Nel 1925 esce nella rivista parigina dell’emigrazione “Sovremennye zapiski” (Annali contemporanei) il saggio Poezdka ʋ Apuliju (Viaggio in Puglia), dedicato all’itinerario seguito da Pavel Muratov nell’estate del 1924 insieme ad un guidatore e ad un pittore, di cui non rivela l’identità, ma che possiamo identificare come Maksim Peškov e Teodoro Brenson, delegato a cogliere in immagini la natura circostante. Durante il viaggio Brenson disegna una serie di quattordici schizzi poi pubblicati in un saggio dal titolo Voyage à travers la Pouille. Notes d’un peintre (Viaggio in Puglia. Appunti di un pittore. Il mezzo di trasporto è originale, una motocicletta sidecar a tre posti scelta per l’immediatezza della visione che coglie l’elemento pittorico della veduta. In questo modo Muratov ha modo di scorgere il mutare graduale e diretto del panorama e di annotare indicazioni dettagliate relative agli alberghi e alle osterie.
Pavel Muratov è un grande estimatore del paesaggio e dell’arte italiana, appassionato del Rinascimento. Nato nel 1881 a Bobrov in Russia, a sud di Mosca, è conservatore del Reparto di Belle Arti e Antichità Classiche al Museo Rumjancev di Mosca, dal 1923 al 1927 vive in Italia. Partenza da Napoli presumibile tra il 4 e il 15 di settembre. Il suo interesse per l’Italia, già descritto nei due volumi di Obrazy Italii (Immagini dell’Italia) pubblicati nel 1911, conferma l’amore e la conoscenza della storia attraverso i monumenti e le architetture religiose (bellissime e appassionate le descrizioni delle imponenti chiese romano-gotiche di Trani, Ruvo, Troia, ecc,) , civili dei palazzi che si susseguono graziosi e militari dei castelli che si ergono a testimoniare un passato glorioso dell’epoca federiciana (fra tutti Castel del Monte, Lagopesole, Melfi, ecc,).
La potenza del paesaggio naturale e la semplicità della presenza umana nelle opere e i giorni esaltano il viaggiatore nella descrizione di un’Italia cosiddetta minore, meno conosciuta. Il viaggio si conclude a Bari per poi fare ritorno dalla Basilicata, il Monte Vulture, le Valli rigogliose e desertiche che richiamano alla memoria le steppe russe. I miseri abitanti, i pastori, con i loro cenci rappresentano il trait d’union con le civiltà passate, nei loro ritmi usuali, sempre gli stessi da tempi immemorabili. La descrizione del paesaggio da parte di Muratov è interiore, dolce, poetica. Partecipa di un mondo a volte arretrato economicamente, ma gravido di storia persino nei frammenti di epoca classica, romanica e gotica incastonati tra le pietre delle abitazioni più misere a Benevento. Ogni luogo è analizzato e filtrato dalla storia degli uomini che hanno lasciato tracce del loro passaggio artistico o cruento come a Canne della battaglia, dove Muratov intravede gli eserciti romani chiusi dall’Ofanto e serrati dalle schiere cartaginesi in una morsa letale. Il genio dei romani è vinto da Annibale, ma non per sempre. Anche il duce cartaginese è consapevole della grandezza romana. Lo ha stabilito il destino.
Muratov riconosce in quelle pietre un elemento culturale che rischia di scomparire sotto i colpi di un modernismo caotico e insignificante ma pericoloso perché soffoca il genius loci di questi splendidi borghi incastonati tra le selve e le alture. Il Tavoliere delle Puglie richiama alla sua mente le steppe russe, qui i biblici pastori continuano a mantenere nei miseri cenci e nei gesti semplici il filo del tempo. Non solo la storia del passato lo attrae, dei grandi e sfortunati regnanti come Federico e Manfredi, ma anche le lotte risorgimentali dei gravinesi e altamurani, che elevano nella piazza della cattedrale più imponente della Puglia un albero della libertà per festeggiare la rivoluzione napoletana del 1799, repressa poi nel sangue dal cardinale Ruffo, un tributo pagato duramente anche da queste città. Il viaggio quindi si configura come un percorso che descrive il presente ma affonda nella storia attraverso la descrizione delle opere che fortificano il territorio e innalzano la spiritualità di questa gente del Sud, che conserva miti e leggende nelle pietre intarsiate in figure ancestrali immaginarie. Alla grandiosità della cattedrale di Trani, una nave ancorata che si eleva, fanno da corona i miseri pescatori, semplici e umili, che con le loro reti mantengono vitale il rapporto fra terra e mare, fra terra e cielo. Donatella di Leo è ricercatrice in Slavistica all’Università di Napoli “L’Orientale”. UniversItalia editrice, collana Testi & Traduzioni, Roma 2021, pp. 144.
Paolo Rausa