Con l’ingresso dell’autunno in settembre che ha segnato il passaggio di due stagioni, il mese di ottobre diviene quello dei ritorni definitivi nei luoghi urbani. Rientriamo, così, in una sorta di ordine con la ripresa del lavoro a tempo pieno di tutte le attività, comprese quelle scolastiche. Ma come vivremo il Tempo cittadino in questo ottobre che conserva ancora le ultime calure della bruciante estate?
In realtà non intendiamo abbandonare definitivamente il Paesaggio naturalistico che ci ha accompagnato nel mese appena passato, rifugio e fonte di ispirazione e non solo, ma anche di grande produzione! L’anelito è aprirci a colori e ritmi temporali nuovi, sia per l’uno sia per l’altro. Ma anche a odori e sapori diversi. E a nuovi Progetti.
In questo mese ci addentriamo nell’autunno per continuare il nostro Viaggio senza troppi scossoni, questi gli auspici della Redazione di Venti Di Ponente per vivere giorni dove confrontarsi, capire, includere con uno sguardo speranzoso al futuro…Perché ogni tempo è prezioso e occorre imparare a gustare il cambiamento. Non è complicato. Basta osservare la Natura, è da lì che arrivano le indicazioni. Lei, incurante di noi, continua a seguire i propri ritmi stagionali. È lei che dà vita a un senso di appartenenza, è lei stessa che racconta la sua Storia.
Così noi, doverosamente, senza abbandonarla — cosa più facile per chi vive in territori come quello della penisola salentina rispetto a quello dei “grandi urbani” — viviamo le architetture che abitiamo, respiriamo o visitiamo, nelle differenti declinazioni, immergendoci nella Cultura e nella Storia.
Quello che ci appassiona e si respira nell’aria è il senso del Tempo. E in momenti in cui tutti speriamo di vivere nella fase di superamento dei “giorni fragili”, è lui che sentiamo ancora… sospeso. È di questo tempo che dovremmo appropriarci. Allora conviene allearsi alla Natura: conditio sine qua non per garantirci un futuro. E mentre proviamo ad adattarci allo spazio cittadino, mi sovviene quando nei speranzosi anni ‘70 del cosiddetto secolo breve canticchiavamo “Com’è bella la città” di Gaber. Erano gli anni delle espansioni urbane, dei vertiginosi moltiplicatori metropolitani, e noi, che non siamo interessati alle contrapposizioni, ma alle inclusioni diciamo che è bello vivere la Natura e altrettanto la Città, dunque. L’uomo che la “crea” ci affascina, importante tenerla d’occhio, per non rischiare di perdere la nostra Umanità!
A tal proposito in questi giorni, ascoltando una conversazione radiofonica, mi sono imbattuta in una critica di un libro che mi ha incuriosito. È una edizione Laterza, “Il Futuro. Storia di un’idea”, un corposo saggio dove l’idea di futuro è raccontata da circa 50 autori attraverso le «Opere dell’ingegno umano. Si parte dalle tragedie antiche e trattati filosofici, manifesti politici e opere scientifiche, spaziando tra cinema teatro, architettura musica fino alla fantascienza e serie televisive», come chiarisce l’Editore.
Tra questi ho naturalmente letto la riflessione di Alessandro Portelli, lo storico che interloquiva con la giornalista. La sua è un’accurata analisi sul racconto di fantascienza The End of Eternity di Isaac Asimov del 1955: sembra ieri!
“Quando gli esseri umani conquistano il controllo del tempo… gli “Eterni”, una casta maschile di tecnocrati semimonastici, si assumono la responsabilità con calcolati “cambiamenti di realtà” di garantire la “felicità di tutti gli esseri umani”. Ma tutto salta per una storia d’amore: un tecnico addetto ai cambiamenti, Andrew Harlan si innamora di Noÿs Lambert che crede appartenente al tempo ordinario… … lei gli rivela che l’Eternità impedisce il libero sviluppo del genere umano e la conquista dello spazio inducendolo a far saltare il sistema. Così dopo il loro abbraccio ebbe fine l’Eternità e fu l’inizio dell’Infinito.”
Alcune conclusioni: “Per la Letteratura del futuro l’alternativa non è un altro, più libero, mondo nuovo, ma una restaurazione del presente, l’alternativa al metallico pianeta della morte sono le foreste dei pianeti liberi. E ancora, solo di fronte alle grandi prove l’Umanità può sollevarsi alle più grandi altezze. Dal pericolo e dall’insicurezza viene la forza che la spinge a nuove e più grandi conquiste. Le ultime parole di Noÿs a Harlanin: «ma noi resteremo e avremo figli e nipoti e l’Umanità vivrà fino a raggiungere le stelle». E se l’Umanità non si estingue è perché gli esseri umani continuano a riprodursi. In conclusione per andare avanti, bisogna guardare avanti!.” L’analisi dell’autore mi ha dato modo di riflettere, inducendomi a pormi delle domande che già erano nel sottofondo, ma che sono venute a galla!
E torniamo a noi: come intendiamo vivere questo rientro? Ci rifaremo sopraffare dalle frenesie quotidiane delle quali tanto ci lamentavamo? Ovviamente ognuno di noi cominci da dove meglio crede. L’importante è cominciare. E qui può venirci in aiuto l’autunno, considerata la stagione delle riflessioni. Per riflettere anche su cose risapute ma che ci faranno sentire il più possibile presenti e consapevoli: il Tempo esiste perché lo misuriamo. I colori esistono nel momento in cui li guardiamo.
Nel frattempo avrete già compreso che questo è l’argomento del mese che si appresta a offrire passeggiate lungo i viali cittadini ammantati di foglie rossastre, o dal verde smagliante, e adagiate lungo boschi o sentieri.
Che dite? Questi pensieri sparsi vi sembrano confusi? Di primo acchito, forse lo sono, e chi non li ha di questi tempi! Ma vi assicuro che sono sostenuti da una chiarezza di fondo.
Per concludere, la Redazione tutta vi augura tante buone e sobrie riflessioni. Frattanto, mi congedo con un aneddoto dello scrittore americano David Foster Wallace il quale, nel 2005, introdusse il suo discorso di congratulazioni ai laureati del prestigioso Kenyon College: “Una storiella narra di due giovani pesci che nuotano sereni e spensierati. A un certo punto incontrano un pesce più anziano proveniente dalla direzione opposta. Questo fa un cenno di saluto e dice: «Salve ragazzi! Com’è l’acqua oggi?» I due giovani pesci proseguono per un po’ finché, arrestandosi di colpo, uno guarda l’altro e stupito si domanda: «Acqua? Che cos’è l’acqua?»”
Ah, quante ottobrate ci aspettano… Speriamolo!