Antonio Ligabue è senz’altro uno degli artisti più conosciuti e amati del Ventesimo Secolo. Un’importante mostra con numerose sue opere è allestita nelle prestigiose sale del Castello Aragonese di Conversano (Ba). Inaugurata il 25 marzo scorso, la mostra sarà aperta al pubblico fino all’8 ottobre, dal martedì alla domenica, dalle 10.00 alle 13.30 e dalle 15.30 alle 19.00, con diverse aperture straordinarie, consultabili sul sito www.arthemisia.it, per dare la possibilità a turisti e visitatori di poter usufruire di un evento di notevole spessore culturale.
La mostra è allestita con grande professionalità, e offre al visitatore la possibilità di conoscere diversi aspetti dell’uomo e dell’artista. Organizzata in sale tematiche attraverso oltre 60 opere, con il supporto di audioguide e con la possibilità di prenotare visite guidate, la mostra propone il racconto della vita e dell’opera di Ligabue, l’uomo che fece della sua arte il riscatto della sua stessa esistenza. “Tra i pittori più amati del Novecento, Antonio Ligabue è considerato il pittore naïf per antonomasia, l’artista visionario, autodidatta e sfortunato che è riuscito a entrare nell’animo del grande pubblico – affermano gli organizzatori - È stato capace di parlare con immediatezza e genuinità a tutti, a chi ha gli strumenti per capirne il valore storico-artistico, così come a chi semplicemente gode della bellezza assoluta delle sue opere”.
Visitando la mostra, ci si immerge in un’atmosfera dove i colori forti e brillanti la fanno spesso da padrone, con la rappresentazione a volte quasi ossessiva di uno stesso soggetto visto però in circostanze diverse. Quello che colpisce è un dinamismo dirompente dei personaggi dei dipinti e delle sculture, dotati di una plasticità che sembra andare oltre la tela o il materiale, per proiettarsi nell’immaginazione del visitatore. Anche se l’arte di Ligabue sembra lasciare poco spazio all’immaginazione, per quanto i soggetti sono vividi e quasi dotati di vita propria, se ci si sofferma troppo su alcune opere si rischia di cadere nella Sindrome di Stendhal. Definito dai critici come “un caso unico nell’arte della seconda metà del Novecento”, Antonio Ligabue è in grado “di raccontare qualcosa a ciascuno di noi grazie a quel grido nel silenzio della natura che sembra uscire dai suoi dipinti. Un grido che risuona nella sordità delle persone che lo circondano”. Nato il 18 dicembre 1899 a Zurigo e morto il 27 maggio 1965 a Gualtieri, dove era approdato il 9 agosto 1919, espulso dalla Svizzera, Antonio Ligabue è operoso finché non viene colpito da un ictus che interrompe la realizzazione di un paesaggio, la sua ultima opera incompiuta. Grande spazio nella produzione dell’artista definito “matto” ma, in realtà, segnato da grandi tormenti interiori e da una forte ricerca della solitudine, è data al mondo animale, del quale si dimostra un profondo conoscitore, grazie alle sue innumerevoli visite nei musei archeologici e alla sua grande capacità di osservazione.
Diversi i suoi autoritratti, nei quali si colloca in primo piano, occupando quasi tutto lo spazio della scena, lasciando sullo sfondo un paesaggio che appare quasi sempre come un dettaglio del tutto ininfluente. Gli autoritratti in particolare sono delle vere e proprie “confessioni” del proprio stato d’animo e della condizione di angoscia in cui Ligabue vive la sua esistenza, mostrando desolazione e smarrimento. Un volto emaciato, su cui si vedono spesso segni di ferite e lacerazioni, che esprime il dolore e la fatica di vivere, e la quasi assenza di paesaggio sembra voler mostrare come l’artista abbia voluto tagliare i contatti con il mondo chiedendo, tuttavia, di essere guardato. C’è spazio anche per le scene rupestri di Gualtieri, la cittadina dove è approdato dopo esser stato espulso dalla Svizzera, ma compare anche tanta nostalgia delle sue origini in diversi lavori che ritraggono paesaggi e personaggi d’oltralpe.
La mostra è promossa e sostenuta dal Comune di Conversano Città d’Arte e Museco – Musei in Conversano, con il contributo della Regione Puglia, con il patrocinio della Città Metropolitana di Bari, di Pugliapromozione e del Teatro Pubblico Pugliese, in collaborazione con Comune di Gualtieri e Fondazione Museo Antonio Ligabue, è curata da Francesco Negri e Francesca Villanti, è prodotta e organizzata da Arthemisia, e vede come sponsor BCC Conversano e Master Italy. Il catalogo è edito da Skira.
Oltre a offrire la grande opportunità di poter visitare una mostra di grande spessore artistico e culturale, la città di Conversano si presenta ai visitatori con la sua storia millenaria. Di origine antichissima, Norba, vede iniziare il suo cammino nel tempo sin dall’età del ferro (VIII-VI sec. A.C.). Corredata da ricchissime tracce archeologiche, Norba entra a far parte dell’impero romano. Dopo il declino,rinasce sulle vestigia di Norba, intorno al V secolo, una nuova borgata chiamata: casale Cupersanem, e grazie alla discesa dei normanni, intorno all’XI secolo, Goffredo d’Altavilla la denominò Comes Cupersani, facendone il centro di quella contea che si estenderà da Castellana a Polignano a Mare sino alle porte di Brindisi e Lecce (da: “Chartularium Cupersanense” dell’insigne prof. D. Morea).
(Castello Marchione - Conversano)
Si giunge poi ai conti aragonesi in Conversano (19 in 4 secoli), fino a giungere a Girolamo II D’Aragona, VII duca di Nardò, conte di Castellana e XXXII conte di Conversano, più comunemente conosciuto come “Guercio delle Puglie”. Saltando nei secoli, si arriva al 1921 e, con Giuseppe Di Vagno, assassinato dagli squadristi fascisti, in quel di Mola, si segna una pagina importante e triste del paese. Rinata dall’oppressione fascista, Conversano, è oggi una ridente cittadina forte del suo senso civico e soprattutto culturale, che ne fanno meta di studi, ricca di opere e di arte e di storia.
Matteo Gentile