La pazienza e il suo “tempo” - Monia Politi

La pazienza e il suo “tempo” - Monia Politi

      “Santa Pazienza!” “Bisogna avere una Pazienza di Giobbe!” “La pazienza non è mai troppa!” Questi sono solo alcuni dei modi di dire che appartengono al “parlare quotidiano” e che hanno come protagonista la pazienza. Ma poi, che cos’è la pazienza?  È passiva rassegnazione o coraggio di affrontare le difficoltà con la giusta riflessione? Partiamo, come piace a me, da qualche suggerimento che ci viene dalla letteratura, da questi versi tratti dalla poesia di Rainer Maria RilkeSulla pazienza”

Bisogna, alle cose,
lasciare la propria quieta, indisturbata evoluzione
che viene dal loro interno
e che da niente può essere forzata o accelerata.
Tutto è: portare a compimento la gestazione – e poi dare alla luce …
Maturare come un albero
che non forza i suoi succhi
e tranquillo se ne sta nelle tempeste
di primavera, e non teme che non possa arrivare l’estate.
Eccome se arriva!
Ma arriva soltanto per chi è paziente
e vive come se davanti avesse l’eternità […]

      La lirica suggerisce che la pazienza ha a che fare con il tempo, o meglio con il suo aspetto imprevedibile e non misurabile, l’attesa, come confermato dalla stessa etimologia della parola.

     In questo ambito, forse, non ci basta ricordare il significato latino di patientia, perché cadremmo nella trappola emotiva del senso del “patire”. Può tuttavia venirci in soccorso l’etimologia greca che meglio rappresenta la ricchezza della pazienza. Nell’accezione greca antica, il termine paskein (pazienza) enfatizza il suo significato con quello di coraggio o, meglio, del “lato riflessivo del coraggio”, mostrando tutta la sua energia positiva. Ma c’è un altro termine al quale i greci facevano ricorso: hypomonè, attesa, un vitale fermarsi perché sta accadendo qualcosa ed è importante attendere che si compia, prima di agire. Nel modo attuale che si muove a velocità non misurabili, quasi tutti noi abbiamo relegato “questo sentimento” in soffitta, tra la polvere di ciò che non usiamo più.

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    Siamo sempre connessi al mondo attraverso pc e smartphone, sempre sotto pressione e saturi di informazioni. Così, inevitabilmente, non abbiamo il tempo per riflettere e spesso ci perdiamo, abbandonando il nostro aggancio con il momento presente che è segnato da velocità e fretta, da concitazione dei gesti e rapido susseguirsi degli eventi. Il nostro, dunque, sembra essere un tempo inospitale per la “pratica della pazienza”. Eppure tutta la vicenda umana è un lento esercizio di pazienza, come quello dell’uomo per costruire, del bambino per crescere, degli amanti per incontrarsi, dei vecchi per morire, della natura per dare frutti, della parola per prendere forma.

      In questo contesto così mutevole, il tempo, dunque, è sempre troppo poco, anche se è l’unico strumento che può aiutarci a trovare risposte e a risolvere problematiche. È qui che interviene l’attesa.

      Attendere è un verbo potenziale, non risolto, una sorta di molla temporale, carica di una tensione non misurabile, nel quale l’essere umano non è necessariamente consapevole della propria meta, potremmo dire, un galleggiamento senza salvagente.

       L’attesa implica anche la possibilità della delusione. Perciò può trasformarsi in un tormento senza scopo. La domanda di Pavese: “Qualcuno ci ha mai promesso qualcosa? E allora perché attendiamo?” ben descrive lo stato di chi attende. L’attesa è la presa di coscienza che non possiamo avere il controllo su tutto, che alcune situazioni vanno lasciate andare in quanto, pur rimanendo vigili, non si sa quale possa essere l’epilogo di una vicenda.

      A questo punto, estremizzando tale stato, mi si affaccia alla mente la poesia di Giuseppe Ungaretti “Soldati”: “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”: i soldati, mandati allo sbaraglio in una guerra che forse non comprendono, sono in attesa che accada qualcosa, che un evento non dipendente dalla propria volontà decida il loro destino; può essere pianto e gioia, morte e vita nello stesso istante. Essi sono sospesi come le foglie sugli alberi durante la stagione autunnale. E in questa “sospensione”, gli uomini devono richiamare a sé tutta la loro forza e il loro coraggio per “avere pazienza”, in quanto non vi è altra via d’uscita.

     Avendo nella mente questa immagine straziante, e calandola nella trama della vita quotidiana, potremmo allora concludere che la “pazienza” può essere considerata come l’atteggiamento più saggio da tenere di fronte alle incertezze dell’esistenza umana, in quanto tutto sommato, come recita un proverbio, “La pazienza è la virtù dei forti”!

 

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