Ogni anno, giugno è il mese in cui in questa città alle porte di Milano, in qualsiasi contesto e in qualsiasi incontro, troneggiano le domande “dove vai in vacanza ?” e “quando parti?”. Sono domande alle quali chi è nato o cresciuto qui è abituato come da tradizione. Io invece ho passato i miei primi 30 anni in un paese del sud, dove in estate la maggior parte della gente si trasferiva nell’abitazione al mare o in campagna. Chi restava in paese aspettava le ferie semplicemente per fare da pendolare verso la spiaggia anche durante la settimana e non solo nel weekend.
Fino agli anni ‘90 i compaesani che facevano dei viaggi estivi erano una eccezione o una minoranza. Oggi l’abitudine di programmare una vacanza si è diffusa certamente di più ma non mi pare ancora essere un’abitudine ed una esigenza.
Per me l’approccio all’ estate non è comunque mai cambiato, a prescindere dalla parte di Italia in cui mi trovi a viverla. Aspetto ogni anno i miei due mesi di vacanze estive da insegnante come tempo per dedicarmi alla lettura, alla scrittura, alle dormite senza sveglia e ad esperienze culturali all’aperto. Amo passare questo lungo periodo di relax fra la mia casa in provincia di Milano e quella in provincia di Brindisi. A volte improvviso un viaggetto per andare a trovare gli amici sparsi in Italia e in Europa ma non sento mai l’esigenza di organizzare una vera e propria vacanza.
All’inizio della mia vita da emigrata passavo l’intera estate al paese. Ma con il passare degli anni Milano è diventata sempre più “casa” e mi piace viverne il volto estivo, soprattutto quello di Luglio quando pullula di eventi e occasioni, mi piace anche godere della Milano silenziosa di fine agosto. In questo mio vivere l’estate è determinante una mia anomalia: sono una donna del sud che non ama il mare.
Amo tuffarmi solo nella folla in Piazza Duomo dove posso sentirmi inosservata mentre io invece osservo attentamente la variegata tipologia di persone delle quali mi diverto a immaginare i nomi e le storie. Amo stare al fresco dei musei e abbronzarmi di emozioni. Amo il ritmo rallentato della città che mi trasmette un vero senso del riposo. Quando il caldo dell’asfalto pare insopportabile per me lo è comunque più di quello sotto all’ombrellone delle lunghe giornate passate in spiaggia.
Mi manca solo la campagna, con il suo abbraccio forte di uliveti e caldo di terra rossa.
Vado allora a respirare un po' nei parchi di città, con un libro da cui bere parole o un quaderno su cui versarle. In questo oggi che inaugura Luglio, sto su una delle panchine di Parco Sempione a gambe incrociate come una bambina e non mi sento così diversa da quella della foto che ho appena ricevuto da mia padre su whatsapp.
Ho 5 anni, ma pretendo di indossare entrambi i pezzi del bikini poiché sento già un senso del pudore e il gusto frivolo di essere una femmina: sono orgogliosa del mio costumino giallo fatto all’ uncinetto e non mi piacciono le altre bambine che indossano solo uno slip. Non mi piace nemmeno giocare a pallone, a bocce o con i racchettoni. Amo solo dare forma alla sabbia con le formine di plastica e la mia fantasia di ferro per poi sognare di trovarle ancora lì il giorno dopo e magari per sempre, proprio come faro da grande con i miei castelli di sabbia amorosa.
Ho 5 anni e non so ancora nuotare: non lo saprò fare mai in realtà. Un ragazzo dagli occhi di cielo riuscirà solo a insegnarmi a galleggiare, nel mare e nella vita. Intanto, me ne sto sul canotto gonfiabile con mio padre, che già mi sembra un’attività spericolata! Oppure entro in acqua con il mio salvagente al quale ho dato un nome. Io do sempre un nome alle cose perché cosi mi pare di dare loro anche un’anima e farne compagne d’infanzia.
Ho 5 anni, quindi da 6 mesi circa non sono più figlia unica. Ho un fratello adesso, così piccolo che lo chiamano peduncolo. Soffro di questa nuova presenza come del caldo estivo, ma non me ne sono accorta.
Ne prenderò coscienza fra qualche mese quando sentirò dire dalla mia maestra ad un’altra che sto soffrendo da quando è nato un fratellino. Crederò a quelle parole, perché sono una che crede che gli adulti abbiano sempre ragione. Eppure io non mi sento triste. Nemmeno felice certamente. Mi sento semplicemente serena, come se non fosse cambiato nulla. L’unica cosa che mi disturba davvero mi pare l’estate con quel sole così forte che mi fa scoppiare testa, la sabbia che si appiccica addosso e che poi dovrò stare attenta a non portare in macchina e in casa, il sapore di salsedine così simile quello delle lacrime versate prima di partire per la spiaggia.
Ho 5 anni e non capisco perché non possa restare a casa, che è una casa molto piccola e troppo calda ma che per me è il posto dei giochi più belli. La notte ogni volta che mi sveglio vedo la figura di mia madre sul balcone della mia cameretta. Lei le notti d’estate non riesce a dormire a causa del caldo e di chissà quali pensieri. A volte la intravedo asciugarsi gli occhi oltre al sudore, quindi non devono essere pensieri belli.
A me invece piace quando la notte non dormo perché mi viene ancora più facile fantasticare. Ma non so ancora scrivere e non posso fermare le mie storie sulla carta. Voglio imparare a farlo presto. Così nelle calde notti di estate potrò leggere le mie favole alla mamma sul balcone e forse così la farò addormentare.
Posso immaginare tutto, tranne che un giorno si addormenterà come una bambina, senza che io abbia fatto in tempo a raccontarle le mie fiabe. Accarezzo la foto di quella bimba sullo schermo del mio smartphone, come se fosse di carne. Invio a mio padre il ringraziamento per avermela inviata: “Che bella grazie! Pensa che ho comprato un costume dello stesso colore poco fa. Comincia a gonfiare il canotto. Fra qualche giorno arrivo e andiamo al mare”
Iolanda Costantini