È innegabile che parlando di Lecce la narrazione scivoli sul prodotto più famoso dell’arte degli scalpellini e dei “tagliamonti”, ovvero la Basilica di Santa Croce, l’edificio più celebrato del barocco leccese, che si fa riconoscere nel mondo per la sua unicità, per la sua capacità di stupire.
Girovagando per le stradine del centro storico, La Basilica di Santa Croce compare all’improvviso in tutta la sua meravigliosa imponenza, procurando sovente un tuffo nel cuore per la sua imponenza e bellezza. In via Umberto I, la Basilica è circondata da un dedalo di viuzze antiche che scomparendo alla sua destra danno l’accesso alla storica giudecca, l’attuale via Saponea, che ci rimanda ad antichi mestieri e misteri.
In ogni caso, Santa Croce è la costruzione barocca più ricca di simboli sacri del capoluogo salentino. Nata su sollecitazione dei padri Celestini nel 1549, vede però la sua data di apertura al pubblico solo nel 1695. L’intero progetto è dell’architetto Gabriele Riccardi, che realizza lo scheletro dell’intera chiesa, riuscendo però a costruire solo la parte inferiore della struttura.
La Basilica trova il suo giustificato trionfo prima per la Controriforma e poi per la battaglia di Lepanto del 1571, quando l’occidente cristiano della Lega Santa sbarra definitivamente il passo per mare alle intraprendenze e alle mire espansionistiche dei turchi.
Le proporzioni nella pianta strutturale della Basilica riproducono il biblico Tempio di Salomone. Sulla porta maggiore è infatti inciso in latino il versetto biblico Macc. I 4,57 “Ornarono la facciata del tempio con corone d’oro e scudi, inaugurarono le Porte e vi misero i battenti”.
All’interno sui capitelli troviamo scolpito Melchisedek, sacerdote del Tempio, e la regina di Saba e Salomone stesso. La struttura della Basilica si articola sostanzialmente in tre parti come tre sono gli architetti che si sono avvicendati nel tempo per la sua costruzione: Gabriele Riccardi che realizzò la parte inferiore e le sei colonne con suggestivi capitelli zoomorfi; Francesco Antonio Zimbalo che costruì i tre portali centrali, soffermandosi su quello maggiore, caratterizzato dagli stemmi e dai blasoni degli altolocati del tempo, come Filippo III di Spagna, Gualtiero VI di Brienne duca di Lecce e Maria d’Einghien, sepolta nella stessa basilica. L’ultima parte della chiesa, quella superiore è di Cesare Penna, che realizza la balconata sostenuta da uomini e animali in pietra, chiara allusione alla battaglia di Lepanto.
Ritornando sulla ricchezza di simboli di questa Basilica, il Rosone, meravigliosa attrattiva centrale, si presenta come elemento fondante di tutta l’economia della facciata, come quella dei fedeli innestati “in Cristo”.
Scontata la circostanza per la quale il Rosone è elemento ricorrente e immancabile di quasi tutte le chiese, nello specifico della Basilica di Santa Croce esso illustra chiaramente il suo significato ultimo e fisso. In particolare, la circonferenza rappresenta la Chiesa e la cristianità e il punto centrale da cui si dipartono raggi multipli di tre, il Maestro, il Cristo. In altra prospettiva, tutti i raggi che danno luogo alla circonferenza sono innestati in Cristo, il Signore, la luce, o che dir si vogli, il sole dei cristiani.
È da notare che nel primo cerchio del Rosone, vi sono 12 angioletti, che rappresentano i 12 apostoli, ma anche le 12 tribù di Israele, il cui fulcro è rispettivamente Gesù il Cristo e Mosè. E qui per un approfondimento dei significati bisogna rimandare ai Vangeli nell’episodio della Trasfigurazione di Gesù. Al di là di ciò, nella seconda circonferenza del Rosone, invece gli angioletti sono 24. A tal riguardo, va da sé che 24 sia il doppio di 12, ma allo stato attuale delle indagini e delle ricerche, non v’è una visione unanime condivisa.
Altra circostanza importante è che la facciata della Basilica riproduce l’umanità in due categorie, dove in basso vi si trova l’inferno, pagano e scomposto, permanentemente proteso alla guerra. Staccata dalla balaustra, il Paradiso nella parte superiore della facciata. E proprio qui che è stato collocato il Rosone, cioè in quell’area dove vi sono i “Salvati” per mezzo del Battesimo, quelli “iscritti nel Libro della Vita”.
Grazia Piscopo