Impresa e lavoro oggi – di Ignazio del Gaudio

Impresa e lavoro oggi – di Ignazio del Gaudio

            Prodotto della Natura o creato in laboratorio, come arma o come strumento culturale e di potere, il Covid-19 c’è. Se questo poi svanirà da solo o continuerà a produrre i suoi effetti mortiferi oramai è questione di scarso rilievo. Perché? Il Covid-19 è stato l’elemento che di fatto ha messo in moto un processo inarrestabile e irreversibile per il quale il Mondo Occidentale cambierà passo. E in questi giorni stiamo assistendo momenti che passeranno alla Storia per quelli in cui l”Ancienne Règime capitalistico” ha avviato le procedure di dissolvimento, quali preludio e segno dell’avvento di un Nuovo Ordine.

            La Grande Crisi del 2020, di sicuro porterà alla robottizzazione di moltissimi processi produttivi, alcuni dei quali vedranno la quasi totale scomparsa dell’elemento umano per la loro gestione. Da bene intendersi, oggi gli studi di biologia, fisica ed informatica sono in grado di produrre macchine intelligenti capaci di sostituire l’uomo anche nella lettura e nella recensione di un libro per giungere all’intervista dell’autore in televisione. Quindi l’intelligenza artificiale è già in grado di svolgere molti dei compiti complessi dell’uomo e la sua applicazione non riguarda esclusivamente il mondo della trasformazione fisica di un bene, ovvero l’industria, ma anche quello della trasformazione nel tempo e nello spazio dei beni, oltre che l’erogazione di moltissimi servizi. Insomma, stiamo entrando nell’Era del “pilota automatico”.

            Marx aveva previsto tutto ciò e fu dell’opinione che a questo punto, per effetto del crollo del saggio di profitto, che nella sua analisi economica è imputabile solo al fattore lavoro, il Capitalismo sarebbe imploso. Sicuramente, partendo dal concetto che l’impresa e l’entrepreneur siano istituzioni giustificate dal profitto e a questo finalizzate, le conclusioni di Marx sono giuste, anzi giustissime. Ma l’impresa, forse già a partire dal 500 d.c., non è stata creata per generare profitto, non ne è il suo motivo fondante. L’impresa, invece, è sorta come struttura ed istituzione centrale nell’organizzazione della società, come strumento di orientamento e sviluppo anche spirituale del popolo, come costruzione e costrutto per eccellenza dell’esistenza e per l’esistenza e da qui, come strumento di potere e di controllo.

            Ecco che l’avvento del robot, che sicuramente farà crollare il saggio di profitto, forse, non genererà il crollo del sistema capitalistico, inteso nella prospettiva di strumento di controllo e orientamento della società. Anzi, tutto lascia immaginare che costituirà ancora l’asse portante delle istituzioni del Mondo Occidentale. A questo punto sorge tuttavia un problema centrale per gli anni a venire: qual sarà la valenza del lavoro? Il lavoro che parte avrà nell’imminente società che si sta costruendo? Sarà ancora una forma di esistenza valida o bisognerà dismetterla e riporla in soffitta? Ed ancora, il lavoro sarà ancora il “castigo divino” per eccellenza?

            Domande queste, che richiedono importanti approfondimenti. Tuttavia, al momento è sufficiente riflettere su pochi elementi, rifacendosi alla Costituzione italiana, così vilipesa soprattutto in questi giorni, la quale al riguardo narra all’articolo 4: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.

            Ecco, e qui si conclude che, già nei padri della costituente, il lavoro non è inteso solo come mezzo di progresso materiale, ma anche spirituale. Anzi, per meglio dire, il lavoro è strumento o di progresso materiale o di progresso spirituale. E qui la “o” è decisiva. La questione, quindi, va intesa nelle varie combinazioni, ma offre, di fatto, una via d’uscita al problema posto, forse uno dei più importanti dei nostri tempi, dei nostri giorni.

            In tale direzione, anche la Costituzione americana, benché strutturata più di 230 anni fa ed entrando in vigore nel 1789, e pur non prevedendo il progresso materiale o spirituale attraverso e solo il lavoro, sul piano dei valori dell’esistenza, tuttavia, narra di cose ben accostabili ai valori della Costituzione italiana. Esplicita, infatti, che: “tutti gli uomini sono stati creati uguali, che essi sono dotati dal loro Creatore di alcuni Diritti inalienabili, che fra questi sono la Vita, la Libertà e la ricerca delle Felicità; allo scopo di garantire questi diritti, sono creati fra gli uomini i Governi, i quali ...”  E qui è d’obbligo chiosare sottolineando che, non tutti sanno, che la Dichiarazione d’Indipendenza degli Usa ha un padre italiano, napoletano in particolare. Il suo nome è quello di Gaetano Filangieri, giurista e filosofo illuminista partenopeo, nonché tra i primi massoni italiani, coniatore di quel principio tanto importante e carico di un’umanità civile che è il diritto alla felicità. Felicità che non è da perseguirsi esclusivamente tramite il lavoro, che di fatto per gli americani rappresenta uno dei tanti possibili percorsi per il raggiungimento della pienezza della propria esistenza ed in definitiva, il senso della vita.

Ignazio Del Gaudio

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