I leccesi: falsi e cortesi... – Ignazio Del Gaudio

I leccesi: falsi e cortesi... – Ignazio Del Gaudio

          I leccesi: falsi e cortesi! È questo un antico detto, col quale si appellano in senso dispregiativo, gli abitanti del capoluogo salentino. Ma è poi così? È decisamente interpretabile in senso negativo? Se si riflettesse sulla questione, tuttavia, questa può essere considerata, al contrario, in senso positivo ed accrescitivo. Ma da dove partire? Ma dal ribaltamento della visione della realtà da una prospettiva ideale ad una concreta, e dal primo addendo dell’affermazione, ovvero quello della falsità. E qui è il caso di cominciare a dirci le cose come stanno, senza tuttavia strumentalizzarle ed abusarne.

            Sono in molti, soprattutto quei soggetti con una bassa spiritualità, a brandire principii per poi giudicare e condannare il prossimo. E ciò al fine di esercitare un potere. Utilizzano proprio le posizioni di principio, ideali e idealizzate, come arma per annientare il prossimo. La loro è un’arma di ricatto sublimata e di violenza, anche se ai molti questa compressione non appare, entrando così inermi in uno stato di frustrazione indecoroso. Insomma, gli aspetti violenti e aggressivi di molti individui si nascondono dietro i principi, dietro le grandi idee illusorie.

            Ma, concretamente, chi è perfetto? Chi realizza gli ideali? Scagli la prima pietra chi non ha peccato, suggerì Gesù, maestro di saggezza. In tale direzione, sulla scia dei dieci comandamenti, il cui compimento è di origine sovrannaturale e non umana, il mondo cristiano è fatto di peccatori, di gente insufficiente, di gente che si muove male. Dovrebbe far riflettere il sacramento della confessione, cui nessun fedele può sottrarsi. Naturalmente, una pratica quella confessoria che ha vari gradi di spiritualità, ma alla quale tutti vi devono partecipare, perché tutti peccatori: anche il Papa si confessa. E qui non è superfluo mettere in luce che vi è colui/colei, che non si vede peccatore, ma qui siamo nel campo della cecità spirituale, delle modeste capacità intellettive e psichiche.

            Da qui è facile intuire che sia nel mondo cattolico-cristiano sia nel mondo civile, che propina principii non umani, sulla scia di quelli religiosi, l’individuo si pone in una condizione di quasi totale insufficienza, senza eccezioni, se non per i Santi e forse neanche: si dice, infatti, che il Santo pecchi sette volte al giorno.

            Che il leccese sia falso dunque è una questione tautologica, scontata, lapalissiana, rispetto alla condizione umana: lo è come qualsiasi componente di una qualsiasi comunità. Naturalmente, qui non si vogliono avallare il peccato e la falsità, che comunque, secondo certe visioni occidentali, vanno condannate, ma senza esagerazioni. Occorre sempre avere presente il senso della pietà e soprattutto tenere in considerazione la vera natura umana, che mai potrà essere mutata, e cioè che è violenta e predatoria, pur non mancando di amore e generosità.

            Dunque, si è falsi in una prospettiva ideale, scendendo sul piano concreto, invece, si è solamente degli uomini come tanti, fatto escluso nessuno: l’uomo è quello che è e basta.

           Venendo al secondo addendo dell’affermazione sui leccesi, ecco qui il reale complimento, il grande complimento, l’elemento accrescitivo: la cortesia. E sì, perché questa non è prerogativa dei più, ma di pochi. La persona cortese è gentile, rispettosa, aggraziata di stile, raffinata formalmente. Una qualità quella leccese, che non si riscontra in tutte le comunità, se non presso i conglomerati umani più evoluti.

            D’altro canto, ciò che differenzia un selvaggio da un uomo civile è la forma. Nella sostanza, se a livello umano siamo tutti uguali, ciò che ci rende diversi, tuttavia, sono le soluzioni formali con le quali approcciamo alla vita. Dunque tutti falsi, in una prospettiva ideale e soprannaturale, ma pochi i cortesi, gli evoluti, pochi coloro che hanno sviluppato una forma ed una cultura superiori.

            Al riguardo, non va dimenticato che Lecce, sin dall’anno 1000 circa, è un centro amministrativo e militare di grande rilievo: un capoluogo che per lungo tempo ha esteso la sua provincia in un territorio vastissimo, che arrivava sino a Matera e, per breve tempo, anche a Bari. È chiaro che qui, nella cittadina del Barocco, centro religioso, amministrativo e commerciale, si siano collocate tutte famiglie di alto rango, dando un contributo allo sviluppo civile della città. Non a caso i grandturisti, nel ‘600, ‘700 e ‘800 abbiano definito Lecce come il centro più evoluto del Mezzogiorno, assieme a Napoli e Palermo. Insomma, Lecce centro di civiltà e cultura, di forma in definitiva, e quindi di cortesia, che si riscontrano difficilmente così diffuse solo in poche città italiane.

            Che dire dunque? Falsi e cortesi è proprio una picca dispregiativa o il mettere in luce un alto senso di civiltà, posto che l’uomo sia di per sé imperfetto rispetto alle posizioni di principio?

Ignazio Del Gaudio

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