“Il sottoscritto nato ad Altamura e ivi residente, titolare di una Ditta Individuale (cessata), disoccupato e senza più alcun reddito…” - così inizia il suo appello alle più alte Autorità Politiche e Giudiziarie Felice Basile.
E prosegue, ricordando che con analoga lettera aveva scritto in data 18/02/2020 informando “le S.V.I. della estrema difficoltà della mia persona e della mia famiglia a causa di provvedimenti ‘Contra Legem’ (Tribunale di Bari esecuzione n°214/15) frutto di elusioni, interpretazioni e mancata applicazione delle norme, in violazione dei diritti inviolabili della persona sanciti dalla Costituzione Italiana e in spregio ai codici che regolano il processo civile e penale, al solo fine di favorire la Banca di Credito Coop. di Santeramo in Colle, Banca Popolare di Puglia e Basilicata e l’aggiudicatario della mia unica abitazione, nonché Funzionario di Banca Popolare di Puglia e Basilicata”.
Una denuncia circostanziata con tutti gli elementi del caso, tanto che le Autorità a cui è diretta avrebbero già dovuto intervenire, ora reiterata in previsione dello sgombero forzato previsto per il 3 novembre prossimo. Con l’aggravante della pandemia in corso. Evidentemente alla Giustizia barese non interessa che una famiglia sia sbattuta in mezzo alla strada e che così facendo la si esponga al contagio ormai diffuso ovunque. La sua Azienda è stata costretta a chiudere i battenti. Le due Banche unite in sodalizio hanno registrato il credito a sofferenza nella centrale rischi della Banca D’Italia senza alcuna analisi patrimoniale. Hanno pignorato tutti i beni immobiliari compresa la sua unica abitazione e richiesto istanza di vendita che il Giudice dell’Esecuzione del Tribunale di Bari ha delegato al Professionista, il quale in violazione dell’istanza di vendita ha provveduto a mettere all’asta l’immobile nel giorno di San Nicola a Bari, con un'unica procedura e un'unica offerta di un funzionario di uno dei due istituti di credito che venti giorni prima aveva provveduto a vendere la propria abitazione per accaparrarsi questa ad un terzo del suo valore commerciale.
C’è da dire che Felice Basile non ha mai avuto pendenze finanziarie e ha sempre assolto al pagamento dei suoi debiti. In un momento di crisi economica, che aveva coinvolto molte aziende in Italia e nel mondo, anche la sua azienda ha attraversato serie difficoltà. Molti imprenditori si sono tolti la vita. Non così Felice Basile, che ha richiesto la rinegoziazione del debito, ricevendo come risposta un secco no dai due istituti bancari. Felice Basile ha compreso di trovarsi suo malgrado al centro di una speculazione finanziaria sulla sua pelle, come è accaduto e sta accadendo in Italia a tanti cittadini vittime della crisi. Società finanziarie ad hoc e piccoli proprietari come segugi vanno alla ricerca di immobili da acquisire dai Tribunali con costi decisamente inferiori al loro valore di mercato.
Si tratta di una vera e propria speculazione, avallata a volte dai Tribunali che anziché respingere la richiesta di pignoramento e rimandare il debitore a contrarre nuovi prestiti, come ha fatto il Tribunale di Lecce e altri, decidono di essere acquiescenti con le richieste degli istituti bancari e privare così delle loro abitazioni onesti lavoratori in crisi.
Durante questo percorso giuridico amministrativo, che ha coinvolto Felice Basile, sono stati compiuti una serie di illegittimità che egli ha puntualmente denunciato a tutte le Autorità, a cominciare dal Capo dello Stato e dal Ministro della Giustizia, e poi più giù fino ai Procuratori della Repubblica e della Corte d’Appello, e al Presidente di Corte d’Appello e al Prefetto. Ma finora inutilmente. Il Capo dello Stato Sergio Mattarella non si è finora intenerito e neppure le altre autorità.
È diventato anche autore di un saggio Felice Basile e ha scritto un libro significativo dal titolo “L’Italia al contrario”, dove esamina il suo caso alla luce delle storture che si verificano nel campo economico, giudiziario e finanziario italiano. Quel libro è andato presentandolo in giro per la terra di Bari e oltre, come apostolo fra le genti, in nome della Giustizia, in cui egli crede, e perciò non sopporta che possa essere impunemente calpestata. Nell’ultima missiva, come quella già inviata a febbraio alle stesse Autorità, fa appello al loro intervento perché finalmente fermino la macchina infernale che vuole privarlo persino della sua abitazione, cosa che è accaduta a tanti altri italiani.
Chiede in sostanza che sia annullato il provvedimento giudiziario, viziato nella forma e nella sostanza, e sospesa l’esecuzione del rilascio forzato del 3 novembre, perché sia fatta Giustizia e non continui il malaffare. È chiedere troppo, Signor Presidente della Repubblica e Signor Ministro della Giustizia?
Paolo Rausa