L’allentamento del blocco nazionale forzato, per poter contrastare la piaga coronavirus, ha scosso il Paese da un torpore che pareva essersi ormai radicato nella sfera sociale più profonda dei cittadini come mai è successo nella storia recente.
Negli ultimi duecento anni, numerose sono state le crisi susseguitesi che hanno influito di seguito sulle abitudini di tutti noi e anche la ripresa iniziata nei primi giorni di maggio porterà con sé notevoli cambiamenti per tutto il Paese e in particolare per un territorio, quello salentino, indietro a livello infrastrutturale e quindi più soggetto subire conseguenze a livello economico. Ma quali sono le prospettive per il futuro?
La ciclicità propria della storia impone un’analisi profonda del sistema economico e non è così banale prevedere una non ininfluente contrazione della produzione e della spesa che sfocerà in una diminuzione reddituale per le famiglie. Sebbene la riapertura a tappe per le attività commerciali abbia avuto inizio da tempo, molteplici saranno quelle attività che non riapriranno i battenti vista la situazione di profonda insicurezza data anche da una pressione fiscale non sostenibile dai più.
La crisi economica impone quindi, come spesso accade, una radicale e autonoma trasformazione dei settori che partecipano maggiormente alla formazione del reddito per potersi adattare alle nuove dinamiche di mercato. A livello occupazionale, le unità sprovviste di lavoro cresceranno nell’ordine di diecine di migliaia, alimentando un valore che, sebbene negli ultimi dieci anni si sia assestato sulle 50.000, lieviterà superando probabilmente le 100.000 unità
Quello leccese è un territorio ricco ma poco sfruttato, il quale storicamente ha sempre avuto difficoltà a garantire lavoro, ad eccezione di alcuni settori. E sebbene questa – ormai, quasi certa – riduzione anche del numero degli occupati sia a tutti gli effetti un aspetto tremendamente negativo per la popolazione, non sempre lo è per l’imprenditoria e per i governanti. Un disoccupato, infatti, in un periodo di difficoltà accetterà una remunerazione più bassa pur di lavorare o addirittura sarà costretto a farlo in nero. Insomma, è facile arguire che quanto più è alto il livello della disoccupazione più bassi sono i salari e le loro spinte all’aumento, garantendo agli imprenditori la possibilità di contenere i costi del lavoro e recuperare competitività sul mercato.
Da quanto qui succintamente esposto, è facile intravedere in queste dinamiche la loro capacità di determinare una rivoluzione in termini di scelte di consumo da parte della popolazione. Ristoranti e bar, ad esempio, complice la riduzione della clientela dovuta alla crisi e alle limitazioni imposte per la fruizione delle attività, dovranno mutare la propria struttura, tagliando i costi operativi e alzando i prezzi, con una competizione sempre più pressante. Tradotto, la selezione che il mercato opera consente la sopravvivenza a quelle aziende virtuose in grado di garantire qualità accompagnata a prezzi più alti o a quelle che in maniera del tutto opposta riusciranno ad adattare l’offerta a prezzi inferiori, alimentando una spaccatura sociale e nei consumi tra ricchi e poveri con un lento deterioramento della classe media.
Il settore Artistico come quello dell’Artigianato, simboli dell’identità culturale Leccese, se non adeguatamente sostenuti, corrono il rischio di sparire riducendo il tutto ad una attività hobbystica o tremendamente competitiva dove avrà la meglio chi è in grado di emergere. Il settore turistico e di accoglienza vive, ad ora, una situazione imprevedibile date le incognite legate alle regolamentazioni per l’accesso alle spiagge con B&B e strutture balneari costrette a limitare i danni, sebbene occorra sottolineare come ciò non infici sull’offerta dei servizi di lusso sempre più presenti nel territorio economico salentino. Il settore agricolo, sebbene non ricopra più elemento distintivo a livello di performance, ha coperto l’incremento di domanda di prodotti durante questo periodo di lockdown.
Occorre sottolineare, tuttavia, come l’agricoltura salentina viva di lavoro stagionale e precario denotando l’assenza di un vero e proprio piano occupazionale e di investimenti per il territorio. Pare, inoltre, che si sia quasi deliberatamente dimenticati di un argomento della fondamentale importanza, quello della lotta alla Xylella, vera minaccia verso uno dei simboli culturali e produttivi del Salento quale è l’ulivo.
Quanto detto in questa “disamina” consente di prevedere ragionevolmente una trasformazione del commercio, in favore della grande distribuzione e dell’accentramento organizzativo territoriale in favore dei grandi centri e dei poli commerciali. Gli aspetti sotto la lente d’ingrandimento sono quello merceologico e gestionale, con le aziende che oltre a rivedere la propria offerta rivedranno i propri costi e modelli di gestione di riflesso alle variazioni del reddito del territorio. Cosa aspettarci insomma? La platea di disoccupati post crisi spingerà verso la creazione di una nuova tipologia di posti di lavoro con un conseguente aumento della competizione.
I settori che andranno incontro ad uno sviluppo saranno quelli in grado di accompagnare la propria attività a quella dell’evoluzione tecnologica, delineando un’economia dalla configurazione più efficiente, “depurata” di ciò che non è al passo, in favore di servizi più conformi alle capacità della platea. E anche questo sarà uno dei motivi che descriveranno i perché della prossima dilagante disoccupazione.
Insomma, l’economia salentina di certo attraverserà momenti molto difficili per tutti gli operatori, sia per i lavoratori sia per i datori, nei quali si “salveranno” solo quelle componenti umane più efficienti ed efficaci, più orientate al cambiamento, più flessibili e reattive. Quelle componenti capace di seguire il sempre più complesso gioco economico. Chi invece, ha una configurazione tipo “cariatide” sarà destinata ad abbandonare lo scenario. Va da sé che vi sarà chi ha rendite di posizione, soprattutto a livello sociale, che continuerà a caratterizzare lo scenario salentino, ma nel medio periodo sarà inevitabilmente costretta ad abbandonare l’arena economica o posizionarsi ai margini, nonostante l’estrazione sociale molto alta, perché incapace, nonostante le “coperture”, di reggere i tempi moderni che verranno.
Francesco Cavallo