“Il teatro? La passione di regalare un’emozione” intervista a Ettore Bassi - di Matteo Gentile

“Il teatro? La passione di regalare un’emozione” intervista a Ettore Bassi - di Matteo Gentile

       Ettore Bassi è un attore che potremmo definire poliedrico, anche se tale definizione dovrebbe essere valida, in genere, per chiunque affronti il mondo della recitazione in maniera seria e professionale. Nato a Bari, lascia la sua terra da giovanissimo per intraprendere la strada che lo porta nel mondo della recitazione, facendosi conoscere ben presto dal grande pubblico per le sue partecipazioni a diversi lavori teatrali, televisivi e anche cinematografici.

      L’occasione per scambiare “quattro chiacchiere” con lui di persona ci viene dalla sua mini tourné in Puglia che lo porta al Teatro Comunale di Mesagne dove mette in scena “Il mercante di luce”, un monologo teatrale tratto dall’omonimo romanzo di Roberto Vecchioni, edito da Einaudi, vincitore Premio Cesare Pavese 2015, con adattamento e regia di Ivana Ferri. Si dimostra molto gentile e disponibile, e l’incontro avviene proprio in platea, per una volta seduto dal lato spettatore, guardando il palco che calcherà dopo qualche minuto.

- Innanzitutto grazie per la tua disponibilità (ci permettiamo di dargli del tu) e bentornato in Puglia.

        “Grazie a te per l’attenzione, e grazie alla Puglia che ormai è tornata a essere anche casa mia”

- Partiamo subito dal lavoro che stai portando in scena in questa stagione teatrale, “Il mercante di luce”. Una prova d’attore, un “ritorno” al primo amore, il teatro, appunto, con un lavoro intenso e a tratti poetico, che tratta di tematiche sociali, prima fra tutte il rapporto tra padre e figlio. Cos’è per Ettore Bassi il teatro, e quanto è importante che, oltre a intrattenere, faccia riflettere?

       “Questo è un progetto che ho accolto con grande gioia ed entusiasmo quando mi è stato proposto dalla regista Ivana Ferri. L’autore del libro da cui è tratto, Roberto Vecchioni, è sempre stato un mio idolo: lo seguo da sempre e mi ha sempre appassionato e affascinato. È stato particolarmente stimolante, anche se non semplicissimo, entrare nelle trame di questa storia, perché racconta di temi molto intensi e molto delicati, per di più scritti da una penna così sensibile. Per me rappresenta un vero e proprio viaggio e ogni sera è sempre una nuova e grande esperienza”.

- Quanto c’è di Ettore Bassi e della sua sensibilità personale e artistica nell’interpretare questo personaggio, un professore di greco che parla del figlio affetto da progeria, una malattia rara che accelera vertiginosamente lo scorrere del tempo e condanna a una vecchiaia precoce.

     “Ci sono diversi temi, quali il rapporto col figlio e con la paternità, appunto, ma anche con le relazioni in generale, che come sempre succede in testi importanti sono universali, e quindi sono validi anche per me. Riuscire a entrare nella psicologia del personaggio è stato interessante e stimolante”.

- A tal proposito, riprendiamo una dichiarazione rilasciata al Teatro Parenti dall’autore, Roberto Vecchioni, in riferimento al progetto in questione: non era facile da realizzare una trasposizione per il teatro di quello che ho scritto, ma ho trovato delle persone appassionate che sono riuscite a farlo. La Ferri è una bravissima scrittrice e grande donna di teatro, Bassi è un bravissimo attore. Si sono innamorati del romanzo e mi hanno cercato per poterlo trasformare in uno spettacolo teatrale. Cosa che mi ha fatto emozionare come pochi. […] Penso che il teatro sia davvero la creazione, il momento creativo dell’uomo.”

- Andando indietro nel tempo, vediamo Ettore Bassi protagonista di diverse fiction televisive che spaziano in generi molto diversi: pensiamo per esempio a “Casa famiglia”, in cui si prediligono i buoni sentimenti e la famiglia, sicuramente diverso da “Chiara e Francesco”, dove interpreti la figura mistica del santo patrono d’Italia, o “La porta rossa”, un poliziesco un po’ surreale in cui il detective è, di fatto, un fantasma. In un panorama dove a volte un attore rischia di essere ingabbiato in un ruolo, quanto è importante spaziare in generi che ti danno la possibilità di affrontare ruoli spesso molto differenti tra loro?

      “In realtà il lavoro è sempre lo stesso, perché cerchi di trovare le chiavi per entrare al meglio nelle varie situazioni, e quando sono diverse tra loro offrono uno stimolo in più, dandoti la possibilità di approfondire le tematiche trattate, di crescere e migliorarti sia dal punto vista professionale che umano. Questo è un lavoro che ti arricchisce umanamente, e quindi più cose si fanno diverse tra loro, più il tuo bagaglio diventa importante”.

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- Tra l’altro, oltre a interpretare ruoli molto diversi tra loro, la tua carriera artistica spazia in molti campi legati alla recitazione: dal teatro, alle fiction televisive, al cinema anche se in forma più ridotta, e persino nel musical, con la tua interpretazione in Bodyguard, l’adattamento dell’omonimo film interpretato da Withney Houston e Kevin Costner. Quanto è diverso lavorare in contesti apparentemente diversi tra loro, e qual è il suo preferito, se c’è?

      “In realtà non c’è un genere che prediligo, poiché credo che l’importante sia raccontare storie attraverso le quali si riesca a portare un’emozione al pubblico. Ogni personaggio ha un suo vissuto da cui attingere sensazioni e sentimenti da trasmettere nel miglior modo possibile”.

- Facciamo un piccolo salto all’indietro, all’esperienza televisiva di “Ballando con le stelle”, trasmissione nella quale ti sei cimentato come concorrente in coppia con Alessandra Tripoli, piazzandoti con successo al secondo posto. Che valore ha avuto il voler prendere parte a un format in cui l’approccio competitivo a volte rischia di prendere il posto dell’esibizione intesa nel senso strettamente artistico?

      “È stata in effetti una grande sfida nata dalla grande caparbietà e stima nei miei confronti da parte di Milly Carlucci che mi ha inseguito per un po’. Ho trovato il momento giusto per potermi cimentare ed è stata anche quella un’esperienza molto forte, molto intensa e per me anche molto formativa. Si è trattato comunque di affrontare una situazione molto particolare, dove c’è moltissima pressione e che prevede un enorme sforzo fisico, anche perché devi imparare tante cose. Mi ha dato sicuramente grande soddisfazione partecipare e arricchire un po’ di più il mio bagaglio attraverso una sfida”.

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- Diciamo quindi che la parola sfida è molto importante nel tuo vocabolario, perché ti porta a fare sempre qualcosa di nuovo e a non rimanere in una “comfort zone”. Una sfida che hai iniziato da giovanissimo, lasciando la tua Puglia in un momento in cui non era così protagonista nel mondo dello spettacolo come lo è diventata da un po’ di tempo a questa parte. Tra l’altro, ti ricordiamo anche pilota alla gara di rally Fasano-Selva. Ma quanto c’è della Puglia nella tua vita, artistica e personale?

     “C’è un grande legame e un grande affetto per la Puglia, tra l’altro sono tornato a viverci. Oltre tutto c’è anche un gran desiderio di essere presente non soltanto con lavori artistici, ma anche di poter coniugare il lavoro con esperienze che mi consentono di vivere la Puglia in maniera a volte anche un po’ diversa dal solito, come la Fasano-Selva che hai citato, alla quale mi diverte molto prender parte qualche volta. Per me è sempre bello sentire la mia appartenenza a questa terra, molto bella e ricca culturalmente”.

- Come definiresti Ettore Bassi con una o più parole?

      “Sinceramente non amo molto definirmi, preferisco che siano gli altri a farlo. Cerco sempre di fare le cose al meglio che posso, cercando di trovare la strada per interessare il pubblico”.

      Ci accomiatiamo mentre Ettore sale sul palco. L’adrenalina da spettacolo sale in maniera esponenziale mano a mano che si avvicina il momento della fatidica frase “sipario”. Mezza sala. Platea. Buio. Ettore Bassi in scena ne “Il mercante di luce”.

Matteo Gentile

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