Lieto fine.«E vissero tutti felici e contenti.» Quante volte lo abbiamo cercato, nelle fiabe, nei romanzi, nei film, nella vita stessa; in quante occasioni probabilmente lo abbiamo augurato a qualcuno, soprattutto a noi stessi. Ma la verità è che il mondo reale è duro, amaro, una corsa a ostacoli con problemi che incontriamo e ci affanniamo a superare. Per cui le cose, non sempre si concludono come noi vorremo. Ma poi, cos’è realmente un “lieto fine”? Possiamo veramente parlare di “fine”?
Quella fremente attrazione per il noir ha portato di recente fra le mie mani Rose ruggine e altri racconti, una selezione di cinque perle “nere” scritte da Giorgio Scerbanenco, saggista, scrittore e giornalista italo-ucraino, nato a Kiev nel 1911 e vissuto in Italia per quasi sessant’anni. Le cinque letture, pubblicate per la prima volta sul periodico letterario femminile «Novella» tra il 1950 e il 1952, in qualche maniera mi rievocano le antiche fiabe e favole, i cui contenuti prima del processo di “edulcorazione letteraria“, avvenuto gradualmente negli ultimi secoli, avevano degli elementi impressionanti e cruenti. L’epurazione di queste brutture, detto tra virgolette, ha condotto a un’idea stereotipata del Buono e del Malvagio.
A parer mio, un discorso analogo accade per il “Lieto fine”. E da giocatore di Dungeons & Dragons, quale sono io, so quanto le immagini del Bene e del Male possano essere stereotipate. Spesso, poi, ci si concentra sul mero fatto o sull’aspetto “mostruoso” di qualcosa, trascurandone il trascorso o la motivazione. E, a ben pensarci, è sull’argomento che George R.R. Martin ha edificato il romanzo fantasy Il Trono di Spade, dove non compaiono buoni e cattivi in senso stretto, ma persone che hanno passioni e ideali, con una certa cultura, un certo passato, una certa società e che si ritrovano in determinate circostanze, inducendoli a compiere quello che compiono.
Sfogliamo finalmente i brevi racconti. Nel primo, Rose ruggine, che dà il titolo alla raccolta, la polizia di Limoges sorveglia giorno e notte, dopo un lungo ed estenuante interrogatorio da parte dell’ispettore Milière, la giovane aristocratica Lise Michard, amante di Michel Le Gar, un ricercato criminale. Funzionerà la trappola preparata dall’ispettore, determinato ad arrestare il criminale? Cosa faranno i due innamorati?
In Persecuzione, nel Nuovo Messico un ricco anziano, affiancato da un giovane avvocato, assume il signor Querandez per far pedinare la figlia Frida. Sarà forse in pericolo? Nonostante i differenti intrecci e colpi di scena, la mia passione per Hercule Poirot e il tenente Colombo in poche pagine mi ha suggerito il finale.
In Un sassolino rosso, il giovane Fragusi tenta di vendere a un ricettatore quel grosso rubino incastonato su un filo di platino rubato. Fra i vari passaggi di mano, finirà in quella giusta? In fin dei conti, «forse non tutto si può comprare con un piccolo sassolino rosso».
E poi v’è la storia di Delia, Si salverà la volpe?, una latitante ricercata dalla polizia che, in corsa su un taxi per tutta la notte, tenta disperatamente di mettersi in salvo, confidando nell’aiuto di Momi, sua vecchia fiamma. Scarpine flessibili chiude i racconti. La maestria di John, giovane calzolaio figlio d’arte, viene notata dal signor Monty, un calzaturiere di Newark. Assunto dall’imprenditore, si trasferirà per migliorare nella propria professione. Avrà qualcosa da imparare dall’industriale?
Luoghi differenti, culture differenti, ma con delle meccaniche umane ricorrenti sono il filo conduttore di questa interessante raccolta noir. Scerbanenco riesce a farci leggere attraverso gli occhi cupi dei protagonisti la loro psiche inquieta, gli “scheletri nell’armadio”, la propria anima ammantata di nero spesso vittima delle circostanze.
Ma è proprio sul nero che meglio si possono notare i luminosi granelli di polvere!