Dopo oltre 50 giorni di “arresti domiciliari” per le note questioni legate al coronavirus, ieri, la maggior parte dei cittadini italiani ha cominciato, quasi come in un percorso riabilitativo e sebbene lentamente, a riprendere le proprie pratiche quotidiane, avendo riacquisito, infatti, un pezzo del loro diritto naturale alla libertà di movimento. Certamente, siamo ancora lontani da un ritorno alla normalità, semmai si tornerà, ma intanto ci si ricomincia a muovere.
Un 4 maggio, dunque, che sicuramente ricorderemo in futuro e per molto tempo, un giorno atteso lungamente da istituzioni e popolazione, oltre che dal mondo del lavoro. Ancora più importante, ovviamente, sarà il prossimo 18 maggio, quando avremo i dati sui livelli di contagio, dopo appunto, la parziale “riapertura” del Paese.
L’attesa era tanta, si diceva, anche e soprattutto per testare la reazione degli italiani alla concessione di maggior libertà di spostamento, dopo quasi due mesi di quarantena e possibilità movimento ristretto al minimo, ai limiti della sopportabilità. E dobbiamo rilevare anche una certa “paura” da parte delle Istituzioni Pubbliche ed in particolare anche e soprattutto da parte del Governo per l’allentamento delle misure varate al fine del contenimento della propagazione del noto virus. In definitiva, non si sapeva come gli italiani avrebbero risposto e reagito. Ad ogni modo, nella maggioranza dei casi, la “novità”, la possibilità di muoversi con maggiore agilità, sono state interpretate con grande ponderazione e saggezza.
Gli italiani hanno dunque risposto alla loro “liberazione” con senso di grande responsabilità. Quasi tutte le città della Penisola non hanno visto il ritorno al traffico caotico, di cui sono teatro in tempi “normali”, così come i mezzi pubblici e i tratti pedonali non hanno assistito alla solita calca, a parte qualche caso di assembramento, probabilmente fisiologico per l’adattamento al nuovo ordine. Un ordine che per la maggior parte è stato complessivamente rispettato, nonostante la naturale tensione verso scenari di una libertà che, nella maggior parte dei casi, ci ha visti nascere, crescere ed invecchiare.
Dalle immagini e dalle notizie diffuse dai media e apparse sui social, dunque, l’idea verso cui convergono pare essere quella che la quarantena abbia sortito un certo cambiamento delle abitudini nel popolo italiano. Un popolo che, modificando insomma il proprio incedere e comportamento, nel senso della responsabilità e secondo le necessità del tempo storico ad esso assegnato e che pare attraversi con grande coraggio e dignità, deve far riflettere non solo i pensatori di caratura nazionale, ma anche e forse soprattutto, quelli che si esercitano in contemplazione del più grande sistema globale.
Massimiliano Lorenzo