“Come può risultare credibile una storia che comincia con un piatto di polpette alla griglia e un ristoratore che fuma erba? Poi c’è Dio e le sue storie non sono mai credibili. Confesso che sono un po’ invidioso di Lui”. Non è ovviamente solo questo il contenuto del romanzo di Ahmet Altan, scrittore e giornalista di fama, turco, salito alla cronaca giudiziaria per gli addebitati fatti di terrorismo. Questa l’accusa politica, trasformata in atto d’accusa giudiziario da parte della magistratura turca nei confronti di Ahmet Altan, inviso al premier Erdogan per avere più volte espresso riprovazione nei confronti del genocidio armeno ieri e oggi del popolo curdo. Un’accusa politica che non ha retto di fronte alla sentenza della Corte Internazionale di Giustizia che ha smontato l’accusa e azzerato il processo senza prove svelando la sua funzione di strumento di persecuzione politica del regime.
Abbiamo tutti tirato un sospiro di sollievo quando abbiamo appreso della sua scarcerazione la primavera scorsa, pur consapevoli che molti altri intellettuali e giornalisti turchi sono segregati nelle prigioni, accusati di attentato alla sicurezza dello stato e perciò privati della libertà, quella stessa a cui non hanno rinunciato altri uomini e donne che si sono lasciati morire, non ingerendo il cibo come forma di protesta contro questa illegalità di stato.
Apprezziamo quindi in Ahmet Altan l’integerrimo democratico che si batte per la libertà del suo popolo e dei popoli oppressi. Possiamo ammirare in questo romanzo la sua finezza di scrittore che intesse una trama complicata attraverso il protagonista, uno scrittore che lascia la città per vivere la pace di una ridente località di villeggiatura sulla sponda mediterranea della Turchia. Stanco dei successi e delle delusioni, sceglie questo luogo dove osservare la vita da spettatore esterno, senza voler essere coinvolto nelle vicende locali.
Ma come egli dice “nella vita le cose non vanno come uno pensa”. D’altronde uno scrittore non può passare inosservato, per quando decida di fare vita privata. Pian piano scopre che quel mondo ai margini della metropoli è attraversato da trame e da insanabili conflitti di potere fra il sindaco e le famiglie possidenti e soprattutto si fa irretire dalle grazie di una giovane donna dalla quale impara l’amore etereo a distanza, lei seppure coinvolta sentimentalmente con il primo cittadino. Intanto una serie di omicidi turba la tranquillità del piccolo paese e gli avvenimenti lo sospingono fra le braccia lussuriose di una matrona che manovra gli interessi di un clan locale. Lo scrittore non sfugge al fascino irresistibile delle donne, crede di sapersi dominare dalla passione e di poter difendere la sua ricercata solitudine ma gli avvenimenti incalzano in un turbinio di fatti delittuosi e di scontri sotterranei per il predominio economico. È una guerra per bande, dove da inconsapevole attore alla fine è attratto per comprendere la ragione delle azioni umane. Gli avvenimenti precipitano e suo malgrado anch’egli resta impigliato nella tela del ragno. Considerazioni amare lo portano a riflettere: “Sono arrivato alla fine della mia vita, ma l’essere umano resta sempre un mistero per me”. Rivolge tristi parole e considerazioni a Dio, cercando risposte che non trova. Il disegno divino è incomprensibile perché il peccato soverchia le azioni umane e capovolge le sorti anche dei nostri sentimenti, sottoponendoci a prove drammatiche e dolorose.
I protagonisti del racconto sono eroi “imperfetti”. Nessuno di loro è stato creato perfetto, perciò il romanzo – riflette l’io dell’autore - va riscritto da capo a piedi oppure non ci si può aspettare che essi siano perfetti se non nel sequel della storia, ovvero nella vita. “Mi aggiravo tra le pagine dell’opera di un autore magistrale dove niente era chiaro, dove le contraddizioni erano all’ordine del giorno e dove accadevano cose inaspettate che provocavano le emozioni più inaspettate”.
Lo scrittore riflette sulla creazione artistica, si accorge che non è al di sopra delle parti e neppure immune dalla lussuria e dai vizi che attraversano la nostra derelitta umanità. Pur ritenendosi immunizzato dal sentimento d’amore è preso al laccio dalla bella Zuhal. Svuotato dalla sua assenza e in un empito d’amore e generosità si compiace meravigliato della sua fuga, sacrificando alla fine la donna a cui non avrebbe mai potuto rinunciare, travolto dal suo legame lussurioso.
Paolo Rausa