Che Italia vogliamo? – Massimiliano Lorenzo

Che Italia vogliamo? – Massimiliano Lorenzo

       Resta inascoltata, quasi osteggiata e nascosta una parte del nostro Paese, in tutte le stagioni politiche ed economiche, insomma risulta fastidiosa. È quel pezzo di Italia che giorno per giorno, nei luoghi di lavoro o per le strade, vede i suoi diritti arretrare. Sono coloro che si vedono messi da parte ed ai quali è difficile accedere ai fondi per il sostegno ad una vita dignitosa, come anche a quelli alla salute. È il mondo dei lavoratori, italiani o immigrati che siano, ovvero sono coloro che sorreggono realmente questo Paese. Un Paese governato da attori istituzionali e politici nemmeno lontanamente in grado di immaginare un sistema diverso, alternativo ed incentrato sulla persona, anziché sull’impresa. Ancora, attori, anche osannati, che sanno trovare solo “toppe”, per un vestito, l’Italia appunto, talmente lacero, da aver bisogno di essere reinventato e cucito nuovamente. È questo il grido di rabbia lanciato da questa fetta d’Italia! Quella parte che anche agli Stati Generali convocati dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte resta inascoltata. Quel centro-sinistra che dovrebbe difenderla, invece, pare non avere alcun interesse a farlo, non pare capace di farlo. E l’Usb – Unione Sindacale di Base è stata l’unica organizzazione che ha però provato a prendersi la scena e manifestare quella rabbia. Non solo, questo sindacato ha esposto chiaramente quali azioni dovrebbero essere intraprese, perché l’Italia ritorni a vestire un abito dignitoso e possa governare il suo popolo.  

       L’Italia è un paese fatto da gente che si sacrifica, si rimbocca le maniche e lotta tutti i giorni per portare a casa l’indispensabile per sopravvivere. Ciò, nonostante i suoi governanti risultino essere più pigri e miopi rispetto al popolo che gestiscono. Lo sanno bene i precari e i dipendenti di ogni genere, cosa significhi lavorare con paghe orarie bassissime, “da fame”. E quella sinistra che dovrebbe ascoltarli e agire di conseguenza cosa fa? Zingaretti e i suoi sodali che fanno? E i sindacati confederati Cgil-Cisl-Uil cosa pensano? Sono ovviamente tutti presi dagli interessi di chi li foraggia, non certo dai problemi dei lavoratori!

       Il Presidente del Consiglio Conte, che dichiara di voler reinventare l’Italia, come pensa di farlo? Stando alle notizie sugli Stati Generali di Villa Pamphili, il Governo vuole nuovamente mettere al centro le imprese, vuole spingere ancora una volta sul privato. E lo Stato che fa? Uno Stato così remissivo e schiacciato sulle logiche del sistema capitalista e del mercato, a cosa serve? A chi serve? Ecco allora che, nuovamente, è l’Unione Sindacale di Base a parlare chiaro. Infatti, il sindacato di Aboubakar Soumahoro ha esposto in pochi punti come far ripartire l’Italia, l’economia nazionale e il suo popolo.  Questa nuova, ma tradizionale, sinistra, sostiene fortemente un ritorno ad uno Stato presente in economia, che innanzitutto parta dalla persona e non dalle grandi imprese. L’USB, ancora, immagina una riedizione dell’IRI - Istituto per la Ricostruzione Industriale, con il quale programmare l’economia e pianificare gli interventi. Al centro di ciò, la leva principale deve essere la ricerca, ovvero l’istruzione e la formazione, tanto deturpate negli ultimi 30 anni. Ma non è un caso che il sindacato di base sostenga questo. Perché, anche in questa ultima crisi sanitaria ed economica, si è reso evidente come affidarsi alle sole forze private, in economia e non solo, può significare restare in balia del mercato e dei suoi squilibri. Restare legati a tale logica, ancora, significa non poter intervenire in maniera oculata e tempestiva, per il bene di tutti i cittadini italiani. E questo vale per la sanità, per l’istruzione e l’industria, insomma per gli assetti strategici dello Stato. Svendere continuamente i capisaldi pubblici agli interessi dei privati ha portato alla crisi attuale, ha affossato l’Italia e l’ha resa incapace di autodeterminarsi.

       Partiamo, dunque, dai lavoratori e non dagli interessi economici, perché altrimenti regaliamo al mercato un’altra fetta di Italia e di risorse vive del nostro territorio. Ancora, riformiamo le filiere strategiche e fondamentali del nostro Paese, implementiamo un piano nazionale del lavoro, che nell’immediato assorba coloro che hanno perso e, nel breve periodo, perderanno il lavoro a causa dell’emergenza sanitaria. La sinistra investa le proprie forze per ritornare a parlare con gli ultimi, ritorni ad essere portatrice degli interessi di questi, non delle multinazionali o degli interessi esteri. L’Italia ha bisogno di una seria programmazione in prospettiva, ha bisogno di riequilibrare la ricchezza materiale dei suoi cittadini. Perché, altrimenti, che Italia avremo da qui a pochi mesi?

Massimiliano Lorenzo

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