L’esperienza di una sera nella “Vita Nova” - di Gianmarco Pennetta

L’esperienza di una sera nella “Vita Nova” - di Gianmarco Pennetta

“L’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparare l’avvenire.” Sono queste le parole, scolpite sul frontone del Teatro Massimo di Palermo, che mi sovvengono dopo la visita alla mostra “La Vita Nova Nei giorni fragili del tempo sospeso” : allestita a Lecce nell’appartamento della curatrice Pompea Vergaro. Il risultato di un Progetto innovativo di Arte, nato alla fine del 2020, in pieno lock down da pandemia Covid-19, come profondo e necessario desiderio di non fermarsi.

     Accolgo con piacere l’invito della padrona di casa, che mi apre le porte di casa sua con fare discreto e gentile, quasi a non voler disturbare le opere adagiate sulle pareti bianche del salotto, avvolte da una luce calda e tenue ma che sembra scomparire ai miei occhi non appena mi accomodo sul divano.

    Non immagino cosa aspettarmi, così tra me e me penso che da lì a poco qualcuno avrebbe descritto le opere, come avviene di consueto. Ma invece mi accorgo che la conversazione, interrotta dal mio arrivo, riprende incalzante coinvolgendomi, mentre una simpatica gattina dal pelo scuro e voluminoso, rivendica i propri spazi occupati.

    I discorsi vagano leggeri sopra le nostre teste mentre le opere si lasciano osservare, senza paura di mostrare il percorso che le ha portate fin lì. Fiere del loro vissuto, non ostentano conoscenza né virtù. In ognuna di esse c’è stampata un’iniziale ad introdurre una parola scelta dall’artista. Le opere la esibiscono con orgoglio, ma mai apparendo pesanti agli occhi dell’osservatore.

    Pompea da padrona di casa diventa ospite, chiede permesso. È complice, scambia dei cenni d’intesa ma rimane in disparte.  Rimango colpito da questo atteggiamento. In un tempo di sfarzi e voluminose manifestazioni, la scelta di un ambiente riservato risulta vincente.

     Terminata la visita, a tutti viene chiesto di scrivere su di un quaderno la parola esplicativa dell’esperienza appena vissuta.  Mi sentii di annotare introspezione. Il periodo del primo lock down ci ha imposto lunghi periodi di riflessione a contatto con il nostro io. Le opere esposte hanno fatto riaffiorare quei momenti di dialogo con me stesso, facendomi render conto di quanto la ricerca di un equilibrio all’esterno, passi molto da quanto ne riusciamo a mantener dentro noi stessi. Le opere rappresentano la ricerca effettuata dagli artisti e con fare elegante, garbato ti scrutano dentro. L’osservatore si ritrova a non opporre resistenza e una volta terminato il viaggio, è pronto a ricominciare una Vita Nova prima di un’ultima occasione per riassaporare le voci del tempo sospeso.

    Il nuovo lock down al contrario di quanto si potesse pensare, ha ridato brillantezza alle opere che si esibiscono con una nuova veste. Le ritrovo a distanza di mesi stanche e appesantite, ma con ancora addosso un orgoglioso decoro. Tutti i presenti, invitati della prima ospite Pompea, donano con i ritrovati sorrisi, luminosità alle opere mentre l’atmosfera si fa soffice, morbida. Le poesie diventano note che fluttuano in aria e propagandosi, strappano applausi .

     Gli animi sono risollevati, la tensione è lasciata lentamente alle spalle, e l’ardore dell’estate prende finalmente il sopravvento.

    Le lettere affisse su ognuno dei quadri esposti, oggi celebrano nuovi sentimenti. Mi soffermo sulla parola Resilienza e penso a quanta ce ne voglia. L’Arte come la Cultura, ci ha accompagnato in questa esperienza, si è reinventata, rendendoci diversi, forse più umani, sicuramente più di quanto tendiamo a far vedere, e oggi nel salotto di casa della curatrice celebriamo il battesimo alla Vita Nova.

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