Nonostante il pandemico contagio da coronavirus, in diverse parti del globo non sono cessati i conflitti armati, come quello nel Rojava, nella regione nord-orientale della Siria. Una guerra che vede protagonisti due soggetti importanti impegnati: l’Unione europea e la Turchia (che sostiene lo jihadismo in quest’area), oltre alla Russia, agli Stati Uniti con la coalizione internazionale.
Una guerra sporca quella di Erdogan contro i civili in Siria del Nord, vittime di attacchi su vasta scala, e non solo bombardamenti e cariche di artiglieria, perché le forze jihadiste sostenute dalla Turchia hanno anche interrotto il flusso dalla stazione idrica di Allouk. Questo sarebbe già devastante se il fattore morte, alto in uno scontro ineguale, fosse dettato “solo” dalla guerra, ma può esserlo ancora di più ora, con la diffusione del Covid19. A rimanere senza acqua, al momento, circa mezzo milione di civili nella regione di Hasakah.
Si diceva della variabile coronavirus, che assieme alla guerra sta aggravando la crisi umanitaria. A tal proposto si era espressa l'autorità sanitaria dell'Amministrazione autonoma, lanciando un appello per un possibile scoppio dell’epidemia, il 24 marzo scorso: "I risultati saranno catastrofici per la popolazione della regione in mancanza di strumenti e attrezzature preventivi di base". Non potrebbe essere altrimenti per un territorio che conta 3 ospedali per 4 milioni di persone, assieme ad un embargo imposto da Ankara ed il boicottaggio da parte di Damasco, mentre il personale medico e i presìdi sanitari continuano a essere bersaglio dell'aviazione turco-jihadista. La crisi idrica, dunque, non fa altro che aggravare le condizioni dei civili.
Le prove che la guerra continua sono anche di natura amministrativa, come la rivendicazione da parte di Ankara, capitale della Turchia di Recep Tayyip Erdoğan, per l’uccisione di Nazife Bilen, la più alta donna in grado nel PKK - Partito dei Lavoratori del Kurdistan, impegnato nelle operazioni militari contro una guerra sporca realizzata da TSK (servizio militare) e MIT (intelligence turca). Una Turchia guidata dal Governo a maggioranza Akp - Partito della Giustizia e dello Sviluppo, che decide di rilasciare temporaneamente circa 90 mila detenuti dalle carceri sovraffollate per l’emergenza epidemiologica, ma non i prigionieri politici, i combattenti del Pkk e altri gruppi armati turchi, i giornalisti, gli accademici e gli oppositori di diverse fazioni.
Ed è di queste ore l’appello urgente lanciato dalla Federazione della Siria del Nord-Est, per denunciare le condizioni in cui sono costretti a vivere nei campi profughi sovraffollati, con oltre 700mila sfollati interni e una crisi idrica causata dalla Turchia.
Le istituzioni internazionali continuano quindi a tenere gli occhi chiusi di fronte a tale devastazione, del territorio e della popolazione, e proprio per questo il blocco della guerra deve essere assunto dalla Comunità internazionale e dall’OMS come parte della lotta contro il Coronavirus.
Massimiliano Lorenzo