“Se potessi tornare indietro che cosa cambieresti della tua vita?” Mi piacerebbe pormi questa domanda con la certezza di potermi rispondere: “no, non cambierei nulla”, che rifarei le stesse scelte, ripeterei gli stessi errori, incontrerei le stesse persone, e invece, immancabilmente, qualcosa la cambierei, qualcosa che crea quel rimpianto verso un passato che ‘meschinamente’ si sottrae alla nostra vita, per ricordarci ‘forse’ quello che non potremmo più fare.
È la fine dell’anno che arriva a farci incorrere in queste riflessioni? Fine dell’anno anticipata da quella stagione dei caldi colori che sollecita la nostalgia. . .
Si sa che avviare il “nastro dei ricordi” diventa più faticoso con il passare degli anni e solo raccontarsi la propria storia riannodandone i fili, ci aiuta a proseguire il cammino. Per questo i libri diventano alleati potenti che ampliano le storie di vita, ricettari a cui attingere per ottenere le risposte che si desiderano. In questo girovagare mentale e un po’ alla “hippie” la prima citazione che mi è venuta incontro è proprio quella di Paulo Coelho: “Chiunque abbia fiducia in se stesso, deve fidarsi del prossimo. Perché sa che quando verrà tradito- e inevitabilmente ciò accadrà, perché così è la vita-saprà proseguire nel suo cammino. Una parte del senso- e del piacere-dell’esistenza è rappresentata dal fatto di correre dei rischi”.
Correre dei rischi non significa che questi non si verifichino davvero e invece spesso ce ne dimentichiamo, cosicché, quando si materializzano ne restiamo sorpresi e quasi paralizzati, è soltanto la consapevolezza che abbiamo di noi stessi ad aiutarci a superare le difficoltà e quella stessa consapevolezza ci aiuta a ricostruire dal passato il cammino per il nostro futuro. Per questo è inutile chiedersi “cosa sarebbe stato se”, in quel momento erano quelle le persone con cui volevamo stare, dalle quali abbiamo tratto insegnamenti che nel bene o nel male hanno costruito la nostra storia che ancora continua. . .
Concordo con Joel Dicker quando,afferma: “Il rimpianto è un concetto che non mi piace. È il rifiuto di accettare ciò che siamo stati”. Vale a dire ciò che abbiamo scelto di essere in quel momento, e condannandosi tout –court è come tradire se stessi, ci si può evolvere ma non rinnegarsi. Anche Cristina Caboni viene incontro ai miei pensieri scrivendo: “Il rimpianto è grigio. Non possiede la forza del nero né la grazia del bianco. Non ha sfumature. Il rimpianto è un’unica infinita tristezza. È sterile. Non possiede nemmeno il pregio di preparare l’anima a qualcosa di più grande.”
Più pacata è forse la nostalgia con quel tocco che sfiora le sensazioni, ciò che permane del passato senza giudicarlo. Un momento vissuto è bello in se stesso non solo alla luce di quello che accadrà dopo. E come afferma Josè Saramago, la nostalgia è “Un luogo mobile che appare e scompare sulle carte della fantasia ma sta ben saldo nel cuore di ognuno di noi”. Un sentimento che caratterizza le persone più forti, che non hanno alcun timore nel guardare il passato ma lo fanno rivivere rendendolo un pezzo della loro storia, quella storia attraverso la quale si costruisce l’identità di ognuno di noi. Così la nostalgia non intralcia il futuro, allontanando da sé il desiderio con uno sterile rimpianto del passato, ci fa indugiare su un ricordo giusto il tempo di farci sorridere o strapparci una lacrima, ma poi svanisce.
La nostalgia, al contrario del rimpianto, ci dona quella sensazione di fragilità, di senso della perdita o dell’incompiuto che è l’essenza della vita ed appartiene quindi a chi ha vissuto, ma ci suggerisce anche che quella stessa vita è pronta a riservarci altro, e l’avventura continua come quando si chiude l’ultima pagina di un libro e si è pronti ad aprirne un’altra.
Pamela Serafino