Vivo a Milano da un po’ di tempo, non molto. Va da sé che molte cose non mi siano chiare. Eppure basterebbe un poco di attenzione, perché tutto è ben disposto davanti ai Nostri occhi, ma per quanto evidenti, certe cose si rivelano solo al momento giusto.
Ad esempio, alcune settimane fa ho assistito ad uno spettacolo comico di alcuni giovani aspiranti intrattenitori e ciascuno di loro si è dilettato in un monologo per allietare la folla. L’ultimo di questi conclude il suo con una serie di battute sui pugliesi, concentrandosi sul fatto che Milano ne fosse piena tanto da diventarne praticamente una succursale. Pugliesi, pugliesi ovunque. Non solo, ma poco tempo dopo, osservazioni di questo tipo sono diventate sempre più evidenti, tanto da scoprire che la percentuale di iscritti nella mia Università, la commerciale Luigi Bocconi, è in maggioranza pugliese, che il viale Bligny adiacente al quartiere universitario è colonizzando da pugliesi, che i due bar più gettonati da noi studenti dell’Univerità sono gestiti da figli di pugliesi di seconda generazione.
Ma tra questi bisogna fare una specifica tra le gens, quella che a noi più interessa è il ceppo leccese, che si classifica come uno dei più numerosi.
Cosa fanno dunque i leccesi a Milano in così grande abbondanza? Non vi è una risposta univoca, anzi probabilmente non vi è una risposta. Possiamo solo tenere traccia di alcuni dati di fatto e provare ad unire i puntini esattamente come un commissario che tesse la tela di un’indagine. Una prima osservazione va fatta su Milano in sè, cosa rappresenta, quali interessi sono prevalenti: essa è la capitale del fashion, del glamour e del design nel panorama internazionale; è il centro degli interessi finanziari e degli sviluppi tecnologici del Paese; è il centro della pubblicità e della sperimentazione artistica (comunque sempre di basso livello); possiede il più grande comparto universitario d’Italia, l’unico che possa competere a livello internazionale grazie al Politecnico, che sforna ogni caterbe di uomini-ingegneri-macchina capaci di vivere a ritmi di vita insostenibili e disumani.
Un altro dato importante da tenere in considerazione è che Milano è la città più cara d’Italia con dei costi per gli affitti praticamente insostenibili, laddove un monolocale in periferia può costare fino a 800 euro al mese. Va da sè dunque che solo un certo tipo soggetto può permettersi di condurre una vita qui, anche se agevolazioni e borse di studio permettono di ammortizzare il comparto costi. Ecco quindi che la popolazione degli studenti leccesi si divide sostanzialmente in due: coloro i quali possono permettersi i costi di Milano e coloro che no; ci troviamo in una situazione particolare poiché nessuna di queste posizioni è migliore a priori. Nel primo caso è importante che non si decada in una spirale di divertimento e distrazioni che la città offre in abbondanza, insieme a conoscenze stravaganti di tutti i tipi, che allontana dallo studio e da un ritmo di vita regolare... chi si espone per indole a questo vivere può trarre grande beneficio da un giusto mix tra sregolatezza e ordine. Per quanto riguarda la seconda tipologia di studente, bisogna fare un’ulteriore spartiacque, fra chi ne è cosciente veramente e chi no, i primi generalmente riescono incredibilmente a campare con 200 euro al mese e passano grossomodo la loro intera carriera universitaria piegati sui libri, diventando dei professionisti del lavoro con grossi scompensi emotivi; quelli che invece non ne sono coscienti hanno la strana illusione e infantile credenza di poter “riuscire nella vita”, di sfondare, tra i più il sogno è di diventare ricchi e poter finalmente condurre la vita che ad oggi scimmiottano, questi ultimi vivono in bilico tra la depressione e la crisi isterica perché Milano è una città vivibile solo spendendo fiumi di denaro in quanto fondamentalmente grigia e piena di circonvallazioni, i divertimenti sono solo al chiuso e molto costosi. Questi ultimi si trovano quindi a vivere un forte scompenso tra quello che credono e quello che vivono.
Ecco quindi che abbiamo tracciato le giuste coordinate e il nostro disegno comincia a prendere forma... il lettore attento avrà già inziato ad unire i fili e si renderà conto che da qui scomponendo e ricomponendo le tipologie qua delineate, è possibile individuare anche tutte le altre. Buon divertimento!
Andrea Tundo