È ormai all’ordine del giorno la discussione sulla questione Scuola, che coinvolge la sicurezza da contagio e nuove possibili modalità di organizzazione delle lezioni, proprio rispetto alla nuova crescita di contagiati e le ultime disposizioni emanate dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Tra i vari punti dibattuti e portati alla luce, uno è il gran numero di docenti di cui la nostra Scuola necessita, specie nel paventato nuovo orientamento per evitare le classi “pollaio”, ancor di più nel momento pandemico che l’Italia, e non solo l’Italia, sta attraversando.
Poco dibattuta è, invece, la questione “concorso straordinario” per la stabilizzazione di oltre 60 mila insegnanti. Rispetto a ciò, è stato lo stesso Ministro dell’Istruzione, Lucia Azzolina, a ribadire la volontà di far svolgere le prove, che assicura si terranno in piena sicurezza.
Non sono però dello stesso avviso tanti di quei 60 mila professionisti dell’insegnamento, che si dicono preoccupati sia della modalità di svolgimento per il gran numero di coloro che si presenteranno in sede di esame, sia per l’organizzazione e le linee guida pensate per le prove.
A rivolgersi direttamente al Ministero dell’Istruzione e alle Regioni, con diverse lettere e documenti, sono proprio tanti di quei 60 mila, ragazze e ragazzi, donne e uomini, preoccupate e preoccupati di veder svanire i tanti sacrifici e l’impegno di questi anni, vissuti da precari:
“Come immagino lei sappia, il governo ha deciso di bandire il concorso straordinario tra il 22 ottobre e il 16 novembre (è straordinario perché vi accedono solo docenti con almeno tre annualità di supplenze alle spalle). Noi docenti siamo davvero felici che, finalmente, si abbia la voglia di regolarizzare nuovi concorsi: l'ultimo vero concorso è stato fatto nel 2014, ossia il secondo ciclo di Tfa (concorso aperto a tutti e abilitante alla professione, ergo non dava il ruolo), mentre il terzo ciclo sarebbe dovuto partire nel 2016, ma non è stato fatto.
Il problema è che noi docenti vogliamo assolutamente fare i concorsi, ma non in piena emergenza sanitaria. Conosciamo tutti le ultime allarmanti (e giustissime) decisioni del governo, e non capiamo perché noi docenti, che ogni giorno prendiamo mezzi pubblici e ci troviamo in classe con decine di alunni che raramente sono distanti tra loro più di un metro e troppo spesso si abbassano la mascherina e condividono lo stesso pasto, dobbiamo essere costretti a fare lunghi viaggi, anche fuori regione, per fare un concorso che potrebbe tranquillamente attendere qualche altro mese, con minori rischi.
Inoltre i docenti sono ad oggi una delle categorie più a rischio Covid o quarantena, quindi qualora qualcuno di noi si trovasse in isolamento, o anche solo con un banale raffreddore, non potrebbe partecipare ad un concorso che aspetta da oltre 6 anni.
Non vogliamo opinare il metodo di selezione dei docenti (sul quale se ne potrebbe parlare per secoli senza trovare una soluzione), ma vorremmo solo non essere trattati come carne da macello: stiamo facendo da anni il nostro mestiere nel migliore dei modi, nonostante lo Stato non investa nella nostra formazione. Lo abbiamo fatto anche con la didattica a distanza, acquistando PC e linee internet di ultima generazione sebbene non prendiamo neanche un euro di bonus docenti.
Vogliamo solo essere ascoltati quando chiediamo a gran voce di aspettare "tempi migliori", citando le parole del nostro Presidente Conte, per non peggiorare una situazione dei contagi già precaria (più di noi). Non penso che stiamo chiedendo troppo. In fondo, se ci contagiamo, ne pagheranno le spese in primis sempre gli studenti, e infine noi, giovani docenti. Insomma, pagano sempre i giovani, per mantenere una promessa elettorale che ora meriterebbe di passare in secondo piano. “ – scrive la Professoressa Maria Latino, che lavora a Brindisi e che dovrà recarsi in Sicilia per sostenere il concorso straordinario.
Ed ancora, proseguono i docenti precari: “Apprendiamo con grande sconcerto, completamente incuranti della preoccupante quanto rapida degenerazione della situazione epidemiologica, che il Ministero dell’Istruzione, le Regioni e tutte le altre parti coinvolte continuino a mandare avanti la procedura “concorso scuola straordinario”, indetto dalla ministra Azzolina, che prenderà inizio il giorno 22 ottobre 2020 e che prevederà lo spostamento in massa di migliaia di docenti, sia internamente che esternamente alle regioni. A tutto questo si aggiunge il paradosso che il criterio utilizzato per l'assegnazione delle sedi per ciascun candidato non risponde al criterio di prossimità rispetto alla residenza.
Nonostante la Ministra continui a proclamare che i concorsi si svolgeranno “in piena sicurezza” ed al massimo con “8 docenti per aula” (si veda intervista LA7 Azzolina Mentana di ieri 07 ottobre 2020, asserzioni peraltro smentite dai primi calendari pubblicati dai vari Uffici Scolastici Regionali che vedono la presenza anche di 20/24 docenti per singola aula) quello che spaventa noi docenti è la miopia riguardo la mobilità che un concorso come questo prevede (il concorso coinvolge oltre 60.000 docenti).
Sono migliaia infatti i docenti che sosterranno i concorsi fuori regione, viaggiando su aerei, bus, metropolitane e autobus. Per non parlare delle strutture ricettive che dovrebbero ospitare i docenti la notte prima (le prove si svolgeranno anche al mattino) praticamente inesistenti nei piccoli paesi di provincia scelti per svolgere le prove e, dove esistenti, molti stanno cancellando le prenotazioni causa Covid.
Emblematica è la situazione di chi proviene dalle isole!
Queste migliaia di docenti dovranno poi tornare il giorno successivo del concorso nelle proprie aule come potenziali e inconsapevoli soggetti virulenti. Cosa succederebbe se un docente, svolto il concorso, divenisse un soggetto colpito dal Covid ed il giorno dopo tornasse in classe ignaro di aver contratto il virus?
Inoltre, il bando di concorso prevede che i docenti che devono partecipare alle prove debbano compilare una autocertificazione in cui attestano di non essere venuti a contatto con un soggetto positivo Covid. Le nostre aule, purtroppo, cominciano a pullulare di ragazzi risultati positivi a tamponi di controllo disposti da medici di base in comparsa di sintomatologia affine a quella da Covid-19.
Il docente che lavora in queste classi, pertanto, NON PUÒ PARTECIPARE alla prova concorsuale per la quale è in attesa da oltre 6 anni, dal momento che sono 6 anni che non vengono banditi concorsi indirizzati a docenti senza abilitazione. Ciò ci obbliga a perdere l’occasione di stabilizzazione che aspettiamo da anni, oppure a chiedere ai nostri dirigenti periodi di aspettativa 15 giorni prima delle prove calendarizzate, al fine di poter partecipare al concorso “con le carte in regola”.
Il rischio che questo concorso si trasformi nella “Atalanta-Valencia” del febbraio 2020 è altissimo e noi siamo allibiti dalla miopia del Ministero e del Governo in tal senso.
Siamo davvero sconcertati dalla approssimazione e dalla superficialità di una gestione siffatta.
Ad esempio, la regione Sardegna ha già preso una seria e matura decisione in merito decidendo di rinviare le prove concorsuali a tempi migliori, per la tutela del personale docente degli studenti e delle famiglie.
Chiediamo il RINVIO DEL CONCORSO per cercare di limitare i danni di quello che si configura a tutti gli effetti come una potenziale bomba epidemiologica di cui prima o poi qualcuno dovrà rendere conto alla popolazione ed alle famiglie degli studenti ai quali torneremo in classe a fare lezione già dalla giornata successiva al concorso.”