“Lei, De Nittis, è uno di quelli che preferiscono la via più lunga, ma comoda e sicura, o le piace rischiare?” Il capitano del Nucleo di Polizia Economica e Finanziaria rimane spiazzato davanti alla domanda di Myriam Bellini, occhi azzurri e luminosi. La direttrice della biblioteca Ariostea a Ferrara si riferiva al percorso da compiere sotto la pioggia battente per raggiungere il suo studio, quello più lungo al coperto costeggiando il perimetro del fabbricato oppure quello più rapido e diretto, ma all’aperto sotto la pioggia attraverso il cortile. Gaetano De Nittis era rimasto perplesso e aveva subito associato la sua vita a quella domanda semplice ma che nascondeva la metafora della sua esistenza. Dal Sud, di origini pugliesi, in quella terra padana. Aveva dovuto rivedere i parametri della sua attività investigativa, senza perdere l’amore per la musica, da bluesman, anche se non da professionista.
La musica lo tranquillizzava e gli forniva quell’armonia interrotta dal suo lavoro investigativo, fra crimini e illegalità varie, senza però mai perdere la generosità e l’umanità verso i sofferenti e gli esclusi, gli emarginati sociali. “Da quanto tempo non piangi, capitano De Nittis?”, gli chiede Chiara, vittima della disperazione sociale diretta da uno psicopatico che le prometteva l’esaltazione attraverso l’autoannientamento. “Da quando è morta mia madre.”, risponde il capitano. De Nittis si trova coinvolto direttamente nel furto di un violino storico, un preziosissimo Guarneri del Gesù, il famoso violino Picenardi, cosiddetto dal nome della nobile famiglia cremonese che lo aveva posseduto, di cui si era appropriato il gerarca fascista Farinacci. Il guaio è che il furto era avvenuto sotto i suoi occhi, mentre era comandato di servizio nel corso della esibizione di una nota violinista giapponese, Ayame Shimizu, presso la biblioteca Ariostea. Il concerto non aveva lasciato inspiegabilmente soddisfatta la musicista, che attribuiva la distonia personale all’intervento del demone che ci aveva messo lo zampino. Al termine del concerto il violino viene sottratto da una falsa guardia del corpo. “Oh merda!”, si lasciò andare De Nittis quando i due uomini con la divisa della società di trasporto valori erano venuti a ritirare il violino. De Nittis si immerge a capofitto nelle indagini che lo porteranno a Cremona, la patria dei liutai. Qui, con la collaborazione della collega Delogu, setaccia i meandri di una società all’apparenza appariscente ma bacata dalla crisi e dalle difficoltà economiche. Nel frattempo si erano consumati a Ferrara due delitti che avevano coinvolto un ristoratore ucciso barbaramente e decollato, e poi anche il figlio, aspirante cuoco. Le indagini a carico dei carabinieri sono ad un punto morto per via della incapacità del comandante, un certo Coviello, famoso per l’intercalare “vale a dire”, con il quale tenta di spiegare il suo pensiero inefficace nel metodo investigativo. De Nittis è chiamato a soccorrerlo e cercherà di dipanare il mistero scavando nella storia dei personaggi, con l’aiuto dell’amico giornalista Bonfanti e l’afflato della procace Nives che serve scollature audaci e piatti sopraffini. Ma De Nittis è coinvolto da Rosa, con cui ha una bella storia, tutta da costruire. Paolo Regina, avvocato di successo e docente all’Università a Ferrara di discipline economiche e di comunicazione e public speaking in corsi per manager e imprenditori, è un vero maestro nelle descrizioni della sua Ferrara e nel definire la psicologia dei personaggi. Del resto non è nuovo alla scrittura di romanzi gialli. Questo è stato preceduto da “Morte di un antiquario” del 2018 e da “Morte di un cardinale” del 2019. Società Editrice Milanese, 2021.
Paolo Rausa