Per com-prendere i tratti dominanti di una società, ed in particolare della nostra, quella italiana, non si possono non considerare i caratteri specifici della storia recente, quella risalente nel tempo di almeno tre decenni. Un arco temporale necessario e sufficiente, infatti, affinché si producano nella società cambiamenti stabili e profondi, significativi e quasi irreversibili. Ma veniamo al dunque.
Una cesura importante della storia italiana si è avuta con l’avvento della Seconda Repubblica, in corrispondenza dei noti sconvolgimenti innescati, su molti piani e a più livelli, da Mani Pulite. A partire dai primi anni ’90 del secolo scorso, infatti, mentre Di Pietro azzerava quasi tutta la classe politica italiana, si insinuava con forza nella nostra società l’esasperazione del concetto di libertà di parola e di pensiero, agganciate queste al relativismo popperiano. Ed ecco che, oltre allo smantellamento dei vecchi politici e della vecchia politica, si è proceduto a distruggere progressivamente, in nome della libertà, anche i principali istituti sociali -il più importante tra questi è stata la famiglia- approdando così ad una società di fatto babelica, in cui l’individuo, come contropartita, si è trovato isolato psicologicamente ed in balia delle sole spinte emotive. Anzi, per l’uomo comune, paradossalmente, la stessa parola, in nome della libertà e del relativismo, ha perso di senso e forza e non è più strumento principe di comunicazione e fonte di ascolto e comprensione. Tutto ciò è stato progressivamente sostituito da forme comunicative simboliche e assieme materiali, fatte di feticci appunto, quali ad esempio l’abbigliamento, l’auto, la casa, i titoli e via dicendo. È un uomo, dunque, quello della Seconda Repubblica, senza la parola, benché possa dire tutto quello che vuole, e senza possibilità d’ascolto, ovviamente. Insomma, l’italiano, oggi? Un sordo-muto, di per sé isolato psichicamente. Ma non finisce qui.
Quest’anno, con il Coronavirus si avvia, infatti, un nuovo ed altro corso, che si somma e sovrappone al primo, rafforzandolo e, non è azzardato affermare, che perfeziona quello avviato nei primi anni ’90. Con l’emergenza covid-19 l’uomo comune, infatti, addiziona alla sua solitudine psichica anche quella fisica.
Da oltre 50 giorni, l’italiano medio è sottoposto ad una “cura comunicativa” intensiva che lo sta inducendo ad isolarsi fisicamente sempre di più. Dapprima abbiamo assistito all’opera incalzante degli “strilloni”, che invitavano a restare a casa. A questi, poi, si sono aggiunti i comunicati stampa a raffica e a tutte le ore dei Media, con comunicazioni circa il numero di decessi giornalieri. Non poca parte hanno avuto anche gli interventi acrobatici delle forze dell’ordine, che, solo per questioni di principio, si sono esercitati spesso in multe e ammende “salate”. Che senso ha, infatti, multare un cittadino che si trova solo su una spiaggia deserta? E tutto ciò, inoltre, senza evidenziare poi l’opera dei cittadini più fragili emotivamente, che si sono prodotti in atteggiamenti aggressivi nei confronti di coloro che, all’aperto, non portavano guanti e mascherina. In tutto questo un ruolo importante l’hanno avuto anche gli scienziati e gli esperti di virologia, ed i medici in genere, ognuno con una propria teoria, con una propria ipotesi, portando ad una confusione che ha fatto rivivere la Babilonia degli anni ’90.
E così tra il divieto di assembramento e il terrore del contagio, il cittadino medio italiano ha cominciato a vivere distante dal suo prossimo, evitando pure di sfiorarlo. Una condizione che le fonti governative annunziano che durerà anni: “…dobbiamo abituarci a convivere col virus!”. E come conseguenza si sono avviati anche corposi programmi di telelavoro, di telespettacoli sui social, teleconvegni e via dicendo, dove ognuno vive per lo più isolato davanti al proprio computer.
Non ci vuole molto per capire che, se in nome della libertà di parola e dell’assenza di verità assolute -il relativismo appunto- l’italiano ha costruito la sua solitudine psichica, ora in nome del benessere e del rifiuto della morte, sta costruendo, in aggiunta, il suo isolamento fisico. Da qui, non è azzardato affermare che la nostra società si sta producendo in una forma di autismo sociale, che con buone probabilità, costituirà, rafforzandosi da qui a qualche anno, nel tratto dominante del nostro popolo. Una solitudine, dunque, fisica e mentale, autistica appunto, che…