È la "speranza" una creatura alata - di Mariella Spagnolo

 È la "speranza" una creatura alata - di Mariella Spagnolo

L’inizio di un nuovo anno è per tutti un tempo che ci vede più attenti al trascorrere dei giorni e impegnati a considerare quanto dei nostri progetti e desideri siamo riusciti a realizzare. Li passiamo rapidamente in rassegna, li ri-esaminiamo, ne pianifichiamo di nuovi e, se la vita non ci ha troppo feriti o delusi - o anche nonostante questo - ricominciamo ad attendere il loro compimento, con speranza e rinnovata fiducia. La speranza, in particolare, è un generatore potente di energia, ci fa sentire possibile ciò che desideriamo e diventa una preziosa alleata nel cammino verso le mete che ci proponiamo. Ma può ancora sostenerci in questi tempi difficili, in cui il succedersi delle diverse ondate della pandemia non ci lascia ancora intravederne la fine, e il sommarsi di problemi sempre più complessi, riguardanti la sanità, il lavoro, la scuola, l’ambiente, continua ad addensare nuvole oscure sul nostro futuro? La risposta è: sì, certamente!

      La speranza è come un’onda che muove il nostro spirito, trascende la realtà, oltrepassa le situazioni più difficili, disvela orizzonti inesplorati… e ci fa scorgere sorprendenti germogli di nuove opportunità. Così, grazie ad essa, prendiamo lo slancio per nuove ripartenze.

 È la "speranza" una creatura alata
     che si annida nell’anima –
     - e canta melodie senza parole –

          senza smettere mai...

     Sono, questi, i versi iniziali di una brillante lirica di Emily Dickinson in cui la speranza, descritta con l’immagine di un uccellino che riposa nell’anima e canta dolcemente senza mai interrompersi, viene a configurarsi come una dimensione interiore che resiste anche nelle situazioni più difficili e rende capaci di far fronte ad ogni avversità.

pettirosso

    Certo, è pur vero che la vita di ciascuno “è nondimeno esposta ai naufragi della speranza: alle sue dissolvenze sconsolate e strazianti” come scrive Eugenio Borgna in uno dei suoi splendidi saggi, “L’attesa e la speranza” (Feltrinelli Editore, Milano). Ma, fa notare l’Autore, la speranza non abbandona mai l’uomo, qualunque siano le disgrazie che possano essergli capitate e richiama a questo proposito un pensiero di Giacomo Leopardi annotato nello Zibaldone per sottolinearne l’essenza resistente e luminosa: (essa) è una passione, un modo di essere, così inerente e inseparabile dal sentimento della vita, cioè dalla vita propriamente detta, come il pensiero e come l’amore di se stesso e il desiderio del proprio bene. Io vivo, dunque io spero…” Una definizione, questa, che scaturisce evidentemente in Leopardi da un’intuizione, da un’inquietudine del cuore, non certo dall’arida ragione, come in altri momenti, quando l’attesa fiduciosa di un futuro positivo è definita una mera illusione della giovinezza.  Qui invece la considera come una struttura portante della condizione umana, quasi una “certezza”, strettamente legata com’è alla vita.  

     Se dunque senza speranza non possiamo vivere, è proprio nei momenti storici più critici che essa diffonde con vigore il suo “canto” e può farci scoprire l’essenza autentica dell’esistenza. Dietro la sua spinta, osiamo andare oltre le difficoltà immediate, affrontiamo con più coraggio e determinazione i problemi, diventiamo capaci di estendere lo sguardo su visioni future che motivano l’impegno nel “qui e ora” a costruire, a migliorare, a promuovere ri-nascite personali, sociali e culturali. In altre parole è una disposizione d’animo, un movimento che ci fa tendere al nuovo e al possibile, sconfiggendo la paura che gli esiti rischiosi di un cambiamento possono generare.

    Si tratta comunque di una disposizione interiore che va educata, affinata e curata soprattutto tra i giovani. In che modo? Indicando stili di vita che tengano a distanza il vuoto, la noia, il non senso dentro cui spesso ristagnano oggi le loro esistenze. Aiutandoli a scoprire e a desiderare mete elevate verso cui possano innalzarsi le ali dei loro sogni. Esortandoli a ricercare instancabilmente veritàbellezza.

       Certamente la poesia e l’arte, ma anche la Parola su cui si fonda la fede, se si è credenti, ci offrono un nutrimento prezioso per ridare vigore a questa eccellente “virtù” e, in tal modo, farci sentire più “ancorati” alla vita. Non a caso è proprio l’”ancora” uno dei simboli ricorrenti nelle allegorie della speranza come ad esempio il celebre bassorilievo di Antonio Canova custodito nelle Gallerie di Piazza della Scala a Milano.

    Lasciandole spazio nelle loro espressioni creative, molti poeti, artisti, mistici hanno posto in risalto l’indissolubile legame che unisce la speranza alla condizione umana. Soprattutto nei momenti esistenziali più drammatici, mentre assistono impotenti ad un mondo che va in rovina in conseguenza di disastrosi eventi storici, la sensibilità e lo sguardo profondo di cui sono dotati li rendono straordinariamente capaci di celebrarla.  Giuseppe Ungaretti, uno fra tanti, pur vedendo scorrere scene inquietanti di morte dinanzi ai suoi occhi di giovane soldato di trincea, riesce ad andare oltre l’orrore della guerra e a condensare in due brevissimi versi: M’illumino /d’immenso lo stato di grazia in cui sembra averlo trasportato il sorgere del sole… uno stato di grazia che potremmo definire anche una sospensione dell’anima tra effimero ed eterno, resa possibile dall’ala leggera della speranza.

 

 

Ph di Cosimo Sileno

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