Ho ascoltato una relazione del prof. Recalcati sul ruolo del padre nella famiglia e nella società di oggi. Recalcati cita Lacan che parla di “evaporazione del padre”. Questa espressione mi ha fatto riflettere sulla situazione generale dell’essere umano, sulla sua capacità o incapacità di adattarsi, acclimatarsi, modificarsi in relazione agli eventi dell’esistenza. Non voglio entrare qui nella discussione della legittimità del cambiamento, ma ne voglio cogliere l’essenza affidandomi al linguaggio della chimica e della fisica.
L’evaporazione in ambito scientifico viene definita passaggio di stato; in particolare indica la trasformazione di un liquido in vapore; il passaggio contrario, da gas a liquido si definisce condensazione. Se il solido diventa liquido invece si parla di liquefazione e in caso contrario di solidificazione Perché si possa verificare un simile cambiamento nello stato di una sostanza è necessario modificare le condizioni al contorno, inserire ne sistema una perturbazione; in particolare le variabili da considerare sono la temperatura e/o la pressione. C’è da dire un’altra cosa importante e cioè che i passaggi non sono istantanei e repentini ma esistono intervalli di temperatura e pressione nei quali le varie fasi sono in equilibrio tra loro; in altre parole, per esempio, se aumentassimo la temperatura del liquido esso sarà in equilibrio con il suo vapore fino a quando l’ultima molecola, grazie all’aumento di temperatura, non sarà diventata gas
Su cosa agiscono tali variabili? Sulle forze di coesione delle molecole o atomi che costituiscono una certa sostanza; tali legami tendono a indebolirsi se la temperatura aumenta e la pressione diminuisce e si rafforzano se al contrario la temperatura diminuisce e la pressione aumenta corrispondentemente L’aumento o diminuzione delle forze che tengono insieme le particelle determinano una corrispondente diminuzione o aumento del volume occupato da una certa sostanza. Dunque il sistema molecole-particelle-atomi risponde alle sollecitazioni esterne modificando la sua condizione. E non è quello che accade all’essere umano?
Sollecitato da variabili esterne, perturbato nel suo stato di calma apparente, l'essere umano è spesso chiamato al cambiamento, ma, mentre nel caso del passaggio di stato di una sostanza, il processo è ineluttabile, cioè se aumento la temperatura un liquido diventa necessariamente vapore, nel caso dell’uomo ila cambiamento può o meno concretizzarsi…almeno così sembra.
Il cambiamento è per l’essere umano un atto consapevole, l’essere umano, cioè decide di cambiare per adattarsi alle condizioni esterne e quanto più bravi siamo nell’assecondare il flusso, nel seguire la corrente, tanto più semplice apparirà il passaggio. Questo non significa naufragare in balia delle correnti, ma valutare se vale la pena o meno affrontare di taglio le onde o decidere il percorso che evita l’impatto. Alla fine del viaggio che ci porta dallo stato A allo stato B probabilmente non ci ricorderemo più degli infiniti passaggi, non necessariamente lineari, che abbiamo dovuto affrontare per giungere al nostro nuovo punto di equilibrio: come per le sostanze, infatti, anche il cambiamento dell’essere umano non è un fatto istantaneo.
Se si sceglie, perché l’uomo ne ha facoltà, di non assecondare il cambiamento, l’essere umano viene sollecitato e non rimane incolume: la resistenza al passaggio può causare a volte sofferenza, dolore e anche malattia. Quale è o quali sono i freni al cambiamento? Difficile dirlo ma, dal mio punto di vista, uno dei più potenti è sicuramente il nostro background sociale familiare.
Cambiare spesso significa uscire dalla nostra zona di comfort, quello spazio dove ci sentiamo al sicuro anche se magari ne avvertiamo il peso che deriva dalle regole, dagli schemi che legittimano quella sfera; fuori da quella bolla non siamo nessuno, nessuno ci riconosce e allora rimaniamo ancorati ad essa, intrappolati in essa per continuare ad essere “qualcuno”, ma non certamente noi stessi; come la sostanza che a una determinata temperatura e pressione è costretta a essere un liquido o un solido.
A volte ci si sente come un mare in una vasca, sentiamo di essere il mare, ma gli altri vedono solo il bordo della vasca; la tentazione di rimanere in quello spazio è forte perché solo lì, in quel contenitore gli altri sembrano accorgersi di noi. Quando però accade il miracolo, quando la nostra forza interiore, solleticata dagli eventi, riesce a superare la forza di questi vincoli culturali, siamo pronti a cambiare, a sperimentare nuovi stati, a volare in altri cieli. In quell'attimo prima della fine, prima che la reazione irreversibile porti dai reagenti ai prodotti, emerge tutta quell'energia che pensavamo di non avere.
Allora, al pari dell’acqua che bolle e si libera dallo spazio del contenitore che la contiene allo stato liquido trasformandosi in vapore libero, l’uomo può diventare un gas che esiste a prescindere dal contenitore ed è come un mare immenso che non si può imbottigliare, libero di esprimersi attraverso le sue maree, le sue onde, Il suo sale e la sua schiuma.