Per raccontare in musica e in versi la recente storia d’Italia, compresa nell’arco temporale che va dal “boom economico” sino al primo decennio del XXI secolo, sono personaggi d’autore ben riconoscibili quelli che vengono portati in scena nell’Opera Italian, sul palco di Palazzo Ducale a Martina Franca, gli scorsi 3 e 5 agosto. Un grande successo per il Festival della Valle d’Itria di Martina Franca, con questa piece composta da Nicola Campogrande, su testo di Elio e di Piero Brodato.
La partitura di Opera italiana è stata composta da Campogrande fra il 2008 e il 2010 su commissione del Comitato Italia 150 in occasione delle celebrazioni per l’Unità del Paese, e ha portato sul palco sentimenti ed emozioni senza tempo, nello scorrere degli eventi propri di una determinata epoca, ma immutati nelle dinamiche emotive e motivazionali.
Particolare interesse hanno suscitando le sonorità e le melodie che attingevano al classico, che non hanno mancato tuttavia slanci moderni e facilmente riconoscibili. La chitarra elettrica e il basso che apportavano il giusto groove all’impianto classico, affiancandosi a strumenti classici quali l’oboe, il trombone e i violini, hanno dato quel tocco di originalità che tutti, ovviamente, si aspettavano. E che, puntualmente è arrivata.
Podio e regia erano affidati a due interpreti che si stanno affermando in questi ultimi anni, Alessandro Cadario alla guida dell’Orchestra del Petruzzelli e Tommaso Franchin. Scene di Fabio Carpene, costumi di Giada Masi e luci di Alessandro Carletti. La soprano Cristin Arsenova ha vestito i panni di Opera, una donna melodrammatica, contrapposta alla contralto Candida Guida, nei panni di Scellerata, definita dall’autore “donna disposta a tutto”. Il basso Yuri Guerra era Balconi, custode del condominio che di fatto rappresentava l’Italia, il tenore Raffaele Abate era Soldini, l’imprenditore senza scrupoli, mentre Gurgen Baveyan, baritono, impersonava l’italiano Mario che voleva realizzare un sogno e cha alla fine si ritroverà trasformato in energia pura dalla sua stessa invenzione tecnologica.
Il viaggio temporale della narrazione è partito dagli anni Sessanta e primi Settanta del secolo scorso, con allusioni alla promessa di benessere, alla speculazione edilizia, allo scontro generazionale e rivoluzionario, alla musica beat, all’arrivo delle droghe, fino a lambire gli anni di piombo, segnati anche da un fatto tragico, quale la morte di un militare nel corso di una manifestazione. Si è passati agli anni Ottanta, con forti riferimenti all’esplosione della tv commerciale, alla cultura dell’effimero, all’edonismo sfrenato, alla “Milano da bere”, per terminare nel presente della finanza virtuale, del minimalismo, delle nuove forme di spiritualità, dell’individualismo, delle grandi paure e delle grandi promesse del nostro futuro. La storia d’amore di Mario e Opera, incompiuta per varie vicissitudini, intrecciata con le provocazioni di Scellerata, libera e meno romantica di Opera, ma non certo meno appassionata alla vita, è uno dei temi dell’opera, il motore che muove i sentimenti umani, intrecciato con la voglia di Mario di realizzare qualcosa che cambi la vita al mondo e alle trame di Soldini che non disdegna l’uso della corruzione e della truffa per trasformare il condominio in un centro commerciale. Il tutto scorre via in grande scioltezza, tra virtuosismi vocali che ogni tanto affiorano, tra una battuta e l’altra, a sottolineare passaggi che strizzano inevitabilmente l’occhio alla satira verso la società
Elio in un certo senso “firma” il libretto dell’opera con alcuni passaggi tipici della sua musicalità, per esempio con il “loop” del “Made in Italy” ripetuto come un mantra per sottolineare il grande sogno italiano che ha caratterizzato il grande “boom” economico degli anni ’60 e che sembra quanto mai attuale nel suo ritorno alla ribalta, nel tentativo di rilanciare il Bel Paese dopo un periodo quanto mai buio. In ogni caso, come non fare il tifo per Scellerata quando canta a piena voce, a braccia larghe: “lasciati andare, impara a ballare”! Dove ballare, evidentemente, è sinonimo di vivere appieno la propria vita, nel bene e nel male, ma con grande passione. Che, secondo chi scrive, è il vero e proprio messaggio che, tra tutti gli spunti, ha lasciato l’Opera Italiana in queste calde serate dell’estate martinese.
Matteo Gentile
OPERA ITALIANA
di Nicola Campogrande
Libretto di Elio e Piero Bodrato
Edizione Breitkopf & Härtel Prima
rappresentazione assoluta
Direttore: Alessandro Cadario
Regia: Tommaso Franchin
Scene: Fabio Carpene
Costum:i Giada Masi
Luci: Alessandro Carletti
Opera:Cristin Arsenova
Scellerata: Candida Guida
Soldini: Raffaele Abete
Mario: Gurgen
Baveyan Balconi Yuri Guerra
Quello che suona: Claudio Bonfiglio
Orchestra del Teatro Petruzzelli di Bari