I costi e le caratteristiche della ripresa nel Salento – Ignazio Del Gaudio

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            In prima battuta va subito sottolineato che, la ripresa economica dall’emergenza covid-19, o meglio dalle misure al riguardo prese scientemente da Giuseppe Conte, col silenzio-assenso del Parlamento e del Presidente della Repubblica, sarà caratterizzata da un’impennata nei costi di gestione di moltissime imprese, per effetto della minore frazionabilità dei costi fissi e semi-fissi. È questo il prezzo da pagare nell’economia della “distanza sociale”. Caratteristica che renderà non solo dolorosissima la ripresa, ma anche estremamente lenta, volendo essere ottimisti. E di ciò Giuseppe Conte è perfettamente consapevole, dovendosene poi assumere l’intera responsabilità!

            In linea generale, va da sé che, la spesa complessiva (ovvero la domanda) in provincia di Lecce, per il 2020, sarà minore rispetto agli anni precedenti, almeno di un miliardo e mezzo di Euro, che andrà ad impattare in vario modo sui diversi settori produttivi e commerciali del sistema. La profondità della contrazione della spesa da parte delle famiglie leccesi, poi, dipenderà dalla misura in cui queste andranno ad intaccare il patrimonio a loro disposizione, che secondo le ultime stime si aggira intorno ai 200.000 Euro mediamente per famiglia, di cui 40.000 circa, detenuti in depositi e titoli di vario genere. Certamente, non pochi saranno quelli che scivoleranno dallo stato di povertà relativa a quello di povertà assoluta, mentre altri entreranno proprio nello stato di indigenza.

            Ad ogni modo, ecco che, è ragionevole prevedere che vi sarà una contrazione se non vistosa dell’intero sistema economico, sicuramente di rilievo, dove la componente del lavoro tenderà ad assottigliarsi ancora di più, continuando nella dinamica regressiva innescatasi con la crisi del 2008.

            Ciò premesso, non è fuor di luogo tentare di osservare le principali dinamiche future di alcuni comparti e settori, tra quelli, magari, socialmente più rilevanti.

            Con riferimento alle attività turistiche e della ristorazione, compresi i bar, l’economia della “distanza sociale” imporrà, nella quasi generalità dei casi, una riduzione numerica della clientela in maniera strutturale, portando ciò a frazionare i costi fissi e semi-fissi tra meno unità-cliente. La conseguenza logica è che, da un lato alcune imprese dovranno chiudere i battenti per mancanza del raggiungimento di un volume d’affari che giustifichi l’attiva, le altre si vedranno costrette ad aumentare i prezzi, che se non assistiti da un aumento della qualità, porteranno all’espulsione dal mercato. E a questo punto è chiaro che le fasce più deboli della popolazione dovranno ridurre drasticamente i consumi connessi a queste attività per l’aumento dei prezzi, mentre per le classi più agiate la questione è del tutto irrilevante, o quasi, essendo il consumo ad esse connesse una parte più o meno piccola del reddito disponibile. Nel complesso, tutte le attività prese in considerazione, la tendenza sarà quella dell’aumento dei prezzi-servizi e della qualità offerta. Va segnalato che, pochissimi scossoni, invece, registrerà quel sistema di B&B sorto negli ultimi anni e caratterizzato da un’offerta di altissimo livello. Si pensi che in provincia di Lecce si registrano casi di B&B il cui prezzo-notte raggiunge persino 1.000 euro circa.

            Con riferimento al settore immobiliare, la tendenza sarà dettata da una generalizzata contrazione delle attività, per la riduzione delle contrattazioni di immobili, derivante dal difficile momento delle famiglie, il cui orizzonte non appare luminoso o ancora più buio rispetto a sei mesi fa. Una contrazione rallentata, tuttavia, dalla componente “straniera”. In altre parole, il livello d’acquisto di immobili sarà sorretto e sostenuto soprattutto da acquirenti stranieri o settentrionali, che hanno avviato tale trend in maniera significativa già a partire dal 2003-2004. In ogni caso, mentre nel 2007 in provincia di Lecce il livello delle contrattazioni era di circa 8.000 trasferimenti di immobili all’anno, questo valore è sceso a circa 5.000/6.000 negli ultimi tempi, con una contrazione media del valore di scambio degli immobili del 30%, come ampiamente risaputo e riscontrabile. Ci si aspetta per i prossimi anni un ulteriore riduzione del livello di contrattazioni annua, forse a quota 3.000-4.000 trasferimenti, con un ulteriore riduzione del valore di scambio degli immobili del 30%.

            Il settore dell’Arte, dello Spettacolo e della Cultura (ASC), invece, che sino ad oggi ha costituito una componente di non poco conto del PIL della provincia di Lecce, aggirandosi intorno al 6-7%, assisterà ad un ingrossamento importante degli aspiranti scrittori, attori, musicisti, cantanti, giornalisti, come forma compensativa alla disoccupazione e alla poca offerta di lavoro nella provincia. Sorgeranno molte nuove case editrici, case discografiche e di mediazione in genere, giornali on line. In termini sociali, il settore diventerà ancora più importante rispetto al decennio precedente quale ammortizzatore sociale per eccellenza. Va ricordato, infatti, che il settore dell’ASC ha registrato una fortissima espansione dopo la crisi del 2008 e cioè a partire dal 2010, facendo di Lecce un festival quotidiano di eventi di vario tipo. Certamente, qui, crescendo la competizione, sarà inevitabile che il settore si organizzi a sistema con maggiore decisione, dove da un lato avrà la meglio chi curerà la qualità e avrà un vero talento e dall’altro chi riuscirà ad entrare nello star stystem locale, che negli ultimi tre, quattro anni ha registrato progressi significativi, in termini di connessioni sistemiche tra i vari attori del settore e la finanza.

            Per concludere questa breve e non esaustiva carrellata, va menzionato il cambiamento del sistema commerciale, dove il maggior peso della crisi ricadrà sulla grande distribuzione, mentre un certo sviluppo verrà registrato da quegli esercizi vocati al dettaglio ed improntati al consumo di beni di alta qualità. Nessuna variazione significativa invece si registrerà per il commercio dei beni di lusso, che manterrà il suo ordinario passo di sviluppo in linea con le tendenze mondiali, che vedono crescere in maniera inarrestabile il mercato del luxury del 10-15% all’anno. I beni di lusso, infatti non dipendono dal livello del reddito, ma dai processi di redistribuzione di questo. Sotto il profilo territoriale, infine, se fino ad oggi si è assistito ad una polverizzazione dei poli commerciali in ambito provinciale, nei tempi a venire ci si aspetta un ritorno con forza al primato del capoluogo salentino.

         

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