Al referendum un “no” per la democrazia? – Massimiliano Lorenzo

Al referendum un “no” per la democrazia? – Massimiliano Lorenzo

            Coloro che vivono l’Italia in questo difficile periodo devono esser consapevoli di essere in un momento storico miliare. In più, i maggiorenni italiani potranno contribuire a scriverlo, nelle urne, i prossimi 20 e 21 settembre, quando dovranno esprimersi sulla riforma costituzionale circa il taglio dei parlamentari. Il referendum ci chiama a decidere se dai 945 rappresentanti del popolo si dovrà passare a 600. Una “sforbiciata” netta e senza contromisure, che non è neanche assistita da una legge elettorale, che descriva le modalità di scelta dei rappresentanti nel nuovo assetto. Ancora, quello che si prefigura è, a tutti gli effetti, un taglio alla democrazia, travestito e motivato dalla necessità di riduzione delle spese per il mantenimento della classe politica italiana.

            L’intento principale dei promotori di questo referendum costituzionale, i pentastellati di Governo, sarebbe quello di limitare i poteri dei politici, che, in senso dispregiativo, vengono definiti “casta”, che poi è l’organo rappresentativo del popolo italiano, il Parlamento, regolato dagli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione repubblicana. Secondo gli ideatori della riforma, infatti, si rende utile e necessario il passaggio a 600 membri totali anche per ragioni economiche: con il “si” alla riforma, in una legislatura si risparmiano 500 milioni di euro, ovvero 100 milioni l’anno, che si traducono pressoché in un caffè in più per gli italiani all’anno. Insomma, si prefigura una tale modifica alla Carta Fondamentale per molto poco, per pochi spiccioli! Bisogna ravvisare, dunque, che non può essere una così limitata questione quantitativa a reggere un tale impianto ideologico. Non è così che si possono ridurre i costi della politica!

            Il punto focale però è un altro! Fermo restando che la democrazia ha i suoi costi, l’aspetto principale riguarda la rappresentatività. È questo l’elemento che verrà realmente tagliato e ridotto. Ed è presto detto: un gruppo ristretto di potere, non si può pensare di limitarlo restringendo il numero dei suoi membri, perché diverrà ancor più elitario e più chiuso. Insomma, per accedere all’organo rappresentativo per eccellenza, il Parlamento appunto, un cittadino dovrà conquistare un rango sempre più elevato, dovrà trovare la sintesi per sempre maggiori interessi, dovrà garantirne sempre di più, praticamente dovrà avere un suo un patrimonio economico sempre più ampio. Ed anche un altro pensiero è semplice da comprendere: tenendo ferme le regole per l’accesso al voto e il numero dei votanti, un eletto dovrà rappresentare un numero più ampio di elettori, ovvero aumenterà la distanza tra l’istituzione democratica e i cittadini. Da qui, i problemi per la democrazia e la rappresentatività in Italia saranno ancora più grandi, se al taglio dei parlamentari non seguirà una nuova legge elettorale in linea con la nuova configurazione parlamentare. E non è nemmeno costituzionalmente sostenibile che la rappresentatività troverebbe espressione in altre cariche istituzionali, come già sostenuto dalla Corte, in quanto queste non rappresentano l’intera nazione.

            Se la volontà è quella del taglio dei costi parlamentari sarebbe, forse, più coerente, tagliare lo stipendio e i privilegi di cui godono deputati e senatori. Sono questi gli elementi che, realmente, possono identificare i parlamentari come “casta”. Ma la logica pare più che altro essere “punitiva” nei confronti dei rappresentanti del popolo, da abbattere con ogni mezzo. L’ottica del “si” al taglio dei parlamentari, da Noi trattata qui qualche giorno fa, pare dare per scontato che la qualità aumenti al diminuire del numero dei componenti di un organo o di un gruppo. Una qualità che dovrebbe derivare, comunque, da una cultura ed una formazione più alte e complete, da un senso delle istituzioni più dignitoso e pubblico, meno orientato agli interessi privati e a quelli di “casta”.

            In fine, la riforma voluta a tutti i costi dal Movimento 5 stelle, sostenuta ora dal Partito Democratico e, in maniera sottaciuta, dalla Lega, è piena di lacune ed è confusionaria: non risolve il bicameralismo perfetto, sempre che questo sia un problema. Il “cuore” della questione sta nel potere, che i pentastellati dei primi anni intendevano pubblicamente abbattere, salvo poi ricercarlo e tenerselo stretto. Proprio il potere nelle mani dei parlamentari, di 600 italiani, aumenterà e si concentrerà sempre di più, se vogliamo sostenere che il potere decisionale vero risieda ancora nei rappresentanti del popolo.

Massimiliano Lorenzo

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