Mattarella Bis: considerazioni ulteriori - Gianmarco Pennetta

Mattarella Bis: considerazioni ulteriori - Gianmarco Pennetta

        Come è noto, nelle scorse settimane il Parlamento italiano, in seduta comune e insieme ai delegati delle venti regioni, si è riunito per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. Per il nostro Ordinamento si tratta di un momento particolarmente importante, in cui tutte le forze politiche sono invitate a collaborare per decidere il futuro Capo dello Stato, colui che simboleggia l’unità nazionale, sotto almeno due profili e che di fatto svolge attraverso la sua importante funzione istituzionale, il ruolo di “arbitro” nel corso del dibattito politico e, dall’altra, di garante del rispetto delle “Regole”.

            Più nello specifico il Presidente della Repubblica costituisce il momento di sintesi del gioco politico, e per altro verso il perimetro dello stesso gioco. Un gioco di cui lui è il garante che venga svolto secondo i principi costituzionali, o comunque ad essi ispirati. In tale direzione, è noto che la nostra Costituzione è incompiuta in molti suoi aspetti, e tuttavia funge sempre da momento di riferimento dell’azione politica di cui il Capo dello Stato rappresenta colui che interpreta la Costituzione, ponendo di fatto dei limiti, peraltro necessari, alla attuazione della stessa. Viceversa si entrerebbe in un regime confusionario e privo di qualsiasi orientamento.

      Proprio per tutto questo, l’elezione del Capo dello Stato è un momento particolarmente delicato. Secondo la nostra Costituzione resta in carica 7 anni, al termine dei quali il Parlamento è chiamato alla sua rielezione.

      Lo scorso gennaio Sergio Mattarella ha terminato il proprio settennato, motivo per il quale il Parlamento ha avviato i lavori per trovare il suo successore. Proprio per le funzioni del ruolo, la rielezione ha presentato delle difficoltà. La causa è ascrivibile al particolare momento di transizione della società e della politica italiana, che dovendo proseguire nelle operazioni di cambiamento, per porre le basi di un nuovo corso dell’economia e del vivere tutto della popolazione italiana, ha bisogno di particolari garanzie e stabilità.

     Nella serata di sabato 29 gennaio, si è però appreso che all’ottavo scrutinio utile Sergio Mattarella è stato rieletto Presidente della Repubblica, al termine di una settimana in cui nessun nominativo proposto si è nemmeno avvicinato ad ottenere la maggioranza dei voti necessari. In altre parole, non si è trovato chi potesse porsi in un rapporto dialogico con le forze politiche e sociali in maniera efficace, tale da innescare una spirale virtuosa tesa al cambiamento.

     A dare la svolta è stata una delegazione del Parlamento con i presidenti di Camera e Senato, che hanno chiesto a Mattarella la disponibilità ad accettare la rielezione. Non sono bastate infatti, le raccomandazioni che alla vigilia delle votazioni, già incerte di per sé, lo stesso Presidente aveva formulato, invitando alla prudenza e all'attenzione, ma allo stesso tempo, all'azione, escludendo il proprio nome. Ma così non è stato.

        Nessuno però si sarebbe immaginato che per la seconda volta avremmo assistito ad un secondo mandato. Nel 2013 infatti, toccò a Giorgio Napolitano disfare le valigie per poi riprendere il proprio posto in Quirinale. Ma a differenza di oggi, l’allora Presidente della Repubblica ammonì lo stesso Parlamento che lo aveva invitato ad accettare di essere il primo Presidente rieletto della nostra storia repubblicana, colpevolizzando ogni capo politico di non essere riuscito a trovare un accordo.

     Alla fine si spiega perché la conferma di Sergio Mattarella è stata accolta dagli applausi scroscianti dei grandi elettori, mettendo in evidenza che la scelta da parte delle forze politiche è quella di lasciare invariati gli equilibri su cui si basa l’esecutivo guidato da Mario Draghi e non solo, ma anche di mantenere un’alchimia politica vincente a più livelli e su più piani Una classe dirigente, insomma, che ha tentato nuove formule, ma e che al momento si è vista costretta a non cambiare il proprio arbitro politico e di conseguenza, e da qui le regole del gioco, che sono venute strutturandosi nell’ultimo decennio, dopo il crollo dell’ultimo Governo Berlusconi.

    Per questo motivo sembrerebbe plausibile ritenere Mattarella un traghettatore, o in altra prospettiva, la continuità necessaria nel processo di cambiamento della nostra società, e ciò almeno fino ai prossimi due anni, ovvero fino all’elezione del nuovo Parlamento che così formato sceglierà il proprio arbitro.

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