Anche oggi una riflessione per Venti di Ponente all’ombra di Parole “in fiore” che amiamo, ammaliano… a cura questa volta della Nostra Mariangela Filoni, che ispirata dal gran caldo di questi giorni, tenta un incrocio di bei pensieri, capaci di dare un certo sollievo, soprattutto all'anima in cerca sì di luce, ma anche di qualcosa che ristori, appaghi e lenisca.
Buona lettura, dunque.
Pompea Vergaro
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Eccomi di nuovo a giocare con le parole, con questo caldo mi sono cercata un posticino fresco, all’ombra. Allu friscu; mah… in dialetto mi suona quasi onomatopeico come un fischio che già di suo produce un po’ d’aria .
Poi c’è chi sta al fresco per scontare una pena in carcere e chi sta fresco perché non può aspettarsi niente di buono e senza farsi illusioni e così via con le molteplici accezioni della nostra lingua italiana e dei suoi nobili affluenti dialettali. Ma in questo caso restiamo al fresco dell’ombra.
“Allu friscu” mi piace moltissimo anche se, frugando nei cassetti disordinati della memoria, non i miei eh? di una conosco bene: Afflitta Dolores, forse l’avete già sentita nominare, trovo che proprio allu friscu durante la sua infanzia si sono formate alcune “ombre”. Ma andiamo con ordine: Dolores e i suoi tre fratellini, a giugno, al finire delle scuole si ritrovavano catapultati in ventiquattr’ore da Milano in un piccolo paesino del Salento dai nonni materni. Era la loro mamma che li accompagnava per poi ripartirsene nel giro di pochissimi giorni a Milano a lavorare, a laura’.
E adesso arriva il bello e il brutto, la luce e l’ombra, lu friscu.
La piccola Dolores aveva già capito tutto da un pezzo ma il più piccolo dei suoi fratelli non tanto, che la mamma doveva andarsene, che ci sarebbe stata una separazione dolorosa soprattutto per lui, il più piccolo. La nonna allora, all’avvicinarsi della partenza della madre, valigie in bella vista e preparativi sotto gli occhi di tutti, aveva un’idea, un autentico abuso di potere a fin di bene; al fine di non far vivere con dolore lo strappo della separazione, o forse solo sperando che non si mettessero tutti a frignare. Individuava il posto, reale, più bello che ci fosse nei dintorni dove portare i quattro “tontoloni”, quindi tutta contenta diceva: “Vagnuni, sciamu retu Santantoni, allu friscu”. Si trattava di una piccola via su un lato della chiesa dove c’era sempre ombra e quasi sempre un po’ di corrente d’aria.
Il dietro Sant’Antonio non si è mai saputo cosa c’entrasse, forse all’interno della chiesa proprio su quel lato c’era una statua di S. Antonio. Il fatto è che quella gitarella oltretutto a due passi da casa era un’arma di distrazione perché mentre ci si avviava al fresco la madre se ne tornava a Milano, senza salutare per non far piangere nessuno. Il primo anno c’erano “cascati” tutti e quattro, poi negli anni successivi lo schema si riproponeva sempre uguale tanto che i più grandi quando si nominava lu friscu già si avviavano da soli retu Santantoni ma il piccolo iniziava a strillare solo a sentire le parole “allu friscu”.
Oggi non si fa più così per fortuna, ma quelle nonne avevano tante di quelle attenuanti culturali che le assolvono; non sapevano che le separazioni per quanto dolorose devono avere dei contorni fatti anche di saluti, che contengano le ansie altrimenti si rischia di insinuare nei bambini l’idea che la madre invece di andare per poi tornare può letteralmente sparire da un momento all’altro e magari proprio nel momento più bello da godersi al fresco.
Ecco che in quel momento sono cresciute le nostre ombre, non le mie. L’ho già detto? Quelle di Afflitta Dolores; che, chissà perché quando si trova in una situazione piacevole sente una minaccia nascosta, un’assurda tensione, e anche se ha riflettuto scavando negli incasinati cassetti, anche se ha compreso, perdonato, amato ha sempre un piccolo spiritello lungo come un’ombra di sera con cui scendere a patti.
Madonna… ma che caldo fa oggi! Spiritello vieni con me allu friscu, retu Santantoni.
Adesso si sta da Dio!