Sul MES vacilla la politica in Italia – Massimiliano Lorenzo

Sul MES vacilla la politica in Italia – Massimiliano Lorenzo

          A destabilizzare la politica italiana non sono solo elementi pensati e creati nel nostro Paese, come, ad esempio, potrebbero essere il reddito di cittadinanza o un condono su tasse e costruzioni. Da non poco tempo, infatti, maggioranza e opposizione parlamentare litigano tra di loro, e all’interno degli stessi schieramenti, a causa della questione focalizzata sul MES. Una questione sulla quale tutte le aggregazioni politiche stanno registrando forti tensioni al loro interno e tra loro stessi. Insomma, il MES ovvero il Meccanismo Europeo di Stabilità sta destabilizzando il nostro paese e la sua politica

          Quello che più comunemente viene considerato un “Fondo Salva Stati”, il MES appunto, sta mettendo a dura prova le alleanze, più o meno naturali, che reggono le istituzioni italiane. Difatti, leggendo la cronaca politica, si nota chiaramente come il sostegno del Partito Democratico a questo strumento europeo, ritenuto fondamentale specie dopo la pandemia e le sue conseguenze, colpisca forte l’alleanza con il Movimento 5 Stelle. L’organizzazione retta oggi da Vito Crimi e fondata dal comico Beppe Grillo è, infatti, contraria all'adozione di strumenti di finanziamento ed il ricorso ai fondi europei. Il perché di tutto ciò è presto detto: se l’Europa concede soldi a fondo perduto o prestiti, successivamente questa chiederà qualcosa in cambio, in termini di taglio alla spesa pubblica e, dunque, alle politiche sociali. Insomma, come in tutti i contratti che si rispettino anche per quello attinente al MES ci sono le clausole (molto ben nascoste) che implicano l’ipoteca dei beni pubblici, nell'ipotesi in cui vi si dovesse far ricorso ai soldi del Fonto Salva Stati.

         Non è una novità, anzi, l’attenzione posta dai pentastellati nei confronti del welfare state, che hanno tradotto nel loro programma e poi al Governo, con riferimento al reddito di cittadinanza. La posizione più europeista e di compromesso con le istituzioni europee non ha invece mai spaventato il Partito Democratico, né con Pierluigi Bersani segretario ieri l’altro, tanto meno con Matteo Renzi ieri e Nicola Zingaretti oggi. Così, la maggioranza giallorossa mostra bene le sue differenze: se per il PD sarebbe “sciocco” non usufruire di 40 miliardi senza condizionalità – almeno per ora – che se ben spesi aiuterebbero a riformare la sanità italiana; l’alleato maggioritario in Parlamento, il 5stelle, anti – europeista della prima ora, salvo poi fare marcia indietro bruscamente, continua oggi a schierarsi sul fronte del “no”. Ancora, a capeggiare lo schieramento pentastellato è il redivivo Alessandro Di Battista, tornato nuovamente sulla scena politica, per provare a riprendersi il movimento. La mossa di Dibba era prevedibilissima già quando fece un passo di lato rispetto al movimento, alle ultime elezioni del 2018: ha lasciato che il suo partito si schiantasse nei compromessi con Salvini e Zingaretti, per poi tornare e provare a riedificare sulle macerie.

          Sull’altro lato della barricata, quello del centro destra, la situazione non è meno grave. Sebbene la caratteristica della destra sia la capacità di creare unità all’interno dello schieramento, anche tra Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia, sul MES, le acque sono agitate. Tra l’altro, tutti e tre erano al governo nel 2011 quando fu approvato in Parlamento. Mentre Salvini e Meloni proseguono nella contrarietà alle linee di credito previste dal Meccanismo Europeo di Stabilità, la Presidente forzista Anna Maria Bernini e il suo partito considerano importanti questi miliardi europei, perché subito disponibili e spendibili per piani mirati al rafforzamento delle strutture sanitarie italiane. I due rampolli della destra radicale italiana hanno dimostrato schizofrenia anche sulle questioni europee, a momenti alterni invocano l’intervento della Commissione europea, in altri giudicano quest’ultima una specie di dittatore totalitario che pretende di decidere tutto. Ovviamente, è pura propaganda. Non fosse altro perché tanto la Lega, quanto Fratelli d’Italia, gli scranni del Parlamento europeo, come quelli delle camere italiane, li frequentano poco e male, evidentemente. Speriamo restino all’opposizione, per il sistema Italia e per gli italiani. Però, Giorgia Meloni sul tema si è prodotta nelle sue solite invettive: pur non conoscendo bene la geografia dell’Italia e dell’Europa, sostiene che accedere al Fondo Salva Stati significhi portarsi la Troika in casa, quel che temono un po' anche i pentastellati. Certamente, da quando esiste la banconota, nessuno fa niente per niente, tanto meno i prestatori di liquidità europei, ma fare politica, anziché sterile propaganda, sarebbe qualcosa auspicabile da parte di tutti. Appunto, gli istituti di credito privati europei chiederanno un qualche potere sul controllo del territorio italiano e grandi famiglie italiane in patria e all’estero si affretteranno ad accaparrarsi fette di mercato e, ovviamente, anche loro, di potere (Leonardo Del Vecchio, proprietario tra le altre aziende di Luxottica e con quote azionarie in istituti bancari, non a caso, sta provando ad aumentare i suoi pacchetti di potere nei Consigli di Amministrazione)

       In ultimo, la sintesi di tutto è il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che ha deciso di parlamentarizzare, giustamente, la discussione. Certo, sembra farlo anche per scaricare un po' di responsabilità storica e diretta nell’utilizzo dei fondi del MES. Il suo destino politico non è ancora del tutto chiaro, quindi magari dovrà esporsi anche lui, un domani, come politico, e le scelte, nel bene e nel male, gliele faranno pesare. Al momento, il Presidente del Consiglio deve fare i conti con la delusione democratica, che lo reputa ancora troppo legato al Movimento 5 Stelle, e dall’altra con la guida del paese e le tante vertenze ancora aperte: gli operai dell’Ilva non sanno ancora dove e come finiranno, la compagnia aerea di bandiera è ancora in alto mare e le questioni internazionali, come quelle di Giulio Regeni, chiedono ancora giustizia.

       Ma poi, all’Italia, servono realmente questi fondi europei o può fare da sé? Perché ascoltando la propaganda abbiamo affidato, nei Trattati, in tutto e per tutto, l’emissione di moneta agli istituti europei, che sono privati e non pubblici. Però, tecnicamente, l’Italia potrebbe stampare moneta autonomamente. Perché, alla fine, Il controllo monetario è solo uno degli aspetti del potere.

Massimiliano Lorenzo

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