A partire dal XIV secolo, quando cioè l’Uomo ha incominciato a porsi delle domande sulla propria coscienza e ad avere consapevolezza di sé in quanto tale e non più in relazione a Dio, la storia - intesa come studio del passato attraverso fonti scritte – ha fornito un notevole contributo all’ondata di rinnovamento scientifico e culturale che stava attraversando l’Europa, con Firenze capitale economica e centro nevralgico della trasformazione intellettuale, che ha caratterizzato tutto il Rinascimento e l’Umanesimo. Furono quegli anni di vivacità artistica e tecnologica, caratterizzati dal rinvenimento di alcune testimonianze che per secoli hanno custodito storie di uomini e di donne, in cui venne posta particolare attenzione verso la neonata Archeologia, grazie al riaccendersi dell’amore per il mondo classico. Paternità riconosciuta a “Ciriaco d'Ancona”, umanista, epigrafista e viaggiatore, vissuto a cavallo tra la fine del 1300 e la prima metà del 1400, il cui ritratto, opera di Benozzo Gozzoli, è custodito presso la Cappella del Palazzo dei Medici a Firenze.
Premessa a nostro parere necessaria per osservare meglio i nostri giorni, e notiamo con stupore, infatti, che ancora oggi come ieri si ha la stessa ammirazione per i grandi ritrovamenti archeologici, seppur vivendo in un Mondo in continua evoluzione tecnologica e digitale, sempre alla ricerca dell’ultimo modello di smartphone, dell’istantaneo e dell’hashtag in tendenza. Infatti, grandi entusiasmi ha destato il ritrovamento, nei primi giorni del luglio scorso, della Necropoli, risalente alla tarda Età del Bronzo all’interno della campagna di scavi nell’area marina protetta di “Torre Guaceto” a nord di Brindisi. Scavi condotti dal Dipartimento dei Beni Culturale dell’Università del Salento, con la direzione del professore Teodoro Scarano e il coinvolgimento del collega Claudio Cavazzuti del dipartimento di Storia Culture e Civiltà dell’Università di Bologna, in accordo con la Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le province di Lecce e Brindisi.
L’archeologia pugliese dimostra, così, come questo territorio custodisca ancora dei tesori nascosti, tasselli fondamentali per ricostruire usi e costumi degli antichi abitanti di questo lembo di terra. In realtà, Torre Guaceto è una delle poche aree protette europee impegnate non solo sul fronte della tutela degli animali e degli habitat, ma anche in ambito storico e archeologico.
Certamente, una cornice scientifica e istituzionale in cui l’Università del Salento con la Facoltà di Beni Culturali fornisce al territorio dei validi professionisti che non solo hanno l’importante compito di portare alla luce documentazioni di antiche civiltà, ma anche e, soprattutto, quello di preservarle e valorizzarle.
In tutto questo va sottolineato che, il fiore all’occhiello dell’Ateneo salentino è rappresentato dalla Scuola di Specializzazione di Archeologia intitolata a “Dinu Adamesteanu”. Istituita nel 1979, grazie all’impegno dell’allora Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia, Cosimo Damiano Fonseca, rappresenta la realizzazione di un progetto fortemente voluto diversi anni prima, grazie al quale si ebbe una notevole fase di sviluppo per il settore dei Beni Culturali rappresentata dalla realizzazione di laboratori ed attività su tutto il territorio.
Da tempo riconosciuta dagli addetti ai lavori tra le migliori in Italia, ha sempre potuto vantare un corpo docente di altissimo livello. Fin dai primi anni di attività infatti, la Scuola poté contare sulle docenze di professionisti provenienti dai più importanti Istituiti di Ricerca italiani ed internazionali come Georges Vallet e Michel Gras dalla prestigiosa “Ercole Francaise” e Salvatore Settis dalla “Normale” di Pisa, ma senza rinunciare agli altrettanto fondamentali contributi dei docenti interni come Francesco D’Andria, Dinu Adamesteanu, medaglia d’oro alla Cultura nel 1982, e Paul Arthur.
E qui non va dimenticato che, a supporto della ricerca archeologica, l’Università del Salento è dotata di un Centro di Datazione (Cedad) che utilizza tecnologie chimiche, nucleari ed ottiche.
In particolare, realizzato nel 2000, il “Cedad” è il primo Centro italiano per la ricerca e il servizio datazione con il radiocarbonio, mediante la tecnica della “Spettrometria di Massa” con Acceleratore (AMS). Ospitato all’interno della Cittadella della Ricerca di Brindisi, in ventuno anni di attività, il laboratorio ha già fornito un contributo fondamentale alla storia occidentale. E proprio qui, infatti, si è posto fine all’annosa diatriba sull’origine della “Lupa Capitolina” attraverso l’analisi al carbonio-14 che ha evidenziato non trattarsi di un bronzo etrusco, ma di un’opera più recente. Lo stesso laboratorio che ha ospitato i Bronzi di Riace e che ha contribuito all’analisi di preziosi reperti vegetali e animali ritrovati nella “Prigione di San Pietro” ai “Fori Imperiali di Roma”.
Un Polo di ricerca, quello salentino dunque, che consente un incedere efficace e strategico al meraviglioso mondo dell’archeologia, rendendo possibili contributi decisivi, con campagne di ricerca rapide e proficue, le quali pongono il nostro territorio in un ruolo di prestigio nel campo dei Beni Culturali.