L’avvento della canzone cantautorale – Francesca Greco

L’avvento della canzone cantautorale – Francesca Greco

          È negli anni ’60 che, in Italia, la canzone cantautorale nasce e prende corpo. Una canzone che affonda le sue radici nel grande sviluppo sociale ed economico di quegli anni; che porta con sé, ovviamente, una serie di frizioni sociali, una nuova visione dell’esistenza e della realtà, una vita a tratti completamente diversa. E così, mentre da un lato troviamo un crescente benessere materiale, un’accelerazione dello sviluppo urbano, una classe operaia con una scolarizzazione sempre più spinta e profonda, dall’altra si acuiscono i contrasti sociali e le tensioni politiche, che culmineranno nel “famoso autunno caldo” del 1969. Sul piano della canzone, si ha la scoperta del reale con le sue gioie, ma anche con le sue sofferenze e delusioni e, tale fenomeno, risulta essere particolarmente rilevante, riuscendo a mettere insieme tasselli differenti della cultura italiana di quegli anni, dandone risalto, allontanandosi quindi dal più semplice binomio voce e canzone. È, in definitiva e idealisticamente, una canzone nuova quella che si presenta; una canzone che cerca di ‘amalgamare’ popolo ed intellettuali, in un’unica componente sociale.

           Ad ogni modo e venendo al quid, nel 1958 vede la luce, a Milano, la Dischi Ricordi S.p.A., dall’idea di Nanni Ricordi e Franco Crepax: appassionati, anticonformisti, intuitivi. Insieme a Gian Piero e Gianfranco Reverberi, hanno l’idea di far cantare gli autori stessi, senza badare alla voce, spesso acerba. Questa la chiave di volta, questo lo sguardo nuovo, mutato, l’approccio intimo a ciò che si racconta: una realtà che entra con prepotenza nelle canzoni. Milano, infatti, è il crocevia di nomi come Gaber e Jannacci e nucleo prodromico della celeberrima scuola genovese, tra i cui componenti di spicco troviamo Umberto Bindi, Bruno Lauzi, Luigi Tenco, Gino Paoli, un giovanissimo Fabrizio de André e un adottato istriano, Sergio Endrigo. Loro sono i nuovi autori: i cantautori, inaspettatamente apprezzati, sia per la loro penna sia per la loro interpretazione nuova, innovativa, di quelli che sono e saranno i cambiamenti nel nostro Paese.

          Ma andiamo con ordine. Milano, centro nevralgico per la presenza di un florido mercato discografico, è pronta ad accogliere una nuova canzone. Tra i protagonisti della scena milanese ci sono i già citati Gaber e Jannacci, ma anche Dario Fo, Ornella Vanoni, Fiorenzo Carpi, Giorgio Strehler. E proprio gli ultimi due avviano una canzone tipica della scena milanese, ispirandosi alle cosiddette “Canzoni della mala”, ovvero brani popolari che narrano la malavita della città. E ciò accade proprio in concomitanza con la crescita esponenziale della malavita nel capoluogo lombardo, in quello che è il più ampio scenario del grande sviluppo economico e urbanistico.

          Ecco, nasce così un progetto nuovo, originale, connubio, peraltro, fra tradizione e mondo intellettuale, dove i protagonisti nei testi delle canzoni sono i detenuti, i malviventi, i malfattori. Affidata alla voce della Vanoni, interpretata da Gaber e Dario Fo o dagli stessi autori Carpi e Strehler, la nuova canzone nasce sotto il segno dell’amara comicità o dell’esilarante tragicità.

          A Milano le esibizioni dei cantautori si tengono nei cabaret, che poi alla storia han consegnato il proprio nome: il Santa Tecla e il Derby Club, luoghi in cui l’incontro è l’occasione perfetta, preziosa ancor meglio, per lo scambio di idee, per la contaminazione culturale. Tra i nomi che portano avanti le canzoni della malavita, con spinte talvolta blasfeme, vi sono i Gufi, Maria Monti, Milly, Walter Valdi, Cochi e Renato, Laura Betti. E questo lavoro raggiunge il suo exploit in uno spettacolo teatrale, Milanin Milanon, scenografia ideale per una presa collettiva di consapevolezza di quanto stesse accadendo in città, per il crearsi effettivo di un’Identità.

          Fra il 1964 e il 1965, con il dialetto de La Milano di Enzo Jannacci, vengono recuperati molti brani in collaborazione con Fo e Carpi: storie “di tutti i giorni” e contro “l’autorità”, storie di personaggi a cui Jannacci dà voce. Con Cochi, Renato, Dario Fo e Gaber, Jannacci avrà una complicità duratura. Nel 1966 incide Ho visto un re: censurata e respinta perché considerata una canzonatura dei poteri forti e delle gerarchie sociali. Nel 1967, Vengo anch’io. No, tu no, è un brano capace di riscuotere immediato successo, che non basta a fermare la censura.  Ad esserne colpita è la parte finale del testo, a causa del rimando a due eventi ‘scomodi’: la tragedia dei minatori italiani in Belgio, a Marcinelle, e la dittatura del generale congolese Mobutu, sanguinaria, deleteria per ogni diritto umano calpestato, fatto che scuote, e non poco in quel periodo, le coscienze dell'Occidente.

          In parallelo, geniale, irriverente, sensibile ed estroso, Giorgio Gaber scrive (insieme ad Umberto Simonetta) racconti musicali, che raccontano di figure ai margini della città, gente qualunque, immersa nel grigiore dei quartieri metropolitani, di eroi da balera e campioni di piccoli mondi; fra queste: La ballata del Cerutti, Il Riccardo, Porta Romana, Trani a Gogo’, Le nostre serate e Barbera e champagne (questa scritta con Luporini). Gaber, Insieme a Maria Monti, diventa uno dei protagonisti del cabaret milanese.

          Dopo Canzonissima, Sanremo e due fortunati tour con Mina nel 1969, Giorgio Gaber approda al più maturo teatro–canzone: le ballate cominciano ad affrontare i temi dell’alienazione, della solitudine e del disagio. I mediocri delle prime canzoni lasciano il posto ai nuovi padroni del nostro quotidiano e delle decisioni politiche. Insieme a Sandro Luporini scrive una serie di recital, nei quali ai monologhi si alternano canzoni provocatorie. In scena compare la figura metaforica di un uomo posto di fronte ai problemi del paese, al crescente impegno politico, ma anche ai dubbi e alle passioni di un’intera generazione. Quello che per tutti noi rimane il “Signor G.”.

          Ma pensare che la canzone d'autore sia solo quella di Milano sarebbe un grosso errore!

          È una parentesi, sì ampia, di questo fenomeno nuovo, ma che non lo esaurisce.  

          Genova, florida da sempre culturalmente, darà i natali alla scuola genovese.

          Ma questo è un altro discorso, che non può che meritare un capitolo proprio, un racconto a parte, per carpirne l’essenza più verace. Per comprendere il fenomeno della canzone cantautorale, nella sua complessità e totalità, nelle sue quasi inspiegabili sfaccettature, nella sua più palpabile e innovativa bellezza.

Francesca Greco

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