Quest’oggi la nostra rubrica, “A spasso per la Puglia”, ci conduce in Piazza Sant’Oronzo a Lecce e, più precisamente, a piedi del basamento da cui si erge l’alta colonna che sostiene la statua del Santo patrono, da cui la piazza stessa prende il nome. Sbucando da via Trinchese, la si può ammirare proprio di fronte, appena più avanti del “Sedile”. In onore del santo sono stati utilizzati rocchi marmorei crollati di una delle due colonne romane che erano poste, a Brindisi, alla fine della Via Appia. Benché il simbolo della città di Lecce sia certamente La Lupa, messa in evidenza dal mosaico che si trova al centro della piazza e sul quale si suole passeggiare immemori della storia cittadina, si volle comunque esprimere la gratitudine al santo che avrebbe preservato la città dalla peste diffusasi, nel 1656, nel Regno di Napoli.
In realtà Oronzo fu al secolo molto tempo prima e cioè all’epoca di San Giusto, un apostolo di San Paolo, rimasto a predicare a Corinto. Giusto, che era di passaggio a Lecce, diretto a Roma, fu ospitato da un nobile leccese, tale Publius Orontius, il quale ricevette così il battesimo. Orontius e suo cugino, Fortunato, battezzato anche lui insieme ad altri leccesi, decisero di intraprendere un viaggio, accompagnati da Giusto, per essere presentati a San Paolo, dal quale ricevettero i seguenti incarichi: Giusto fu nominato predicatore della parola divina e Oronzo fu investito della carica vescovile in Lecce.
Oronzo è un nome assai comune nella nostra città e fu assunto dal santo con il significato di “Risorto” alla nuova fede. Ritornati in Salento, i santi fecero molti proseliti, tanti tra gli stessi soldati romani della legione nella zona stanziata. La notizia, però non sfuggì all’imperatore Nerone, impegnato, come sappiamo in una feroce persecuzione dei cristiani che, allo scopo di liberarsene, aveva incolpato dell’incendio da lui stesso fatto appiccare nell’urbe. Ragion per cui sicari inviati da Roma si occuparono di torturare e martirizzare i Santi Giusto e Oronzo. Ciò valse loro la sempiterna memoria della santità, quale impronta indelebilmente radicata nel sentire dei leccesi e la conclamazione a Santi Protettori della città. Infatti la festa del patrono dura tre giorni perché tre erano originariamente i Santi onoratiti: Oronzo, Giusto, e Fortunato, dei quali il primo ricopriva la carica vescovile e dunque una posizione di preminenza.
La statua di Sant’Oronzo in legno veneziano, ricoperto di rame è alta poco più di quattro metri e raffigura il santo nell’atto di benedire la città. Autore del basamento in pietra fu Giuseppe Zimbalo. Pare che, durante i festeggiamenti dell’agosto del 1737, la statua fu colpita da un razzo che la devastò al punto che venne completamente rifatta. Anche negli anni del secondo conflitto mondiale fu conservata e restaurata all’interno del Duomo per poi essere definitivamente trasferita sulla sua colonna.
La colonna è stata oggetto, un paio d’anni fa, di ripulitura e restauro e questo ha rinverdito la diatriba relativa alla sua originaria appartenenza alla città di Brindisi, che in un atto di generosità l’avrebbe ceduta alla vicina lecce, per pentirsene successivamente e rivendicarla come propria, diatriba che trovò il suo epilogo per decisione del viceré di Napoli.
La piazza ha così riconquistato il suo aspetto regale con la sua stratificazione di epoche visibili ai cittadini e ai turisti: romana con la sua parte di anfiteatro portata alla luce, seicentesca con la facciata barocca della Chiesa delle Grazie e i delicati fregi di Palazzo Carafa, rinascimentale con il Sedile e la chiesetta di San Marco, settecentesca e via via ottocentesca fino all’epoca del Fascio e infine anni sessanta- settanta nella fuga di palazzi che le fanno da cornice.
Resta, nel mio ricordo di ragazzina, quel colpo d’occhio della mattina, quando tutti i giorni per raggiungere a piedi il Liceo Palmieri, mi trovavo ad attraversarla sempre alla stessa ora, e con lo sguardo la percorrevo tutta fin lassù, fino alla statua del santo alta nei cieli.