Eros e Thanatos, amore e morte, due concetti che prendono il nome da altrettante figure della mitologia greca. Casualmente, in questo 14 febbraio 2024, questi due concetti sembrano unirsi e incontrarsi nella doppia ricorrenza del mercoledì delle Ceneri e di San Valentino: l’inizio della Quaresima, periodo caratterizzato da penitenza e privazioni, e la festa degli Innamorati, più o meno commerciale. “Ricordati che cenere eri e cenere tornerai”, rammenta la liturgia cristiana in questo mercoledì che prepara alla festa delle feste cristiane, la Pasqua di Resurrezione, per indicare la vanità del mondo terreno, contrapposta a quello spirituale, che in ogni caso è presente in ogni essere vivente, a prescindere dalla fede di appartenenza. Al contempo, fiori, regali e scambi di frasi d’amore, per una giornata apparentemente commerciale, ma che nasconde un suo significato spirituale, legato alla figura del Vescovo di Terni, Valentino appunto, che visse nei primi secoli dell’era cristiana, giustiziato nel 273 per aver celebrato il matrimonio tra la cristiana Serapia, gravemente malata, e il legionario romano Sabino, entrambi morti proprio durante la benedizione di Valentino.
Ma entrimo più nello specifico. Fu papa Gelasio I, nel 496, a istituire la festa dedicata all’amore, senza riferimento alla sessualità, sostituendola ai festeggiamenti pagani dei Lupercalia, in onore del dio Fauno, durante i quali venivano svolte alcune pratiche arcaiche di fertilità che prevedevano che le donne, in strada, si sottoponessero ai colpi scaraventati da gruppi di uomini nudi con delle fascine di rami strette da spaghi. Le frustrate, secondo la tradizione, servivano a dare una benedizione che propiziava la fertilità delle donne. Una pratica certamente deprecabile, che fu sostituita da gesti e pensieri che oggi definiremmo romantici, pur nell’accezione non strettamente corretta del termine. Amore e morte, dunque, per due elementi profondamente contrapposti fra loro: da una parte la forza capace di creare la vita, dall’altra la morte e la distruzione che essa genera. Elementi che, però, coesistono e spingono la vita stessa, perché ogni atto d’amore, qualunque esso sia, allontana la morte dell’anima. Una chiave di lettura psicologica di questi due elementi così in contrasto tra loro, eppure così strettamente connessi, la offre Sigmund Freud. Il padre della psicoanalisi pubblicò nel 1920, oltre un secolo fa, ormai, il libro “Al di là del principio di piacere”, in cui introdusse proprio i concetti di Eros e Thanatos.
Eros è la pulsione di vita, l’amore, quel sentimento di attrazione che ci spinge verso ciò che ci piace (persone, ma anche idee, situazioni, oggetti) e che ci fornisce la motivazione a conoscere, progettare, agire e costruire. Thanatos è la pulsione di morte, il dispiacere, l’avversione, la spinta ad allontanarci da ciò che disapproviamo, il desiderio di distruggere e di porre fine a ciò che non ci rappresenta più. Anche l’antica visione taoista del mondo, basata sullo Yin e lo Yang, contiene tale contrasto che Freud identifica in Eros e Thanatos: le due forze complementari che regolano la vita psichica e biologica sulla Terra. Nel metabolismo di qualsiasi essere vivente ritroviamo la pulsione di vita e la pulsione di morte.
Le cellule del corpo nascono e muoiono continuamente, così come fanno i fiori dei campi, gli alberi delle foreste, le stagioni della terra, le stelle della galassia, così come l’essere umano che nasce e muore. Tornando alla coincidenza della festa degli innamorati con il mercoledì delle ceneri, e riprendendo il concetto di amore tra due individui, non si può non far riferimento al poeta latino Catullo, vissuto a cavallo del passaggio tra l’era precristiana e quella cristiana, e al suo celeberrimo incipit del carme 85: “odi et amo”, ti odio e ti amo, più volte ripreso nella storia della letteratura mondiale e anche in alcuni testi di quelle che Edoardo Bennato definì, ironicamente, canzonette, ma che spesso sono specchio della società a cui si riferiscono – si pensi al clamore mediatico e sociale sollevato dal recente Festival di Sanremo -
Nel famoso epigramma di Catullo è racchiusa l’esperienza totalizzante dell’amore che sconvolge il mondo interiore del poeta, che “sente” qualcosa che non sa né può identificare, e si tormenta in una passione che insegue e da cui fugge al tempo stesso. Ma quando l’amore diventa tormento, o “tossico”, come oggi si usa dire, si può ancora definire tale? Il contrasto tra Eros e Thanatos diventa vitale quando Eros vince su Thanatos, perché l’amore è vita, nonostante tutto, e soltanto quando i tormenti vengono scacciati via, si può parlare di vero Amore. Quello che “muove il sole e le altre stelle”.
Matteo Gentile