Lonely Planet del New York Times che ha recentemente intitolato un articolo “Italy’s Magical Puglia Region”.

    Insomma, non solo per l’Italia, anche da ogni parte del mondo arrivano per noi pugliesi riconoscimenti importanti, ma se non vogliamo che il tutto si traduca in una “bolla” destinata ad esplodere e scomparire, è necessario porre le basi affinché i benefici dell’industria turistica vengano utilizzati per un graduale miglioramento di tutto un settore e per ciascuna filiera, così come accade per altri distretti più tradizionali.

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