I pensatori, gli intellettuali, i maitre à penser fanno soprattutto esercizi di logica e razionalità, rifacendosi a realtà astratte, oppure sono i principali attori sociali che ascoltano il cuore, la propria intelligenza istintiva e propongono una vita dove le profondità dell’essere sono le protagoniste dell’esistenza? La loro coscienza è agganciata a principi mentali o alla realtà, quella inevitabile, ineluttabile, da sempre presente nella vita dell’uomo e della società?
Moltissimi sono gli intellettuali che credono che ciò che è razionale sia anche reale. Pochi invece quelli che muovono dal principio opposto, per cui ciò che è reale è razionale. Nei primi prevale la mente nei secondi il cuore! I primi più diffusi e accettati, i secondi solo per chi ha molto riflettuto sull’esistenza e sulla propria natura. Ed ancora, tra i primi, molti gli intellettuali che sollecitano l’invidia, la lussuria, l’albagia, l’avarizia del cittadino, facendo vedere felicità che in sostanza non esistono. E questo perché, ad esempio, l’invidia altro non è -all’attento osservatore- che una negazione dell’essere e fonte di molte infelicità. Una società invidiosa e sollecitata nei sentimenti negativi non ha futuro, sebbene nel breve periodo possa produrre risultati esaltanti. E terribile è la propaganda politica e giornalistica, che sollecita e stimola il comune cittadino verso sentimenti negativi, i quali invece dovrebbero essere tenuti strettamente sotto controllo sia a livello individuale sia sociale.E’ da questi input che è nata la rivoluzione culturale in Cina e il socialismo sovietico, i quali sono stati i regimi più spietati e disumani che l’umanità abbia mai conosciuto. L’appiattimento materiale, culturale e sociale sono state le peggiori sciagure che la storia abbia registrato.
In tale direzione, ancora oggi il benessere materiale è visto come la panacea di tutti i mali, e la ricchezza come meta agognata per tutti, senza considerare le reali vocazioni di un individuo, di una società che quasi mai coincidono con l’opulenza. E a tal proposito nei tempi che stiamo vivendo il più grosso problema dell’individuo medio è la ricerca del senso della propria esistenza: ricchi e disperati! La felicità è stata dipinta dagli intellettuali illuministi in ettari di ricchezza materiale, senza considerare le vere esigenze dell’essere. Questi i veri limiti del liberismo e del socialismo. Tutti e due non hanno considerato che la portata dell’individuo varia da luogo a luogo e da tempo a tempo, dove l’opulenza materiale è una delle tante variabili in gioco per il raggiungimento della felicità, del benessere e della pienezza.
E poi si è spinti verso il raggiungimento delle sicurezze, ma mai s’è fatto qualcosa –se non nelle classi più agiate e per certe persone particolarmente avvedute- di dare corso alle esigenze profonde dell’individuo. Gli intellettuali, promotori delle masse, hanno fatto vedere che l’uguaglianza materiale, un regime di sicurezze o una forte competizione avrebbero portato alla felicità. Senza dubbio le sicurezze, la giustizia e la competizione sono dei beni importanti, ma non hanno nulla a che vedere con la felicità, la realizzazione personale e la pienezza.
Ecco, quindi, che Il disorientamento della società attuale risiede proprio nella non più efficace grammatica illuministica. Se questa ha distrutto l’ançien regime non si è posta però come soluzione per l’individuo oggi. Un individuo che oramai vive una vita fine a se stessa, da automa, senza un perché profondo e in definitiva senza una sostanziale giustizia e un’efficace azione per il suo prossimo, anche quello più vicino a lui.