Finalmente ci siamo: dopo aver tessuto la tela di un immaginario dipinto rinascimentale che ci ha portato ad attraversare il Vecchio Continente partendo da Roma, fino ad arrivare a Copenaghen e Baku, è arrivato il momento di dare il via al ballo delle debuttanti. A partire da noi, i più titolati tra le quattro invitate, ma alzi la mano chi si sarebbe aspettato di vederci lì a lottare per l’accesso alla finale dell’11 luglio!
E invece ci siamo arrivati con pieno merito, dimostrando di saper vincere imponendo agli avversari il nostro gioco, naturale conseguenza di un centrocampo che può vantare interpreti di grande prestigio - Jorginho un nome su tutti – ed esaltando la forza di un gruppo che ricompattandosi, ha saputo fare fronte alla mancanza di un vero numero 9, facendo leva sulla ritrovata fantasia degli esterni.
L’esaltante vittoria di venerdì contro il Belgio ha cambiato le carte in tavola, ora nascondersi non serve a niente, ma sappiamo come il ruolo di under dog storicamente ci esalti sorprendentemente. Il ct Roberto Mancini ha ricostruito una Nazionale partendo dalle ceneri della mancata qualificazioni ai Mondiali in Russia, forgiandola col bel gioco e la classica forza difensiva, marchio di fabbrica della scuola calcistica italiana. A lui va dato il merito del cammino azzurro ad Euro2020 perché il primo a credere nella sua squadra nonostante gli avversari non fossero di grande caratura tecnica.
L’ultimo ostacolo tra gli Azzurri e la finale è rappresentato dalle furie rosse della Spagna. Ovvero un gruppo in pieno cambio generazionale, col solo Busquets ultimo baluardo della generazione capace di portare alla nazionale iberica due titoli europei ed un mondiale in 4 anni. L’ultimo titolo lo hanno vinto proprio contro l’Italia di Prandelli nella finale di Kiev ad Euro 2012. L’attuale ct spagnolo Luis Enrique, vecchia conoscenza del nostro campionato, lo ricordiamo tutti alla guida della Roma in quella sciagurata stagione 2011/2012, ha ancora il dente avvelenato nei nostri confronti nonostante si sia tolto la soddisfazione di vincere tutto alla guida del Barcellona qualche anno dopo l’esperienza capitolina. La Roja arriva alla semifinale alla fine di un percorso ad ostacoli, superando per due occasioni i tempi supplementari e battendo la sorprendente Svizzera solo al termine dei calci di rigore. La mancanza di un bomber ci accomuna e spesso gli spagnoli hanno faticato a trovare la via del goal nonostante abbiano una media di 2,2 goal a partita, la più alta del torneo. Su questa statistica pesano le 5 reti realizzate ai danni della Slovacchia e le altrettante messe a segno contro la Croazia. Ma il vero punto debole sembra essere il comparto difensivo (1 goal a partita) frutto della mancanza di fiducia nel portiere De Gea e nel suo sostituto Unai Simon.
Sull’altro lato del tabellone, Inghilterra – Danimarca sarà la seconda semifinale. Per la Nazionale di Eriksen una sola vittoria nel girone è stata sufficiente per passare alla fase successiva da seconda in classifica dietro al Belgio. Da lì in poi solo vittorie per gli uomini capitanati dal milanista Simon Kjaer. Un percorso netto che ha dimostrato come i danesi siano una nazionale rocciosa, abile in difesa e quindi difficile da affrontare per chi come gli inglesi, ha bisogno di larghi spazi per esprimersi al meglio. Per loro sono tante le similitudini con la squadra che ad Euro 1992 arrivò a sollevare il titolo: dalla tragedia che ha scosso tutti fino al ruolo di cenerentola.
Di contro i sudditi della Regina vogliono terminare quel digiuno di trofei internazionale che dura addirittura dal 1966 quando nel vecchio Wembley furono gli inglesi a trionfare nel Mondiale disputato in casa, con Elisabetta II a consegnare la Coppa Rimet al capitano Bobby Charlton. Dopo la vittoria per 5-0 contro l’Ucraina, gli inglesi sembrano aver superato la stitichezza sottoporta che aveva contraddistinto il loro europeo con l’uragano Kane che è tornato a travolgere ogni difensore si ponga tra lui e la rete. Come da tradizione i baronetti possono contare su una linea verde particolarmente sbottonata e sbarazzina, anche se fino ad ora le stelle di Foden e Rashford non hanno particolarmente brillato.
Il grande ballo di fine anno è solo all’inizio e molte pretendenti hanno già salutato.
Chi sarà la reginetta?